Ita Eng Spa Fra Ger

Introduzione ai Misteri


Pino Ruta
(Da appunti di Pino Ruta)

(Da appunti di Pino Ruta)

               
(Per la traduzione del testo italiano cliccate sulle icone rappresentanti le varie lingue)
  ♦ Mysterium Magnum (Libro) 
 ♦ Notizie correlate ai Misteri di Campobasso


Introduzione ai Misteri di Campobasso  
(Dal libro Mysterium Magnum)
(Clicca sulle parole in caratteri blu)

La celebrazione, nel giorno del Corpus Domini, di questa antica tradizione cittadina che vede convergere nella sfilata dei “Misteri” fede e folklore, si colloca in una dimensione indefinita non del tutto relegabile nella sfera del Sacro e neppure riconducibile nel perimetro delle tradizioni più profane.

La contestuale rappresentazione di diavoli e santi, proprio il giorno di celebrazione dell’Eucarestia, in un contesto volto a confondere umano e divino, rende misterico il significato di questa manifestazione che, nella sua inafferrabile matrice, suscitando un misto di stupore e curiosità, riesce a colpire l’immaginazione di tutti, religiosi e laici, in una perfetta sintesi del diverso e/o degli opposti, collocandosi in una nota profonda, posta al di sotto delle convenzioni più apparenti.

Un “Mistero” legato, quindi, non solo alle strutture anticamente progettate dal Di Zinno, ingegni costruiti dal “fabbro-scultore”, forse addirittura “alchimista”, facendo ricorso ad una lega metallica o ad una lavorazione non del tutto conosciute, capaci di sfidare, nel tempo, nonostante l’apparente esilità, i pesi e le continue sollecitazioni, flettendosi ed oscillando all’infinito senza deformarsi ma anche al contesto socio-culturale e territoriale nel quale si è plasmata la personalità dello scultore.

Non è una coincidenza solo temporale quella che vede lavorare, più o meno nello stesso periodo e nell’ambito degli stessi circuiti partenopei, il Di Zinno e le maestranze artistiche ed artigianali impegnate nella costruzione della Cappella del Principe di San Severo (e nelle sculture del Cristo Velato, del Disinganno, della Pudicizia), sotto la guida dello stesso Raimondo di Sangro, noto alchimista e, non a caso, sperimentatore di “leghe” e “macchine anatomiche” (oggi ancora presenti nei sotterranei della “Cappella”).

Così come non appare irrilevante, nella scelte delle figure misteriche rappresentate dal Di Zinno (scelte confluite su figure oggettivamente popolari, ovvero su messaggi religiosi aconfessionali e su valori socio economici1 anche illuministi e/o rivoluzionari), la “contemporaneità” del Di Zinno con un’altra figura di spicco del panorama culturale molisano e partenopeo: Francesco Longano. Nato a Ripalimosani (CB) nel 1729, anch’egli di umili origini, anch’egli approdato a Napoli per completare la sua formazione di teologo e filosofo e di seguito confluito nei circuiti universitari della Federico II, ovvero
1) Tra Sei e Settecento si svilupparono così molte confraternite “professionali” che univano gli interessi devozionali del gruppo, a quelli economici e di mutua assistenza tra colleghi e loro familiari (come la Compagnia degli Orefici, dei Tintori, dei Macellai, dei Ferrai e così via, peraltro riportate nella denominazione di numerose strade del borgo antico a ridosso, della parte medioevale e nella espansione più prossima che si estende verso il borgo murattiano: oggi via Ferrari e via Orefici). 7 nella cattedra del Commercio, di fianco al Genovesi ed all’interno di circoli culturali e latomistici permeati di Illuminismo. Vi è qualcosa in più nell’attività di un “antico fabbro” approdato3 , nel settecento, nelle “officine” del Regno di Napoli, nella scuola del Franzese, per apprendere l’arte della “scultura”, influenzato fortemente dallo spirito che permeava i circoli culturali del 700 napoletano, contaminato da sempre dalle tradizioni presepiali e dai culti misterici, egizi ed ellenici, approdati sin dall’antichità nella città partenopea e provenienti dalla culla della civiltà mediterranea.

