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Anglicismi

Anglicismi

Una storia italiana

Ovvero: come scrivono gli italiani di oggi:

Itanglish

Sono il founder di una startup che gestisce una serie di blog corporate nel settore del food and beverage. Le nostre skill ci hanno permesso di raggiungere un’audience molto ampia, grazie alla nostra vision e a una mission che vede il cliente protagonista. I feedback sono per noi fondamentali per migliorare la nostra brand awareness. In breve tempo abbiamo superato i nostri competitor e costruito una community di fan e potenziali clienti che cresce ogni giorno, perché puntiamo su headline magnetiche che generano engagement e like. Abbiamo un team di collaboratori che abbiamo formato con workshop interattivi dove il visual è il punto di forza.
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Italiano

Sono il fondatore di una giovane impresa che gestisce una serie di blog aziendali nel settore della ristorazione. Le nostre capacità ci hanno permesso di raggiungere un pubblico molto ampio, grazie alla nostra visione aziendale e al nostro obiettivo che vede il cliente protagonista. I riscontri sono per noi fondamentali per migliorare la riconoscibilità del nostro marchio. In breve tempo abbiamo superato i nostri concorrenti e costruito una comunità di appassionati e potenziali clienti che cresce ogni giorno, perché puntiamo su titoli magnetici che generano coinvolgimento e apprezzamenti. Abbiamo una squadra di collaboratori che abbiamo formato con seminari interattivi dove i contenuti visivi sono il punto di forza.
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Parole inglesi utilizzate in italiano
L’inglese, si sa, è la lingua ufficiale della comunicazione internazionale ed è parlato da più di 300 milioni di persone al mondo. Il suo predominio è testimoniato anche dal fatto che l’inglese è riuscito a insinuarsi in altre lingue, tramite il prestito di termini che si sono poi diffusi nell’uso comune della forma scritta e di quella parlata.  All’aspetto prettamente pratico, per il quale alcuni vocaboli non presentano una vera e propria traduzione letterale avente il medesimo significato, si deve affiancare quello modaiolo: spesso, infatti, usare vocaboli stranieri fa molto “cool” (figo) anche a discapito di una reale comprensione da parte dell’interlocutore o di un utilizzo decisamente inappropriato. Pensiamo alla pubblicità in TV o alle notizie che circolano sul “web” (ecco un altro esempio!), un turbinio di parole inglesi (e non solo) che mettono a dura prova una grossa fetta di pubblico incapace di comprendere il messaggio.
Numerose parole inglesi utilizzate in italiano derivano dal mondo del “marketing” e del “web” e non hanno una parola italiana complementare, ma altrettante si sono diffuse in maniera capillare soppiantando completamente quelle italiane che, al contrario, potrebbero essere usate con lo stesso valore.

Lunga lista di parole inglesi utilizzate in italiano:
Abstract: riassunto/sommario
Aftershave: dopobarba
All inclusive: tutto compreso
Audience: pubblico
Award: premio
Background: sfondo/contesto/esperienze passate
Backstage: dietro le quinte
Badge: tesserino
Band: gruppo musicale
Benefit: vantaggio/beneficio
Best practices: buone prassi
Bodyguard: guardia del corpo
Booster: amplificatore/sovralimentatore/richiamo (Med.)
