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I giochi gladiatori dei Sanniti


gladiatori sanniti
L'idea comunemente accettata che i giochi gladiatori siano stati introdotti a Roma dagli Etruschi, suggerisce invece che questa pratica potrebbe essere stata trasmessa dai Sabelli, un popolo osco-umbro a cui appartenevano anche i Sanniti. Il riferimento alla parola lanista, che è di origine etrusca, aggiunge una sfumatura complessa al dibattito, ma evidenzia giustamente che l'assenza di raffigurazioni etrusche di combattimenti gladiatori fino al 250 a.C. potrebbe indicare che tale pratica non fosse così radicata nella cultura etrusca come si potrebbe pensare.
La pratica dei giochi gladiatori i Romani l'acquisiscono dai Sanniti. Questa usanza, a partire dal 264 a.C., la parola "sannita" diventerà sinonimo di "gladiatore".  Prima che a Roma, gli spettacoli gladiatori si svolgevano negli anfiteatri sanniti (Celebri quelli di Boiano e di Larino!). Infatti questi erano stati costruiti oltre 350 anni prima del Colosseo. Presso la popolazione sannitica la selezione dei migliori avveniva attraverso gare atletiche o combattimenti. Tra le usanze sannitiche in un contesto più ampio, collegandole a pratiche osservate in altre culture, dove la competizione fisica era un mezzo per dimostrare valore e meritare ricompense, incluse quelle matrimoniali. La possibilità che le spose fossero il premio di un combattimento, considerata la passione dei Sabelli per gli spettacoli gladiatori, suggerisce una società in cui la forza e il coraggio erano attributi fondamentali per guadagnarsi non solo il rispetto, ma anche il diritto a formare una famiglia.
Anche i Iriti funebri delle famiglie sannite più importanti erano abbelliti da questo genere di spettacoli.
La descrizione dei Sabelli e delle loro rappresentazioni di combattimenti gladiatori con "raccapricciante realismo" nelle pitture tombali del IV secolo a.C. sottolinea la brutalità di questo spettacolo e suggerisce una familiarità e accettazione culturale che potrebbe aver facilitato la sua diffusione in Campania e successivamente a Roma. Questo punto è cruciale, poiché mette in luce come i Sabelli abbiano non solo adottato ma anche intensificato il carattere cruento dei giochi gladiatori, facendone una parte integrale della loro cultura, e di conseguenza della cultura romana.
Il ruolo centrale della Campania come vivaio di gladiatori, con luoghi come Pompei, Capua e Pozzuoli che ospitavano alcuni degli anfiteatri più antichi e importanti, rafforza l'idea che questa regione fosse un epicentro di questa tradizione diffusa dai Sanniti. L'affermazione che il Colosseo, il simbolo per eccellenza dei giochi gladiatori, abbia preso Capua come modello, sottolinea ulteriormente l'influenza sannita su Roma. 
Un altro aspetto interessante della storia dei giochi gladiatori è l'associazione iniziale e duratura tra il termine "gladiatore" e "sannita". Questo suggerisce non solo una predominanza numerica dei gladiatori sanniti, ma anche una sorta di simbolismo che associava la figura del gladiatore ai Sanniti. Solo con il tempo, e con l'introduzione di nuovi tipi di gladiatori come i Traci e i Galli, questa associazione cominciò a diluirsi.
In sintesi, viene dipinto un quadro dettagliato e convincente dell'evoluzione dei giochi gladiatori, evidenziando l'importante contributo dei Sabelli e dei Sanniti nel plasmare questa pratica che divenne centrale nella cultura romana. La ricostruzione storica offerta è solida e ben supportata, con un'attenzione particolare alle fonti e alle evidenze archeologiche che conferiscono credibilità alle affermazioni fatte.AA
♦ Anfiteatro di Larino: sulle orme dei gladiatori