Tradizioni misteriche e scultoree che hanno lasciato traccia non solo nella costruzione simbolica della Cappella del Principe di San Severo, Raimondo di Sangro, databile nello stesso periodo, ma anche nella massiccia diffusione dell’arte del Presepe Napoletano, espressione di quello stile barocco caratterizzato da una cristianità meno ancorata ad una visione strettamente confessionale e più permeata, invece, da tradizioni popolari, pagane ed orientali: una per tutte, la complessa figura dei “Magi”, o forse “Maghi”, secondo la più antica tradizione sacerdotale e/o astrologica, di provenienza persiana o, più esattamente, caldea.

Gli anni di formazione del Di Zinno4, in cui matureranno quelle tecniche costruttive e scultoree che condurranno lo scultore-fabbro a costruire le complesse strutture su commissione delle confraternite campobassane (sia crociate - di appartenenza del Di Zinno - che trinitarie), sono gli stessi anni in cui il Principe Alchimista (Raimondo di Sangro) costruisce, nel suo laboratorio, le complesse macchine anatomiche (scheletri con fitti sistemi nervosi, arterie, vene, vasi sanguigni, visceri marmorizzati…) oggi an

2) Antonio Genovesi (Castiglione del Genovesi, 1º novembre 1713 - Napoli, 22 settembre 1769) è statouno scrittore, filosofo, economista e sacerdote italiano. Studiò filosofia e teologia, ordinato diacono e sacerdote, ispirato agli essenziali valori religiosi della filosofia cristiana, dopo avere fondato una scuola privata di metafisica e teologia, approdò all’Università di Napoli, dapprima alla cattedra di metafisica (abbracciando posizioni teologiche - Elementa Metaphysicae - da taluni considerate eretiche, per passare poi, nel 1745, alla cattedra che era stata tenuta in passato da Vico ed all’economia, quando si compì la trasformazione “da metafisico a mercante”, come egli stesso ebbe a scrivere nella sua autobiografia, divenendo titolare della cattedra di “commercio e meccanica”.

3) Paolo Saverio Di Zinno aveva goduto di una formazione tutta napoletana, nella bottega di Gennaro Franzese, tra il 1737 e il 1742. Tornato nella città natale attrezzò una bottega in grado di eseguire, a imitazione di quella degli statutari lignei del primo Settecento a Napoli, scultura a getto continuo, soddisfacendo una richiesta che proveniva dalla Regione, capace di esportare le sue opere statuarie.  In Capitanata, Abruzzo e nella Campania si rinvengono molteplici sculture dell’Assunta, del’Immacolata, dei Santi Martiri, Santi Patroni, propagandosi in queste zone una raffinata e virtuosistica cultura rococò, anche intrisa di una vena narrativa di efficacia verista che la committenza “popolare” delle zone di provincia era attrezzata ad apprezzare in modo particolare.

