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Ver Sacrum: la Primavera Sacra dei Sanniti



Ver Sacrum:la primavera sacra

 ♦ Il Ver Sacrum: la Primavera Sacra. L'antico rito sacrificale migratorio italico   (Video)
 ♦ Ver Sacrum: la Primavera Sacra dei Sanniti    (Video)
L'istituto migratorio del ver sacrum o primavera sacra veniva eseguito in relazione a un evento particolarmente fausto (la vittoria di una lunga guerra contro gli Umbri) e di un evento infausto (una carestia), i Sabini decisero di consacrare al dio della guerra (Ares per i Greci, Marte per i Latini, e Mamerte per le popolazioni Osco-Umbre) un'intera classe di giovani. Questi, una volta raggiunta la maggiore età, venivano allontanati dalla comunità.
Secondo il mito che gravita intorno all'istituzione del ver sacrum, i giovani allontanati erano condotti nella loro migrazione da un animale totemico. In un'altra migrazione dei Sabini, quella che avrebbe portato alla nascita dei Piceni, l'animale totemico era stato il picchio. In questo caso, invece, a condurre i giovani migranti era un toro, che secondo Strabone li portò fino alla terra degli Opici. Qui, i giovani avrebbero conquistato i villaggi degli Opici e posto le basi per una nuova comunità, dandosi il nome di Sabelli, che secondo Strabone è un diminutivo di Sabini, utilizzato per ricordare l'origine di questo nuovo popolo.
Il “Ver Sacrum,” o “primavera sannita” è una delle tradizioni più antiche e significative anche del popolo sannita. Questo rito, che rappresenta simbolicamente la rinascita e la fondazione della città di Bovianum (l'attuale Bojano), rivela l'importanza che i Sanniti attribuivano ai legami spirituali con la loro terra e le loro divinità, nonché il valore sacro della giovinezza e della rigenerazione comunitaria.
Il racconto mitico del Ver Sacrum, mostra come i Sanniti attribuissero la fondazione della loro capitale a un evento voluto dagli dèi, in particolare Marte, e guidato da un animale totemico, il bue. Questo aspetto totemico non è solo una curiosità storica, ma rappresenta un simbolo profondo di guida e protezione divina, che è alla base della legittimazione stessa della loro identità culturale e politica.
La rievocazione moderna del Ver Sacrum, organizzata ogni anno a Bojano, evidenzia la volontà di mantenere vivo il legame con le proprie radici storiche e culturali, celebrando non solo l'evento storico, ma anche la continuità di una tradizione che, sebbene risalente a migliaia di anni fa, continua a essere parte integrante dell'identità locale. La sfilata del corteo storico e la rappresentazione dei quadri scenici sono momenti in cui la comunità si riappropria della propria storia, offrendo al pubblico una visione immersiva degli usi e costumi dei Sanniti Pentri, e contribuendo a trasmettere questi valori alle generazioni future.
Si tratta di un evento profondamente significativo per la storia dei Sanniti, che mette anche in luce il profondo legame tra mito, storia e identità culturale, un legame che trova espressione nella rievocazione annuale del Ver Sacrum, mantenendo vivo il ricordo di una civiltà che ha segnato profondamente il territorio del Molise.
La rievocazione storica del “Ver Sacrum”
Per ricordare tale avvenimento, ogni anno si svolge la rappresentazione del Ver Sacrum a Boiano. La manifestazione, nata nel 1999, si svolge ad agosto, solitamente il 13, per le strade della città. La manifestazione vede la sfilata del corteo storico e la rievocazione della migrazione di 7000 giovani dalla Sabina al Sannio nel corso della “primavera sacra“. Al termine in piazza, su un palco allestito, le rappresentazione di undici quadri scenici per mostrare al pubblico gli usi e i costumi della civiltà dei Sanniti Pentri.
Rievocazione a Boiano (Video)
Ver Sacrum Bojano – 13 agosto 2024
♦ Bojano - Ver Sacrum Edizione 2024 - Clip - Telemolise
♦ A Bojano tornano i Sanniti Pentri, il trionfo di Ver Sacrum – Edizione 2024
♦ Ver Sacrum - edizione 2023 - Bojano
♦ Bojano: un tuffo nel passato con la ventesima edizione del Ver Sacrum - edizione 2023

Pratica del “Ver Sacrum” presso gran parte delle popolazioni italiche e non solo
Una descrizione molto dettagliata del Ver Sacrum ci viene riportata dalle fonti classiche sul ruolo svolto dalla figura dell'animale totemico in questa specifica ritualità. Proveremo anche a capire quanto vi sia di reale nella pratica del Ver Sacrum, ovvero se questa istituzione fosse effettivamente portata avanti dalle popolazioni antiche e se fosse una pratica caratteristica ed esclusiva delle popolazioni italiche, o se invece avesse orizzonti più ampi.
 