Boss: capo
Brand: marchio
Break: pausa
Broker: agente/intermediario
Budget: bilancio/budget
Business: commercio/affare
Business plan: piano di gestione
Cameraman: cineoperatore
Case history: caso di esempio/cartella clinica
Cash: contante
Catering: catering/ristorazione
Cheap: economico/conveniente
Check: controllo/ispezione
Check-up: visita di controllo
Chewing gum: gomma da masticare
Coffee break: pausa caffè
Comfort: comodità
Community: comunità
Competitor: concorrente
Compilation: raccolta/collezione
Concept: idea
Contest: gara/concorso
Copyright: diritto d’autore
Copywriter: redattore pubblicitario
Cover: copertina
Crew: squadra/gruppo
Customer service: assistenza al cliente
Deadline: scadenza
Default: impostazione predefinita
Design: design
Device: dispositivo
Display: schermo/monitor
Download: scaricare
Editor: redattore
Email: posta elettronica
Escalation: inremento/aumento
Export: esportazioni
Fake: falso/impostore
Fan: tifoso/sostenitore
Fashion: moda
Feedback: opinione
Fitness: forma fisica
Flyer: volantino
Font: carattere (tipografia)
Full-time: a tempo pieno
Gangster: criminale/delinquente
Gap: lacuna
Gossip: pettegolezzo
Hall: ingresso
Hot: bollente/piccante
Hotel: albergo
Human resources: risorse umane
Import: importazioni
Intelligence: spionaggio
Killer: assassino
Know-how: conoscenza tecnica
Leader: capo
Location: posto/luogo
Log-in / Log-out: accedere / uscire (informatica)
Low cost: a basso costo
Mainstream: corrente principale
Marketing: marketing
Markup: ricarico
Meeting: riunione/assemblea
Merchandising: attività promozionale
Mission: missione/obiettivo
Mood: umore
Network: rete/sistema
News: notizie/novità
Nickname: soprannome
Nomination: candidatura
Online: in linea/in rete
Outlet: punto vendita
Packaging: imballaggio/confezione
Part-time: a tempo parziale
Partner: socio
Partnership: collaborazione/alleanza
Performance: esibizione
Preview: anteprima
Problem-solving: capacità di risolvere i problemi
Public relations: pubbliche relazioni
Random: casuale
Reception: accoglienza/ricevimento
Record: primato
Relax: riposo/relax
Report: resoconto/verbale
Revival: ritorno
Scoop: notizia giornalistica di grande rilievo
Self-control: autocontrollo
Selfie: autoscatto
Sexy: sensuale/attraente
Shopping: compere
Show: spettacolo
Showroom: salone di esposizione
Snob: altezzoso
Social network: social network
Sponsor: finanziatore/sostenitore
Staff: personale
Stress: tensione
Store: negozio
Target: obiettivo/traguardo
Team: squadra/gruppo
Teenager: adolescente
Test: prova/esame
Ticket: biglietto
Trend: tendenza/moda
Triage: cernita (med.)
Update: aggiornamento (informatica)
Upgrade: eseguire l’aggiornamento (informatica)
Upload: caricare (in rete)
Waterproof: resistente all’acqua/impermeabile
Web: rete/web
Weekend: fine settimana
Wireless: senza fili
Workshop: laboratorio
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In effetti gli anglicismi sono sempre più parte della nostra lingua. I letterati e i linguisti si disperano, i giornalisti si adeguano, le persone si grattano spesso la testa, chiedendosi cosa significhi quella nuova parola inglese. Improbabile riuscire a invertire la tendenza in tempi brevi, anche se non bisogna però pensare che il processo sia irreversibile: le mode linguistiche, come tutte le mode, sono passeggere. Ricordano i linguisti l’esempio del francese, che nel Settecento aveva il ruolo che oggi ha l’inglese: col tempo la moda passò e molti francesismi scomparvero con essa
In attesa di un cambiamento, non possiamo far altro che adeguarci e imparare le tante parole inglesi che ci assediano. Ovviamente molti termini si riferiscono a settori in rapida evoluzione, che con l’avvento di nuovi referenti (oggetti, fenomeni, concetti) portano anche nuove parole per riferirsi ad essi. Questi settori sono la politica, il mondo degli affari, della tecnologia, della moda.  ecco allora un piccolo glossario. Un suggerimento a margine: quando si utilizza una parola straniera nel contesto della lingua italiana, non è necessario volgerla al plurale. Diremo quindi: «Pratico molti sport» e non «Pratico molti sports».

Il mondo politico 
  • Bipartisan: si dice quando una cosa è condivisa di solito da entrambi i partiti (maggioranza e minoranza);
  • Jobs act: ne sentiamo parlare spesso ma non sempre capiamo di cosa si tratta; semplicemente è la “legge sul lavoro”;
  • Exit poll: è il famigerato sondaggio sui voti dopo un’elezione;
  • Family day. Letteralmente significa «il giorno della famiglia» ed è un fenomeno prettamente italiano. In queste occasioni si difende la famiglia tradizionale, cioè costituita da un uomo e una donna, con relativi figli.
  • Privacy. Ormai ben conosciuto, indica la vita privata, il diritto ad avere una sfera privata inviolabile.