4) Negli anni del soggiorno napoletano Paolo Saverio Di Zinno si dedicò all’osservazione delle sculture del barocco napoletano e degli argenti del tesoro di San Gennaro, delle sculture della Certosa di San Martino, in cui si erano cimentati i più grandi artisti della prima metà del Settecento. Gli studi preparatori per il monumento equestre di Carlo III, mai realizzato, e i progetti per i carri allegorici possono essere considerati dei promemoria dell’esperienza napoletana, in seguito utilizzati con particolare efficacia nel travaglio progettuale legato alla realizzazione delle macchine dei Misteri. 8 "mysterium magnum" Campobasso città dei “Misteri” Tra sacro e profano. cora visibili nei sotterranei della cappella, costruita in Napoli in adiacenza a Piazzetta Nilo, ricorrendo a sofisticate tecniche non ancora del tutto note. Anni in cui, negli stessi circuiti partenopei, si sviluppavano approfonditi studi sulla “Palingenesi” quale vera e propria rigenerazione della forma umana dalle sue stesse ceneri; in cui ci si concentra sempre di più, sulla scia della pubblicistica del XVII secolo, su immagini simboliche ed allegoriche, permeate da Magia, Kabbalah ed Alchimia, ovvero da rappresentazioni fantastiche e/o utopiche, in breve misteriche, in forme non intellegibili a tutti, ma capaci di esprimere messaggi di rinnovamento morale, sociale e culturale. Sono anni in cui il riferimento alla Prisca Theologia, ovvero alla sapienza misterica ed iniziatica del mondo antico, si saldava, dopo una pausa di oltre mille anni, alla moderna polemica contro l’assolutismo ed il dogmatismo del potere e, in particolare, contro il potere, la cultura e la stessa religione (di Stato) rappresentati dalla Monarchia Spagnola e dalla Chiesa Cattolica.  Vengono pertanto recuperate, anche sul piano artistico, attraverso l’arte scultorea del barocco e l’utilizzo di materiale più modellabile - quali il legno e la creta - maggiormente capace di esprimere emozioni e di rendere più umane anche le figure divine, rappresentazioni tese ad avvicinare il più possibile ed anche sul piano simbolico delle immagini, le figure dei santi e quelle degli uomini. Una tradizione religiosa che, declinata sul piano artistico, non soltanto ispira da sempre la tradizione del presepe natalizio napoletano, ma che finisce con l’influenzare la stessa impostazione dei misteri del Di Zinno che, seppure commissionati da confraternite religiose, si collocano tuttavia in una visione o ricostruzione del rapporto tra Dio e l’uomo non trascendente ma immanente, in cui non soltanto si abbandonano i più tradizionali canoni del proselitismo cattolico (canoni per cui erano le statue consacrate a poter rappresentare Dio ed i santi anche allorquando le stesse venivano portate all’esterno delle chiese in processione), ma che perviene ad un vero e proprio ribaltamento del più tradizionale rapporto confessionale, tra l’uomo e la fede, santificando gli uomini più comuni, ovvero vestendoli da santi, collocandoli su carri portati in spalla, staccandoli da terra e proiettandoli verso il cielo (come nelle più tradizionali processioni in cui, però, vengono portate in spalla le statue consacrate dei santi). Le opere del Di Zinno, portate a spalla in processione, vengono infatti osservate dal basso verso l’alto, non in posizione frontale ma secondo una visione cd. “ascensionale” che permette di far risaltare il chiaroscuro del modellato in movimento, dando all’incarnato una luce diafana, in trasparenza, tipica delle creature attraversate dallo splendore celeste (“mysterium magnum” di Jacob Bohme, 1675-1724: Così il Celeste divenne un Mistero per l’uomo ed egli rimase fluttuante tra il tempo e l’Eternità, come 9 morto a metà per il cielo”): ecco il perchè di una manifestazione non a caso “Misterica” che vede gli uomini, staccarsi da terra, travestiti da santi (incarnazione delle virtù), fluttuare a metà del cielo, tra diavoli e serpenti, alla ricerca di una “reintegrazione” perduta.  È questo il contesto5 in cui si prepara e si sviluppa il lavoro apparentemente “folcloristico” o “artistico”6 , in realtà “teurgico”, che condurrà il Di Zinno alla costruzione dei Misteri, realizzando strutture-sculture non soltanto complesse sotto il profilo tecnico, meccanico e funzionale (dalla lega di cui sono composte, alla distribuzione di pesi e strutture in grado di reggere e muovere le figure umane), ma uniche sul piano simbolico, artistico, spirituale e sociale.  Un processo di cd. “divinazione” che - invertendo il più tradizionale rapporto uomo-Dio e passando da una visione “trascendente” (tipicamente confessionale e/o cattolica) ad una visione “immanente” (di matrice egizia, ispirata al culto di Iside ed Osiride7 secondo la quale è l’uomo stesso depositario della scintilla divina) - porta in processione non già sculture consacrate di santi e figure bibliche (fuoriuscite dalle chiese), ma addirittura “sculture umane”, ovvero sculture vive, in movimento, in cui sono gli stessi uomini, delle più disparate estrazioni sociali ed anagrafiche, spesso popolari, a travestirsi da santi e ad ergersi, staccandosi da terra, al pari de santi, verso il cielo in una nuova e più umanizzata forma di divinazione. Criteri questi che, declinati nell’arte religiosa, venivano a porsi come una vera e propria rottura rispetto ad una visione sino ad allora ispirata ad un rapporto “trascendente” tra l’uomo e Dio, ovvero ad un rapporto in forza del quale le figure religiose e