 I due autori classici che ne parlano in maniera più dettagliata del Ver Sacrum sono Dionigi di Alicarnasso e Paolo Diacono. Quest'ultimo, citando Festo, ci informa che il Ver Sacrum, collegato in maniera specifica alle popolazioni italiche, era una sorta di sacrificio totalizzante che prevedeva l'immolazione a una divinità di tutti gli esseri viventi, uomini e animali, nati durante la primavera, affinché il dio proteggesse e tutelasse la comunità da un pericolo imminente. Tuttavia, trovando il sacrificio di neonati innocenti eccessivamente cruento, Paolo Diacono scrive che, mentre gli animali venivano effettivamente macellati, i neonati venivano semplicemente consacrati alla divinità e, una volta raggiunta la maggiore età, con il capo velato, venivano accompagnati ai confini della comunità e allontanati.
“Ver sacrum vovendi mos fuit Italis. Magnis enim periculis adducti vovebant, quaecumque proximo vere nata essent apud se animalia immolaturos.
Sed quum crudele videretur pueros ac puellas innocentes interficere, perductos in adultam aetatem velabant atque ita extra fines suos exigebant” (Festo 519 L)

Dionigi di Alicarnasso sottolinea il profondo legame tra la primavera sacra e l'incapacità della comunità di mantenere sé stessa, e parla esclusivamente della consacrazione dei giovani. Secondo Dionigi, infatti, il Ver Sacrum avveniva principalmente in due circostanze: a seguito di un'esplosione demografica o a causa di un cataclisma naturale che metteva in pericolo la produzione agricola. In entrambi i casi, si trattava di contesti che richiedevano una riduzione della popolazione, poiché la comunità non era più in grado di garantire il fabbisogno nutrizionale per tutti i suoi membri. Dionigi specifica inoltre che esistevano due diverse tipologie di primavera sacra: una praticata con gioia, relativa a una promessa fatta a una divinità in tempo di guerra per ottenere la vittoria, oppure legata a un'esplosione demografica; e l'altra, invece, avveniva per ottenere un intervento divino che salvasse la comunità da uno stato di sofferenza. Questa seconda tipologia, scrive Dionigi di Alicarnasso, non era praticata con gioia, ma con sofferenza.
 
La differenza sostanziale sembra essere che, nel primo caso, il rito veniva portato avanti per ringraziare la divinità di un privilegio già concesso (come una vittoria in guerra o un'esplosione demografica), mentre nel secondo caso si trattava di ottenere qualcosa che gli dèi non avevano ancora concesso. Dionigi scrive anche che la divinità a cui i giovani venivano consacrati si impegnava a proteggerli e a guidarli, e che in diversi miti legati alle primavere sacre, l'intervento divino si manifestava attraverso un animale totemico che guidava materialmente i giovani durante il loro viaggio alla ricerca di una nuova patria.
 
Da Strabone apprendiamo che il nucleo sabino, che avrebbe dato origine alla nazione dei Sanniti a seguito di una primavera sacra, fu condotto nella sua migrazione da un bue, mentre Flacco scrive che un'altra primavera sacra sabina, che portò alla nascita del popolo dei Piceni, fu guidata da un picchio. In entrambi i casi, si trattava di animali sacri a Marte, la divinità della guerra. È altamente probabile che altre popolazioni italiche, come gli Irpini, il cui nome richiama "hirpus" (il lupo in lingua osca), avessero a loro volta miti fondativi analoghi, che però non ci sono giunti.
 
Infine, è probabile che le insegne militari romane, che in alcuni casi presentavano piccole effigi animali, siano legate proprio alla figura dell'animale totemico del Ver Sacrum. Esattamente come il giovane della primavera sacra migrava seguendo il suo animale totemico, così il guerriero marciava seguendo l'insegna con l'effige dell'animale.
 
È evidente come la primavera sacra rifletta una pratica migratoria e di diffusione culturale reale, come possiamo dedurre dall'emergere di epigrafi in lingua osca e da leggende che collegano le primavere sacre alle migrazioni delle popolazioni sabine. Dionigi scrive che i giovani migranti avrebbero trovato la loro nuova patria conquistandola con le armi, o venendo accolti come amici, abbandonando però la loro patria originaria. Questo potrebbe riflettere non solo un'esplosione demografica, ma anche la volontà di istituire un rito che fungesse da valvola di sfogo sociale.
 
Le migrazioni che portarono i Celti in Italia, descritte da Tito Livio, sembrano essere per certi versi assimilabili a un Ver Sacrum. Ad esempio, Belovesso, figlio del re Ambigato, partì dalla Gallia a seguito di un'esplosione demografica e, secondo il racconto, decise di fondare Mediolanum (Milano) nel luogo dove incontrò una scrofa, sovrapponendo l'elemento dell'animale totemico. Anche la migrazione dei Cimbri e dei Teutoni dalla Germania potrebbe essere parzialmente legata a un Ver Sacrum.
 