  • Stepchild adoption: letteralmente sta per “adozione del figliastro”, ovvero la possibilità di adottare il figlio del proprio compagno/a;
  • Speech: è il discorso di un candidato o di un personaggio politico;
  • Spin doctor: è un esperto di comunicazione che lavora per i politici ed elabora strategie al fine di ottenere consenso elettorale presso l’opinione pubblica;
  • Welfare: è lo “stato sociale”, ovvero l’insieme delle politiche messe in atto da un paese che si prende cura dei propri cittadini fornendo assistenza sanitaria, istruzione pubblica e forme di indennità ai lavoratori.

Il mondo degli affari
  • Startup. Sono le nuove aziende, che spesso lanciano le loro idee innovative grazie a finanziamenti esterni. Ad esempio, il colosso Alibaba nacque come startup.
  • Community manager. È una figura nuova, che gestisce le reti social di un’azienda.
  • Freelance. I lavoratori autonomi, a partita iva, adesso sono freelance, perché fa più figo.
  • B2B. Qui si entra nel tecnico: significa business-to-business e indica un’azienda che produce beni per altre aziende, ad esempio componenti che poi vengono  assemblate nel fare un’automobile.
  • B2C. Al contrario, indica il business-to-consumer: la produzione di beni che vanno direttamente sul mercato.
  • CEO. Una volta era l’amministratore delegato o il direttore generale, oggi è il Chief Executive Officer, cioè il funzionario esecutivo capo.
  • CMO. Stessa cosa del CEO, ma nel settore marketing (cioè la promozione commerciale): Chief Marketing Officer.
  • CTO. Responsabile della parte tecnologica: Chief Technology Officer.
  • CFO. Ed ecco infine il responsabile delle finanze: Chief Financial Officer.
  • Customer Care: è l’ufficio preposto all’assistenza clienti;
  • Budget. Questa la sanno tutti: il budget è il bilancio, le finanze di una società. Ma viene ormai usato anche in contesti quotidiani: «Per comprare le scarpe nuove ho un budget di 80 euro».
  • Planning. Un progetto non lo considera più nessuno, ci vuole un planning.
  • Asap. Acronimo di «as soon as possible», cioè il prima possibile.
  • Deadline. Letteralmente significa linea di morte, cioè il termine ultimo per qualcosa, la data di scadenza.
  • Conference call. Una riunione telefonica.
  • Brainstorming. Alla lettera sarebbe un assalto mentale: si usa per indicare la pratica di fare una riunione e buttare giù molte idee, per trovare quella giusta.
  • E-mail. Ormai entrate nella vita di tutti, è l’electronic-mail, la posta elettronica.
  • Default. Parola molto utilizzata in questi anni, dal 2011 quando l’Italia toccò valori altissimi di spread, al 2015 per la Grecia. È l’insolvenza, l’incapacità di un ente di rispettare le clausole contrattuali.
  • Mission: termine odiatissimo dai linguisti ma che spopola ormai in ogni dove; non è altro se non lo “scopo”, la “dichiarazione d’intenti” di un’azienda;
  • Startup: nuove, piccole e giovani aziende che spesso promuovono idee innovative;
  • Community manager: una delle tante figure lavorative nate con l’avvento dei social network; il community manager, in particolare, gestisce le reti social di un’azienda;
  • Part time/full time: termini diffusissimi che stanno, rispettivamente, per un contratto di lavoro ad orario ridotto e uno ad orario pieno;
  • Freelance: chi lavora in proprio ed ha una partita IVA;
  • Target: è la fascia dei potenziali acquirenti e/o consumatori di un prodotto;
  • Manager: Indica una persona con mansioni dirigenziali;
  • Meeting: semplicemente una riunione, un incontro di lavoro;
  • Deadline: si tratta del termine ultimo per la consegna di qualcosa;
  • Conference call: è una riunione telefonica.

 La Tecnologia
  • Smartphone: è il cellulare di ultima generazione con il quale si può navigare in internet, utilizzare applicazioni, etc;
  • Wireless: un collegamento di questo tipo è un collegamento che non necessita di cavi;
  • RAM: la Random Access Memory è la memoria temporanea che i computer utilizzano per lavorare e non per immagazzinare dati;
  • Hardware: è la componente fisica degli strumenti elettronici (per esempio, lo schermo, la tastiera, il mouse etc.);
  • Touchscreen: si dice di dispositivi che non hanno tastiera o periferiche esterne ma che si utilizzano toccando semplicemente lo schermo;
  • Social network: Sono reti sociali fruibili sul web o tramite apposite applicazioni che consentono il collegamento fra gli utenti e la condivisione di materiali.