5) Negli anni di formazione del Di Zinno (collocati a cavallo tra il 1737 ed il 1742), l’arte della scultura è contraddistinta tra un continuo scambio tra il centro e le periferie del regno: sono gli stessi anni  in cui nella bottega del Franzese e nelle “officine” scultoree napoletane  si formano numerosi artisti di spicco del barocco e del rococò napoletano, quali il Sammartino (autore del Cristo Velato). Si tratta di veri e propri laboratori in cui operano da tempo maestri del calibro Domenico Vaccaro, artisti oramai impegnati nell’esecuzione di opere religiose di cui si rinvengono non poche tracce tra la Campania, il Molise (Roccamandolfi ed Agnone) e le Puglie (Lucera, San Severo, Bitonto) a conferma dei rapporti molto probabilmente intercorsi Di Zinno e le maestranze partenopee, quasi sempre impegnate nelle stesse aree geografiche e nello stesso periodo con committenze ecclesiastiche e con confraternite religiose.

6) A quali fonti il Di Zinno ha attinto? Vissuto al tempo di Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro, Nicola Tagliacozzi Canale, artisti dell’effimero napoletano, è questa l’eredità già evidenziata da molti studiosi. Paolo Saverio Di Zinno ricava dai modelli osservati le modalità di composizione, vale a dire il percorso dalla modalità statica a quella dinamica, tipicamente barocca. I bozzetti preparatori esprimono un’accurata attenzione agli slanci delle rappresentazioni in seguito realizzate nella plasticità della scultura. 7 In questo contesto, le più antiche tradizioni misteriche (eleusine o egizie) sopravvissute nel mediterraneo ed anche nella stessa Napoli (di cui se ne rinviene traccia nella stessa Piazzetta “Nilo”, posta in adiacenza al Palazzo di Raimondo di Sangro ed alla stessa cappella del principe di San severo) trovano la loro massima espressione in un approccio teurgico in cui non vi è un Dio trascendente al di fuori ed al di sopra degli uomini (come ha da sempre insegnato la chiesa confessionale) ma vi è un Dio immanente in cui una piccola parte della divinità è nell’uomo, come insegna la tradizione egizia ed il mistero di Iside ed Osiride, in cui il Dio viene fatto a pezzi e ciascun pezzo finisce con il diventare parte integrante di un uomo.  12 "mysterium magnum" Campobasso città dei “Misteri” Tra sacro e profano. quelle dei santi venivano spesso private, anche nella loro rappresentazione plastica e, dunque, scultorea, di una loro vicinanza alle più comuni passioni umane.  Al contrario, così come nelle rappresentazioni del presepe napoletano sopravvivevano da tempo figure legate ad un mondo religioso ancorato a persone comuni (pastori, fabbri, allevatori, lavandaie, ed anche musici sino ad arrivare ai cherubini, figure cerniera tra gli uomini e Dio); allo stesso modo, nell’arte barocca del settecento napoletano, questa antica tradizione riemerge e si salda con le più nobili rappresentazioni artistiche e scultoree del 700 per farsi portatrice di un messaggio, non soltanto sociale, ma anche spirituale, più comune ed in attrito con i più tradizionali dogmi di una cultura e di una fede di stampo monarchico o ecclesiastico. Un percorso che, proprio il giorno della celebrazione eucaristica (anch’essa pratica teurgica ma inversa) e della festività del Corpus Domini, muovendo da un piano artistico legato più al folklore popolare che all’arte della scultura, viene a trasferire, sul piano simbolico e religioso, dunque spirituale, una differente visione del concetto di fede recuperando quelle antiche tradizioni misteriche (persiane, egizie ed elleniche), di cui