In ambito romano, la primavera sacra veniva praticata solo in casi di crisi particolari. Il mito di Romolo e Remo e della lupa potrebbe adombrare una primavera sacra che, da Alba Longa, portò alla nascita di Roma. Nel 217 a.C., Tito Livio scrive che, dopo la sconfitta al Lago Trasimeno, i libri sibillini furono consultati e venne promessa agli dèi una primavera sacra, da svolgere se la Seconda Guerra Punica si fosse risolta a favore di Roma. Il voto fu sciolto 21 anni dopo, ma la ritualità non fu completata correttamente, tanto che l'anno successivo il pontefice massimo richiese un nuovo Ver Sacrum, una nuova ecatombe di animali. Grazie a Tito Livio, conosciamo il preciso arco temporale primaverile, dal 1° marzo al 31 aprile, durante il quale nasceva il bestiame che veniva sacrificato, e in epoche più antiche probabilmente nascevano anche i giovani consacrati alle divinità.

IL VER SACRUM 
(Notizie prese dal sito "Romano Imparo)

 
Secondo la tradizione, la tribù sabellica dei Pentri, (il cui nome ha la stessa radice del celtico pen ("sommità") e significherebbe quindi "popolo dei monti") guidata dal "bove" (un bue sacro), si sarebbe fermata a nord del Tifernus (fiume del Molise e della Provincia di Campobasso), e avrebbe fondato la città di Bovianum (di cui quasi tutto l'abitato romano e sannita si trova al di sotto dell'attuale livello della città e non è stato oggetto di scavo) che era, come conferma Tito Livio, la capitale del Sannio. 
 
Bovianum ricordava annualmente con il ver sacrum (la Primavera Sacra):
 
- L'arrivo della tribù pentrica guidata dal bue che dette il nome alla città.
- Una seconda tribù, quella degli Irpini guidata dal "lupo" (in osco hirpus) si sarebbe fermata nelle valli del Calore e del Sabato (dal popolo dei Sabini "Sabus", i Sabatini erano una tribù sannita del bacino del Sabatus (Livio).
- Una terza tribù, guidata dal "picchio" (picus) si sarebbe fermata a sud del Terminio (montagna dei monti Picentini, nell'Appennino campano), nel paese detto perciò dei Picentini.
- Una quarta tribù, i Caudini, (quelli delle Forche Caudine), guidata dal "cinghiale" (aber, donde Abella, l'attuale Avella), si sarebbe stanziata tra i monti del Partenio e il Taburno e nella Conca avellana.
Si ritiene molto probabile che non si facesse ricorso ad un animale reale, ma che gli abitanti marciassero sotto un vessillo su cui l’animale era raffigurato. Noi pensiamo invece che probabilmente il loro capo era identificato con l'animale per le caratteristiche che traeva da questo, es. la forza dal bue, l'aggressività dal lupo ecc, oppure da un animale sacro a una divinità, ad es. il picchio sacro a Marte. 
Non dimentichiamo che anche i Romani usarono gli animali come vessillo, animale che spesso era il richiamo del segno zodiacale del loro generale.
 
I Sabini che avevano lungamente combattuto senza successo contro i vicini Umbri, decisero di sacrificare quanti sarebbero nati in quell'anno, se avessero riportato vittoria sugli Umbri. Ciò accadde, per cui mantennero il voto, ma la consacrazione non consisteva nell'uccisione dei figli come alcuni hanno ipotizzato, ma uno sciame in territori stranieri. 
 
Infatti in un ver sacrum famoso il capo della spedizione era Como (o Comino) Castronio. Strabone racconta che il bue (animale allora molto importante per il trasporto e pure per arare la terra) si fermò ai piedi di un colle chiamato Samnium e che da lì il popolo prese il proprio nome.

Per altri nello stesso modo fondarono Bojano facendo fermare l'animale alle fonti del Biferno per dissetarsi.
Lì sarebbe stata fondata la città di Bovaianum (nome osco derivante dal bue). 
 
La migrazione sarebbe invece partita dal laghetto di Cutilia ( lago sacro alla Dea sabina Vacuna e per questo reso inaccessibile con dei recinti) famoso per un'isoletta natante ricca di vegetazione che vi si trovava al centro, nel territorio di Rieti, ritenuto nell'antichità l'ombelico d'Italia.
 
Il Ver Sacrum non accadde, come spesso supposto, a causa della sovrappopolazione, molto difficile pensare che all'epoca vi fosse mancanza di territori e non dimentichiamo che i Romani dovettero ricorrere all'Asylum per popolare Roma. Viceversa occorrevano molti combattenti per difendere il paese. 
 
Si narra poi che oppressi da grave carestia, per liberarsi da tale calamità decisero di consacrare nuovamente agli Dei i loro figli nati, pensando di tacitare la collera divina. I giovani, consacrati al Dio Marte, giunti all'età adulta furono mandati dai loro genitori a cercare altre terre.
 
Mandare via da una terra i giovani maschi lasciando donne e bambini avrebbe significato togliere guerrieri e forza lavoro condannando la popolazione alla fame. Vero è invece che inviavano i giovani consacrati a occupare nuove terre col compito di razziare animali e merci da spedire in patria per soccorrere il popolo rimasto. 
 
Ancora oggi gli emigranti asiatici o africani usano, non appena trovano lavoro nella nuova terra, inviare soldi ai loro genitori, essendo ancora molto legati ad una famiglia patriarcale dove i genitori anziani venivano mantenuti dai figli, anche se muniti di pensione (del resto alquanto scarsa).