  • Booster: amplificatore/sovralimentatore/richiamo (Med.)
  • Laptop. Termine meno diffuso, indica il computer portatile, il notebook, da non confondere con il netbook, cioè il portatile ancora più piccolo, da usare ad esempio per prendere appunti.
  • Gigabyte. I byte sono l’unità di misura della memoria di uno strumento elettronico. Un miliardo circa di byte fa un gigabyte, ma ormai ci sono anche computer con un terabyte, mille gigabyte.
  • RAM. Random Access Memory, quella memoria che i computer utilizzano per lavorare e non per accumulare dati. Ci scrivono i loro calcoli che poi vengono cancellati.
  • Software. La parte “morbida”, o meglio immateriale dei computer. I programmi del pc sono dei software.
  • Pixel. È l’elemento visivo più piccolo di un’immagine in computer grafica: più è alto il numero di pixel (cioè la risoluzione) meno l’immagine risulta squadrata.
Il mondo della moda
  • Brand: è la marca, la firma di un prodotto;
  • Must-have: una cosa che si deve avere a tutti i costi;
  • Trendy: è tutto ciò che fa tendenza;
  • Make up: è il trucco;
  • Fashion: semplicemente è la moda;
  • Outfit: è l’insieme di capi di abbigliamento e accessori scelti per essere utilizzati in una specifica occasione.
  • Must-have. Ciò che bisogna avere ad ogni costo: un oggetto di moda davvero irrinunciabile.
  • Trendy. Ormai diffusa da diversi anni, questa parola indica cioè che va di moda, più precisamente «che fa tendenza».
  • Cool. Ciò che è figo, grandioso, che piace. È un termine colloquiale. Ad esempio Bill Murray è un personaggio cool!
  • Look. Il proprio aspetto, il modo in cui ci si presenta.
Il cinema
  • B movie: un film letteralmente di “serie B”, quindi considerato dalla critica parecchio lontano dal “cinema d’autore”;
  • Soundtrack: la colonna sonora;
  • Drama: un film o una serie tv di genere drammatico;
  • Legal: un film o una serie tv ambientati in tribunale, con tanto di avvocati, giudici e giuria;
  • Sequel: ciò che segue ad una storia precedentemente raccontata/portata sullo schermo;
  • Prequel: ciò che precede una storia precedentemente raccontata/portata sullo schermo;
  • Spin-off: è un’opera derivante da un’altra e della quale racconta le storie parallele.
La musica
  • Videoclip: un video musicale;
  • Star: una persona davvero molto famosa;
  • Playback: è quell’artificio per cui, durante una esibizione, il cantante muove le labbra e si muove come se stesse realmente cantando mentre, in realtà, la voce è stata registrata in precedenza;
  • Live: dal vivo;
  • DJ: sta per disc jockey (o deejay) ed è un intrattenitore che, solitamente, si occupa della selezione musicale di un club, un locale, una discoteca ma anche di una radio.
Varie
  • Abstract: è l’estratto di un documento, di una tesi, insomma è una sintesi;
  • Trendsetter: è qualcuno che individua ciò che andrà di moda nel prossimo futuro, un cacciatore di tendenze;
  • Trend: qualcosa che va di moda e la cui popolarità cresce esponenzialmente;
  • Trash: di cattivo gusto, volgare;
  • Millennials: è la generazione nata nella seconda metà degli anni 80 e che, quindi, ha vissuto la propria adolescenza e maturità all’alba del nuovo millennio;
  • Baby Boomers: è la generazione nata fra il 1945 e il 1964 e che ha contribuito al cosiddetto baby boom (un importante aumento demografico) di quegli anni in America. Indica, quindi, chi ha vissuto la piena maturità negli anni del benessere economico tipico degli anni Ottanta e primi Novanta;
  • Teenager: chi ha un’età compresa fra i 13 e i 19 anni, quindi gli adolescenti;
  • Duty free: è letteralmente un “negozio senza tasse”, nel senso che sui prodotti in vendita non si pagano le imposte sulla vendita (la nostra IVA). Di solito si trovano all’interno delle zone franche degli aeroporti;
  • Coffee break: letteralmente la “pausa caffè”;
  • All inclusive: tutto compreso;
  • All you can eat: questa formula prevede che, a un prezzo fisso, si possa mangiare tutto ciò che si vuole, senza limiti di quantità.