proprio la tradizione partenopea (di derivazione egizia e mediterranea) aveva preservato traccia sin dall’antichità. Dunque, una manifestazione strettamente “teurgica” tesa a rappresentare, in chiave plastica, un’antica pratica cd. “trasmutatoria” volta a permettere l’innalzamento (non soltanto fisico) della materia ad un’esistenza superiore e, attraverso essa, un contatto con il creatore. Tale pratica affonda le sue radici nei “misteri” eleusini e nel mondo classico (greco, egizio e babilonese), e si distingue in due branche: la “telestica” ovvero l’arte di infondere la divinità in una statua (la cd. più comune “consacrazione”) e la “mantica”, quella effettuata attraverso la pratica di un medium (cd.”trance”), come la Pizia dell’Oracolo di Apollo a Delfi che nelle più recenti scienze psicologiche attuali viene definito “stato di coscienza alterato” e che procede attraverso una divinazione dell’umano (oggi patrimonio delle scienze teosofiche e noetiche). Quanto alla prima, la stessa Eucarestia della Chiesa Cattolica (la cui ricorrenza coincide, appunto, con la festività del Corpus Domini) ne è una rappresentazione: attraverso questo sacramento la divinità, Gesù Cristo, che per transustanziazione è presente nell’offerta (l’ostia), viene trasferita dal sacerdote al fedele attraverso l’utilizzo di materie prescritte (il pane ed il vino): «dogma saturo Christianis quod in carne transit panis et a vinum in sanguinem” (S.Tommaso d’Aquino, Inno Lauda Sion Salvatorem). Al contrario, con riguardo alla seconda tipologia, è la stessa sfilata dei Misteri a dare la rappresentazione plastica di una pratica teurgica contrapposta al sacramento del miracolo Eucaristico di Cristo (così come somministrato dal sacerdote al fedele): il 13 ricongiungimento con il divino non avviene attraverso la somministrazione dall’esterno di un sacramento mediante il ministro del culto, ma attraverso l’innalzamento dell’uomo verso il divino in un rapporto diretto tra l’uomo o la sua coscienza (sulla quale ci si soffermerà a breve e nel corso dell’approfondimento dei singoli Misteri) e la divinità.  Due distinte pratiche teurgiche ben rappresentate dallo stesso Giordano Bruno (Nola-Na: 1548 - 1600), nel “de Magia Mathematica”, secondo un percorso di “Discesa” (da Dio all’uomo) o, al contrario, di “ascesa” (dall’uomo a Dio): “Dio trasmette il proprio influsso agli angeli, gli angeli ai corpi celesti, i corpi celesti agli elementi, gli elementi ai corpi misti, i corpi misti ai sensi, i sensi all’animo, l’animo all’essere animati”; di contro: “L’essere animato ascende attraverso l’animo ai sensi, attraverso i sensi ai corpi misti, attraverso i corpi misti agli elementi, attraverso gli elementi ai cieli, attraverso i cieli ai demoni o agli angeli attraverso questi a Dio o alle operazioni divine”. Ed ancora, sempre Giordano Bruno nel “de Magia Naturali”: “…così a partire da Dio avviene la discesa attraverso il mondo all’essere vivente, mentre all’essere vivente è dato di ascendere attraverso il mondo a Dio”. Nei Misteri degli Egiziani Giamblico si diffonde sulle radici di questi  basandosi su una precisa concezione cosmologica molto simile ad altre concezioni più antiche: quella secondo la quale “tutte le cose sono ricolme di dei...ed ogni serie si moltiplica e procede fino a termini estremi: infatti ciò che pre-esiste all’Uno, prima di tutte le cose, si è manifestato in ogni cosa, quindi anche nelle classi di anime subordinate a questo o a quel Dio” (Proclo) e con la teurgia si utilizzano pratiche volte a ripristinare questo contatto tra