ATTENZIONE: Queste sono solo alcune delle parole che utilizziamo più o meno quotidianamente. Ma la cosa importante è che quando si utilizza una parola straniera nel contesto della lingua italiana, non si deve mai formare il plurale come lo si formerebbe in inglese. 
Per esempio:
Non si dice «Pratico molti sports» ma «Pratico molti sport»;
Non si dice «Oggi ho inviato molte e-mails» ma «Oggi ho inviato molte e-mail».
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Parole straniere che potremmo benissimo dire in italiano
Siamo ormai abituati a usare parole straniere in ogni circostanza, ma non sempre è necessario. Eccone alcune che potremmo benissimo dire in italiano. Nel linguaggio comune, imperversano neologismi e termini stranieri che man mano stanno sopravanzando nella frequenza d’utilizzo i corrispettivi vocaboli italiani. Se alcune parole come “marketing”, “sport”, “rock”, “browser”, “smog” non trovano un corrispondente efficace nella nostra lingua, ci sono altri termini come ‘workshop’, ‘abstract’, ‘fashion’, ‘light’ di cui ptoremmo far benissimo a meno, utilizzando i loro corrispettivi italiani ‘seminario’, ‘riassunto’, ‘moda’, ‘leggero’.

ALL INCLUSIVE                = TUTTO COMPRESO
ANTI AGE                            = ANTI ETA’
ABSTRACT                           =  RIASSUNTO
APPEAL                                 =  ATTRAZIONE
AUDIENCE                           =  PUBBLICO
BACKGROUND                   = SFONDO
BACKSTAGE                        =  DIETRO LE QUINTE
BADGE                                  = TESSERINO
BIPARTISAN                      = TRASVERSALE
BOSS                                      =  CAPO
BRAND                                  =  MARCA
BREAK                                  =  PAUSA
BUSINESS                             =  AFFARI
BUYER                                  =  COMPRATORE
CASH                                     =  CONTANTI
CATERING                          = APPROVVIGIONAMENTO
COACH                                 =  ALLENATORE
CONCEPT                             =  IDEA
COMMUNITY                      =  COMUNITA’
COPYRIGHT                        =  DIRITTO D’AUTORE
DEVICE                                =  DISPOSITIVO
DISPLAY                               =  SCHERMO
DRESS CODE                      =  REGOLE D’ABBIGLIAMENTO
EVERGREEN                       = INTRAMONTABILE
FASHION                              =  MODA
FLOP                                     =  FIASCO
FITNESS                               =  ALLENAMENTO
FOOD                                    =  CIBO
GOSSIP                                 =  PETTEGOLEZZO
HAPPY END                        = LIETO FINE
HOTEL                                 =  ALBERGO
JOBS ACT                            =  LEGGE SUL LAVORO
LIGHT                                  =  LEGGERO
LOOK                                   =  ASPETTO
MAIL                                    =  POSTA
MAKE UP                            =  TRUCCO
MASTER                              =  SPECIALIZZAZIONE
MATCH                                =  PARTITA
MEETING                            =  RIUNIONE
MISSION                             =  MISSIONE
NEWS                                  =  NOTIZIE
OPEN                                   =  APERTO
OKAY                                   = VA BENE
PARTNER                            =  COMPAGNO
PARTY                                 =  FESTA
PREMIER                            =  PRIMO MINISTRO
RED CARPET                   = TAPPETO ROSSO
RELAX                                =  RIPOSO
TREND                                =  TENDENZA
SHOW                                  =  SPETTACOLO
SELFIE                                =  AUTOSCATTO
SEXY                                   =  SEDUCENTE
SNACK                               =  MERENDA
STAFF                                 =  PERSONALE
TEENAGER                       =  ADOLESCENTE
TEAM                                 =  SQUADRA
TICKET                              =  BIGLIETTO
TRIAGE                              =  CERNITA
WEEKEND                        =  FINE SETTIMANA
WEB                                   =  RETE
WORKSHOP                      =  SEMINARIO
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 Molti vocaboli inglesi provengono dalla nostra lingua madre, il latino. Tanto per fare qualche esempio:
  1. beast da bestia
  2. cat da cattus
  3. chester da castra
  4. flame da fiamma
  5. to have da habeo
  6. long da longus
  7. me e my da meus
  8. mouse da mus
  9. people da populus
  10. picture da pictura
  11. school da schola
  12. wall da vallum
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In alcuni casi è impossibile usare una traduzione del vocabolo inglese in italiano, come nel caso di blog, che proviene da web log, su cui Peter Merholz ha giocato modificando l’espressione in we blog, o, più semplicemente, blog. Ma anche web, che comunque viene tranquillamente tradotto in rete. Internet non si può tradurre, poiché è l’abbreviazione di interconnected computer networks o di internetwork.
Che alcuni vocaboli inglesi siano ormai diventati d’uso comune è accettabile, come flash, email (che viene anche chiamata posta elettronica), western, chat, sport, marketing e via dicendo, ma siamo davvero sicuri che i vocaboli qui di seguito elencati non abbiano un più comprensibile corrispettivo italiano?
Dizionario Inglese-Italiano:

A
  1. a.k.a.also known as, ossia “anche noto come”, “altrimenti detto”, “detto anche”. Dunque… alias? No, il nostro alias è sparito a favore di a.k.a. (che mai riuscivo a capire cosa diavolo volesse dire).
  2. All inclusive: il nostro caro vecchio “tutto incluso”… è stato escluso.
  3. Audience: il pubblico, quindi. L’uditorio, anche.
  4. Automotive: un tempo c’era la sezione Motori nelle riviste e nei giornali. Oggi , chissà perché, c’è la sezione Automotive.
  5. Awareness: spesso usata nell’espressione brand awareness, cioè riconoscibilità del marchio. Ma non vi accorgete che è anche difficile da pronunciare questa awareness?
B
  1. Bipartisan: anche la nostra politica infierisce sulla lingua italiana. Bipartisansignifica né più né meno che bipartitico.
  2. Brand: la cara, vecchia marca. O il caro, vecchio marchio. Ma oggi si veste di un’importanza maggiore e diventa brand.
C
  1. Call: quante volte avete letto o sentito “Ti faccio una call su Skype”? Ma perché non si può dire “Ti chiamo su Skype”?
  2. Coach (e Coaching): c’erano una volta l’allenatore e l’allenamento (negli sport), c’erano anche l’istruttore e l’istruzione. O anche il preparatore.
  3. Community: la… comunità, forse? Signori, anche community viene dal latino: communitas!
  4. Competitor: il vecchio concorrente. E di nuovo un termine inglese che proviene dal latino: competitor da competere, gareggiare.
  5. Corporate: avete un sito corporate? No, forse avete un sito aziendale. Che dite, anche questa viene dal latino? Sì, da corporatus, participio passato di corporare, cioè far parte di un’unione di commercianti.
  6. Crowd Founding: non riesco nemmeno a pronunciare quest’espressione. È la nostra raccolta di fondi o, come ricordo ai tempi del liceo, la colletta. Forse colletta ha un significato un po’ diverso. Ma raccolta di fondi è giusto, anche se gli anglofoni parlano più propriamente di “raccolta di massa (di gente)”, quindi raccolta di gente interessata a un certo progetto. Ma gente che non sganci un quattrino non ha senso, quindi penso sia davvero più corretto chiamarla raccolta di fondi, perché è questo che cercate: i fondi, cioè i soldi. Abbiate il coraggio di dirlo. Ah, per la cronaca, founding, da found, proviene dal latino fundare
  7. Customer Care: ovvero, Servizio clienti. La parola customer ha percorso un bel viaggio per arrivare fino a noi: customer da custom, a sua volta da custume, a sua volta dal francese costume, che viene dal latino volgare consuetumen che proviene dal latino consuetudinem da consuetus, participio passato di consuesco. Tutte le strade (o anche le parole?) portano a Roma.
D
  1. Dating: termine introdotto nel 1939 per indicare l’atto o le pratiche di avere appuntamenti romantici. Anche qui dating da date dal latino data. Insomma, è il vecchio appuntamento, anche se fissato online.
  2. Deadline: scadenza? Termine? Ma perché non possiamo usare la nostra parola scadenza come abbiamo sempre fatto?
  3. Default: questa parola è ormai una consuetudine. Nello smartphone certe applicazioni sono di default, per esempio. Default significa predefinito, prestabilito. Ma che parolaccia è mai questa? Vuoi vedere che siamo di nuovo tornati a Roma? Default (entrata nel vocabolario dei computer nel 1966) proviene dal vecchio francese defaute, a sua volta preso dal latino volgare defallita, participio passato di defallere.