essenze connesse o immanenti: in breve la prassi teurgica, pertanto, segue il percorso inverso a quello dell’anima che discende nella materia in quanto da questa si innalza verso quella. Nello stesso senso appare tutt’altro che casuale la scelta da parte del Di Zinno di collegare taluni Misteri (in particolare il Mistero di Sant’Isidoro e quello di San Nicola), ai due Solstizi (rispettivamente, al Solstizio d’Estate - Mistero di Sant’Isidoro - ed al Solstizio d’Inverno - Mistero di San Nicola): “La discesa e l’ascesa sono scandite dalle virtù attraverso l’uscita e l’entrata dalle due porte del Cancro e del Capricorno delle quali la prima è detta porta degli dei, la seconda degli uomini”: (G.Bruno: De Magia Matematica”, Opere Magiche, Adelphi, Milano 2012). Né appare casuale la circostanza che la sfilata dei Misteri - che è la rappresentazione plastica o artistica di una pratica teurgica di quest’ultimo tipo - venga celebrata lo stesso giorno in cui si celebra il Corpus Domini - festività dedicata invece alla celebrazione del sacramento Eucaristico; al tempo stesso nella sfilata dei “misteri” (così come nel presepe napoletano) viene a configurarsi una vera e propria rappresentazione plastica, artistica e vivente delle più antiche pratiche teurgiche ovvero delle più antiche tradizio14 "mysterium magnum" Campobasso città dei “Misteri” Tra sacro e profano. ni che contraddistinguevano gli antichi misteri eleusini, egizi e babilonesi (quelle stesse di cui erano depositari i cd. Maghi o Magi, sempre presenti in quella cultura non solo cristiana, ma ancor più antica, ovvero, pagana, paleocristiana). Mentre, infatti, nei Misteri del Corpus Domini è l’uomo che si erge (in alto) a Santo e che, nelle proprie rappresentazioni immanenti del bene e del male, in cui coesistono e si toccano (anche fisicamente) diavoli e santi (come nel carro di San Michele Arcangelo), in una continua lotta tra le tentazioni del piacere (la Donzella) e la forza delle virtù, cerca la salvezza; nel Corpus Domini del sacramento Eucaristico, invece, è il sacerdote che somministrando l’ostia al fedele, in una spiritualità (trascendente) rivelata e trasmessa dalla Chiesa e dal Ministero di culto all’uomo e non ricercata da questo (facendo leva sulle proprie umane forza e sulle virtù), lo salva. Si tratta di una pratica, quella dei Misteri, condannata da Sant’Agostino che, riferendosi esplicitamente al Porfirio della Lettera ad Anebo, cerca di demistificare le pratiche teurgiche contrapponendo loro, invece, i miracoli di Dio. Una sintesi perfetta delle nostre più antiche tradizioni non soltanto cristiane ma precristiane e mediterranee: tradizioni misteriche, di matrice caldaica, mitraica ed ebraica, che il Di Zinno trasferisce sui carri, nella figura di Abramo; nella rappresentazione dell’Uovo Cosmico presente al centro del carro dell’Immacolata Concezione; nella raffigurazione della lotta di San Michele Arcangelo contro i diavoli; nella Tau o Croce Egizia ed in una serie indefinita di simboli che caratterizzano l’intera sfilata. Ebbene, la chiave interpretativa sia sul piano religioso (o più esattamente spirituale) sia artistico, in breve sul piano simbolico, dell’opera del Di Zinno è tutta lì e trasuda non solo della più diffusa e comune  cultura dei presepi napoletani - con le lavorazioni e le miniature che vanno dal legno alla terracotta - ma anche del passaggio, sul piano artistico, dallo stile rinascimentale (distaccato dalle passioni) a quello più umanizzato del barocco volto ad accentuare ed evidenziare, anche con il ricorso all’uso