E
  1. Engagement: è il coinvolgimento. Si usa nel linguaggio dei social media.
F
  1. Feedback: ovvero riscontro. Dare un feedback è lo stesso che dare un riscontro, ve l’assicuro.
  2. Follow-up: in base al contesto si traduce con controlli periodici (medici), seguito o sollecito.
  3. Food and Beverage: stesso discorso di prima, le riviste e i siti avevano la sezione Cibi e bevande e adesso l’hanno sostituita con Food and Beverage. Che poi questo beverage proviene dal bibere latino, eh.
  4. Founder (e Cofounder): ah, quanto impazza e piace ’sta parola! I social si sono riempiti di founder che è una bellezza. Poi, che founder provenga dal latino fundator, cioè fondatore, importa poco e niente.
  5. Freelance: ovvero la lancia libera. Sì, perché era il guerriero mercenario medievale. Insomma combatteva (per lavoro) per chi l’ingaggiava. La parola è stata coniata forse da Sir Walter Scott nel suo Ivanhoe. Nel 1864 è stato usato il termine anche in senso figurato, il libero professionista, colui che lavora per chi lo paga.
H
  1. Headline: è il titolo, signori. Perché non usate la parola titolo, dannazione? “Scrivi una buona headline”… ma perché “scrivi un buon titolo” che ha d’incomprensibile?
L
  1. Leadership: altra parola che piace molto. Ma è la nostra direzione (assumere la leadership di un partito significa assumerne la direzione), mentre parlare di leadership di un governo è come parlare delle sue capacità (quindi in Italia non esiste questo concetto).
  2. Location: quante parole possiamo usare nella nostra lingua al posto di questa location? Sede, ubicazione, localizzazione, posto, luogo, postazione. Avete l’imbarazzo della scelta, mentre gli anglofoni devono accontentarsi di una sola parola.
M
  1. Magazine: cioè… rivista? Adesso spiegatemi perché abbiamo bisogno di chiamare le nostre riviste magazine. La storia del magazine è curiosa. Proviene dall’italiano magazzino, a sua volta preso dall’arabo makhazin, con significato di magazzino, appunto, luogo in cui depositare la merce. Ma da qui a rivista come ci si arriva? Grazie alla prima rivista pubblicata nel 1731, il «Gentleman’s Magazine», nome preso dagli elenchi di negozi e informazioni militari e, in senso figurato, un magazzino di informazioni.
  2. Meeting: incontro. C’è da dire altro? Riunione, anche, o assemblea, secondo il contesto. Ma basta con questi meeting!
  3. Mission: quindi che cosa avete fatto? Avete tolto la vocale finale alla nostra parola missione e vi siete convinti di aver creato qualcosa di nuovo? Non ho parole.
N
  1. News: cioè le notizie? Oggi si parla tanto, troppo, anche di fake news… cioè le notizie false? Ma perché non chiamarle notizie? Il bello è che qualcuno scrive anche “pubblico una news”… dando l’impressione di non distinguere fra singolari e plurali.
O
  1. Outfit: la prima volta che ho comprato online un paio di pantaloni è apparsa la scritta “Completa il tuo outfit!” e io sono rimasto a guardarla per qualche secondo senza raccapezzarmi su che diavolo dovessi fare per avere quel paio di pantaloni e non rischiare di uscire in mutande. Insomma, gente, è il completo. Uomini e donne hanno sempre indossato dei completi, perché oggi devono avere degli outfit?
P
  1. Preview: dunque… l’anteprima? Che ha di strano la nostra anteprima da dover soppiantarla con una preview?
  2. Problem solving: possiamo tradurlo con risoluzione di problemi o capacità di risolvere problemi, secondo il contesto. Di nuovo nessuna logica per usare l’inglese.
R
  1. Recruiting: assunzione, forse? L’etimologia di questa parola risale al francese, ma si torna indietro nel tempo fino al verbo latino crescere.
  2. Release: la troviamo specialmente nei programmi da scaricare, in frasi come “è uscita una nuova release di OpenOffice”. Ma esiste il nostro corrispettivo: è versione, distribuzione, o anche pubblicazione, o in alcuni casi lancio. Per caso siamo tornati ancora a Roma? Eh, sì, perché release proviene dal verbo latino relaxare, che ha prodotto anche l’inglese relax.