di materie più malleabili e plastiche  rispetto al marmo, quelle componenti umane volte a raffigurare, anche nelle rappresentazioni scultoree, le passioni, le emozioni, ovvero l’umanità dei soggetti. Una processione priva di statue di santi consacrate che vede, invece, come protagonisti, le persone stesse nelle loro propensioni materiali e spirituali volte al bene o al male e che traccia le diverse manifestazioni attraverso le quali l’umanità cerca di elevarsi, coltivando le virtù e sconfiggendo il male (o il vizio), non già nel perimetro delle più rigide tradizioni confessionali, ma nel quotidiano, ovvero attraverso l’esercizio delle più comuni virtù operative. Una visione spirituale ma tutt’altro che confessionale, quasi profana, volta appunto a ribaltare il più tradizionale e comune rapporto dell’uomo  con la fede (ed anche con 17 la chiesa), nel superamento di una visione manichea da sempre tesa a separare il bene dal male che si ritrovano invece a diretto contatto con  la contestuale rappresentazione dei diavoli e della donzella, in una continua lotta dell’uomo e nell’uomo (principio e fine di tutte le cose), ovvero in una continua lotta tra il bene ed il male, attraverso la pratica di quelle virtù operative che ci consentono di superare, in ogni momento, le tentazioni rappresentate dal piacere e dalla voluttà.  Dunque, una rappresentazione “teurgica” legata comunque alla fede ed alla religione cristiana, ma completamente aconfessionale, ribaltata rispetto ai più comuni canoni, ai limiti con il profano, dove non vediamo una presenza portante dei ministri di culto, ma solo gli uomini nel loro rapporto con la loro spiritualità e con le loro più profonde componenti emotive ed operative, in una continua lotta che non è guidata da un pastore, ma gestita e risolta solo dagli uomini e, in modo ancora più evidente, dalla Donzella con se stessa e con il rapporto con il cielo, che si erge e si staglia dietro i carri portati in spalla. Una manifestazione, si diceva, certamente influenzata dal contemporaneo Longano ed innervata, anche e soprattutto, di una significativa dimensione sociale e civile, ancorata sia ad un’idea religiosa (dalla quale era impossibile poter prescindere nel 1700 ed in Molise), ma anche e soprattutto ad un’idea di un “purgatorio” in terra (idea che ispira lo scritto “il purgatorio ragionato”), in forza della quale occorre “…avviare, su questa terra, la realizzazione di una maggiore giustizia sociale, senza rinviare all’aldilà la speranza di vedere finalmente corrette le disuguaglianze e le ingiustizie terrene…” e per realizzare questo obiettivo occorre modificare radicalmente lo stesso messaggio religioso incastrato nelle pratiche di potere oscurantiste veicolate dal clero ai ceti popolari, rifondando una religione naturale capace di rinnovare il miracolo del cristianesimo dalle origini, attraverso l’“evangelo della ragione”, ovvero secondo una funzione “civile”: una religione come “bisogno umano”, ma da rapportare a implicazioni civili e sociali. In questa chiave interpretativa il Di Zinno ha declinato e rappresentato, sul piano artistico, quanto approfondito dal contemporaneo e conterraneo F. Longano sul piano teologico, filosofico, storico ed economico, rappresentando come protagonisti dei Misteri persone umili, con abili logori spesso usurati dalla fatica o sintomatici di povertà, ovvero mezzadri (Mistero di Sant’Isidoro), calzolai (Mistero di Sant’Ignazio), addirittura poveri (come nel Mistero di San Gennaro) collocando “la fatica”, quella da “niuno finora posta nel ruolo delle