  3. Reseller: dai, diventa un reseller! Rivenditore, no?
S
  1. Sequel: è il seguito, per favore tornate a chiamarlo seguito come un tempo. Che poi anche questa viene dal latino, sequela, anche se con significato diverso.
  2. Shopping bag: la borsa della spesa? Vi vergognate ad andare in giro con una borsa della spesa e quindi la ribattezzate shopping bag?
  3. Skill: ci avevo messo un po’ per capire che cavolo fossero ’ste skill di cui parlavano gli annunci di lavoro. Comunque sono le abilità, le capacità, i talenti. Ma quante parole abbiamo nella nostra lingua!
  4. Sold out: sempre più nel ridicolo, sostituiamo il nostro “esaurito” con sold out, che si capisce di più.
  5. Speaker e (PublicSpeaking: lo speaker è il relatore, chi parla a un evento. Così come public speaking è semplicemente parlare in pubblico.
  6. Specialist: ah, ma allora è un vizio quello di togliere la vocale finale alle nostre parole per illudersi di aver creato una novità. Lo specialista che ha di strano? Sei un social media specialist? O forse sei un esperto di social media?
  7. Speech: avete mai fatto uno speech? Io no. Forse avete fatto un discorso o un intervento a una qualche manifestazione culturale.
  8. Stand-by: in attesa. Attività del computer sospesa, interrotta.
  9. Startup: è sempre esistita e si è sempre chiamata nuova impresa, nuova attività.
  10. Step: è la parola che sopporto di meno. Abbiamo i nostri passi, le fasi, le mosse, gli stadi, i gradi.
  11. Store: Quando ho comprato, anni fa, il mio primo videofonino, c’era la pubblicità che diceva “In tutti i negozi 3”. Adesso quei negozi hanno chiuso, tutti quanti, e le nuove offerte della casa si trovano soltanto nei 3 store
  12. Strategist: la parola stratega pare non piaccia. Eppure gli anglofoni la usano senza problemi.
T
  1. Team: eccone un’altra che non sopporto. La squadra, signori, è la squadra. Perché punire questa parola?
  2. Tone of voice: ma non vedete che quest’espressione è presa pari pari dalla nostra “tono di voce”?
  3. Tool: si usa sempre per gli strumenti online. Un tool per diminuire il peso delle immagini, un tool per trovare le parole chiave. Dunque uno strumento per diminuire il peso delle immagini, uno strumento per trovare le parole chiave.
  4. Topic: è il tema di uno scritto, l’argomento, il soggetto. C’è da sapere che la vecchia Albione ha preso questa parola dai “Topici” inclusi nell’Organon di Aristotele.
  5. Travel: come l’Automotive, anche il Travel ha sostituito la nostra categoria di Viaggi e Turismo. È curioso come l’inglese travel provenga da travail, a sua volta presa dal tardo latino trepalium (uno strumento di tortura). In fondo anche il nostro travaglio ha la stessa origine. Un viaggio nel dolore.
  6. Trend: la tendenza, la moda.
V
  1. Vision: ci risiamo, hanno di nuovo tolto la vocale finale, creando una vision ben diversa dalla visione.
  2. Visual: usato spesso nell’espressione contenuti visual. Cioè contenuti visivi, le immagini e i video.
W
  1. Wedding planner: oggi sono nate nuove figure professionali, le wedding planner. Come se definirsi “organizzatore di matrimoni” fosse una vergogna. Quello stai facendo. Comunque planner viene da plan che a sua volta, guarda caso, viene dal latino planum. Certo, wedding è invece molto english. Oddio, mi sa di no. Infatti partendo dall’Inglese antico, passando per il Proto-germanico e l’antico Norreno fino alla radice wadh- si giunge al Latino vas, vadis, col significato di cauzione.
  2. Weekend: “che fai nel fine settimana”, mi chiedevano da ragazzo. “Che fai nel weekend?”, mi chiedono adesso. Ha un senso?
  3. Welfare: parolaccia introdotta da uno dei governi passati (che avrebbe dovuto aver più riguardo verso la propria lingua). Ogni volta che sentivo parlare del Ministero del Welfare non capivo minimamente che diavolo di ministero avessero inventato. Welfare in inglese sono i sussidi pubblici, ma anche la previdenza sociale. Per fortuna ora è stato rinominato in Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
  4. Workshop: è il nostro vecchio seminario, ma anche laboratorio, se si tratta di corsi che prevedono lavori manuali.
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