virtù” e che “…è invece il fondamento di tutte le altre…” al centro delle virtù umane: “…chi più della fatica conserva il corpo, alimenta lo spirito, migliora lo Stato…la fatica ti unisce coi tuoi simili, ti fa disprezzare i vizi, ti fa libero, ti fa onesto, ti 20 "mysterium magnum" Campobasso città dei “Misteri” Tra sacro e profano. rende sociale…la fatica utile…”; rappresentando che “l’uomo non può offrire vittima (ovvero sacrificio) più accetta (ovvero gradita) a Dio, né più propizia ai suoi defunti maggiori, agli amici, ai conoscenti, quanto quella dei suoi quotidiani sudori”; illustrando, sotto l’influsso del pensiero illuminista francese, codici spirituali, morali e civili funzionali al miglioramento dell’uomo ed alla crescita della società ovvero sottraendoli “al commercio di preti messaiuoli o di frati scorretti ed ignoranti, ai quali per vivere nel seno del piacere e della poltroneria era necessario spandere il nero velo della superstizione e fare che i popoli vivessero perpetuamente coinvolti in una profonda cecità” (Longano: Il Purgatorio Ragionato). Una manifestazione che, commissionata nel settecento da confraternite8, muovendo dalla rappresentazione di “Santi”, spesso protettori di “Arti Minori” (Sant’Ignazio, Sant’Isidoro, San Leonardo ), attraverso figure bibliche (quali ad esempio la figura di Abramo) collocate oltre le barriere di una singola confessione religiosa, procede attraverso una visione cosmologica (equinoziale e/o sostiziale) e/o misterica (partenopea e/o egizia), che dall’antichità al novecento permea ogni angolo della città, dentro e fuori gli edifici di culto (come illustrato nell’ultima parte di questo lavoro). Da ciò il ribaltamento o la minimizzazione, attraverso una quasi impercettibile dissacrazione, a metà strada tra fede e folklore, di quel sistema religioso, tradizionale e confessionale, più diffuso e radicato nella cultura del tempo, strutturalmente conservatore e, dunque, spesso complice di una condizione di disagio e pregiudizio; contestualmente alla veicolazione, attraverso la rappresentazione della sfilata dei Misteri (ed i diversi livelli simbolici di accesso agli stessi), di un nuovo messaggio non solo religioso o spirituale, ma anche politico e sociale, capace di colpire ed attecchire, anche inconsciamente, sulle note più profonde dello spettatore, a prescindere dalla sua appartenenza e dal suo retroterra socio culturale. Messaggio, questo, che trova puntuale conferma e riscontro nei singoli Misteri i quali, così come ricostruiti in chiave simbolica, sono riusciti a preservare, ancora oggi, inequivocabili tratti della loro matrice, sia magica o misterica, sia spirituale, sia operativa o sociale, e ciò nonostante le inevitabili manomissioni dovute al tempo o alle necessarie attività manutentive poste in essere nel corso dei tre secoli che ci separano dalla loro ideazione e creazione.

8) Come di seguito precisato, la committenza dei Misteri ha il suo punto di partenza nelle molte confraternite “professionali” che, ispirandosi alle antiche Arti Minori e Maggiori, tra il seicento ed il settecento, tendevano ad una saldatura tra gli interessi devozionali del gruppo e quelli economici e di mutua assistenza. Molti dei Misteri commissionati dalle confraternite campobassane e costruiti dal Di Zinno si ispirano proprio ad alcune Arti Minori (Arti dei Beccai, Fornai e Oliandoli. Fabbri, Chivaioli, Maestri di Pietra e Legname, Corazzai, Spadai, Calzolai, Rigattieri, Vinattieri e Albergatori) distinte dalle cd. Arti Maggiori (giudici e notai, medici e speziali).