La meravigliosa Storia dei Sanniti (Video 3D)
Legio Linteata
La legio linteata è una legione speciale consacrata al dio Marte attraverso un rito cruento, conosciuto grazie allo scrittore latino Tito Livio, che nei suoi "Ab urbe condita" racconta dello speciale rituale che consacrò questi giovani soldati alla morte. Livio racconta che i più nobili e agguerriti furono chiamati all'interno di un recinto sacro, per l'occasione coperto da un telo di lino (linteum). Chi veniva fatto entrare doveva giurare di non rivelare a nessuno cosa accadesse nel recinto.
Sebbene Tito Livio tenda a enfatizzare a volte un po' troppo gli avvenimenti e a calcare la mano con effetti drammatici e patetici, attraverso le sue parole possiamo entrare in contatto con l'atmosfera tetra e carica di tensione che contraddistinse l'ultimo atto della Terza Guerra Sannitica, che segnò la definitiva sconfitta del Sannio. L'intero apparato della cerimonia era allestito in modo da suscitare negli animi terrore religioso. Contribuivano a questo effetto soprattutto gli altari al centro del recinto integralmente coperto, le vittime sgozzate intorno agli altari e i centurioni in cerchio con le spade in pugno. I convocati venivano fatti avvicinare agli altari più come vittime che come effettivi partecipanti al sacrificio e dovevano giurare di non rivelare quanto avevano visto o sentito. Mediante una formula intimidatoria, venivano costretti a giurare che sarebbero state maledette le loro persone, la famiglia e la stirpe qualora non fossero scesi in campo dove i comandanti li guidavano, se avessero abbandonato il campo di battaglia o se, vedendo qualcuno darsi alla fuga, non lo avessero ucciso immediatamente.
Le testimonianze storiche ed archeologiche reperite sui sanniti riportano uno spaccato interessante sulla cultura militare dei Sanniti, un popolo italico noto per la sua resistenza contro l'espansione romana e per la sua organizzazione sociale e guerriera. La frequente menzione della "Legio Linteata" e della cerimonia sacrale che la consacrava come casta di guerrieri votata al sacrificio estremo sottolinea l'importanza che i Sanniti attribuivano alla devozione religiosa e al senso del dovere militare. La descrizione di Tito Livio del rito sacrale che consacrava questi guerrieri riflette il legame indissolubile tra religione e guerra nel mondo antico. La "Legio Linteata" non era semplicemente un'unità militare, ma un gruppo scelto di combattenti che, attraverso un giuramento solenne, si impegnava a combattere fino alla morte per difendere la propria comunità. Questo giuramento sacro, che prevedeva punizioni divine per chi non rispettava il proprio dovere, dimostra come la dimensione religiosa fosse profondamente intrecciata con quella militare. Livio riporta anche l'aspetto della "devotio", un concetto romano ma che si addice molto anche ai Sanniti, indicando una forma di sacrificio personale in nome della comunità. Il giuramento dei Sanniti, simile a quello dei soldati romani, indica una società che poneva l'accento sul coraggio, l'onore e la fedeltà alla propria terra, valori che venivano sanciti attraverso rituali che coinvolgevano le forze divine.
Il reperimento di diversi reperti archeologici confermerebbero le narrazioni di Livio fornendo una certa continuità tra le fonti letterarie e le evidenze materiali. Questo punto è particolarmente significativo poiché, mentre le fonti scritte come gli "Annales" di Livio offrono una visione storica, i reperti archeologici forniscono una testimonianza tangibile che arricchisce la nostra comprensione di questi antichi rituali e delle pratiche belliche.
Queste testimonianza evidenziano come i Sanniti fossero non solo guerrieri valorosi, ma anche profondamente religiosi, legando strettamente il loro destino alle volontà divine. La "Legio Linteata" rappresenta l'ideale del guerriero-sacerdote, un concetto che riflette un'epoca in cui il confine tra vita militare e religiosa era sfumato, e in cui la guerra era considerata un'attività sacra, da condurre con devozione e sacrificio.
LA LEGIO LINTEATA
Inizialmente l’esercito dei Sanniti era formato da gruppi di uomini guidati da un condottiero, ma le guerre sannitiche fecero sviluppare un'organizzazione migliore, molto simile a quella romana:
«...lo scudo sannitico oblungo (scutum) non faceva parte del nostro equipaggiamento nazionale [romano], né avevamo ancora i giavellotti (pilum), ma si combatteva con scudi rotondi e lance.... Ma quando ci siamo trovati in guerra con i Sanniti, ci siamo armati come loro con gli scudi oblunghi e i giavellotti e copiando le armi nemiche siamo diventati padroni di tutti quelli che avevano una così alta opinione di se stessi. »
(Ineditum Vaticanum)
Dal frammento in greco detto Ineditum Vaticanum, si desume che i Sanniti usassero sia il giavellotto (pilum) sia il lungo scudo rigato (scutum) e che i Romani appresero da essi l’uso di tali armi, anche se è più probabile che i Romani abbiano adottato la tattica manipolare e tali armi in contemporanea ai Sanniti, all’inizio del IV secolo.
Livio infatti scrisse di “legioni” sannite e precisò che l'esercito sannita era organizzato in coorti di 400 uomini, divisi in manipoli, e tra gli ufficiali avevano pure i tribuni militari. La cavalleria sannita era molto considerata e temuta.
I Sanniti avevano inoltre un gruppo scelto di guerrieri. Era la Legio Linteata, che Livio descrive come una specie di "legione sacra tebana", candida nelle vesti e nelle armi. Livio scrive pure che le armi della linteata fossero ricoperte d'oro e argento. Alcuni non lo credono perchè il costo sarebbe stato altissimo, ma non dimentichiamo che pure Cesare fece guarnire le armi dei suoi con oro e argento, pensando che dato l'alto costo i militari non avrebbero facilmente rinunciato alle loro armi.
Dopo una particolare cerimonia sacra, diventava una casta di guerrieri votata al sacrificio estremo pur di difendere il proprio popolo. Questa legione partecipò a tutte le Guerre sannitiche. La Legio Linteata rappresentava un corpo speciale dell’esercito Sannita formato da guerrieri che si erano dimostrati valorosi e capaci in battaglia che formavano una Devotio alle divinità protettrici sannite.
La Devotio la troviamo a Roma nel 340 a.c. quando il milite Publio Decio Mure si immola per salvare la patria. Ecco la formula della sua Devotio (non doveva essere molto diversa quella sannita):
« Oh Giano, Giove, Marte padre, Quirino, Bellona, Lari, Divi Novensili, Dei Indigeti, Dei che avete potestà su noi e i nemici, Dei Mani, vi prego, vi supplico, vi chiedo e mi riprometto la grazia che voi accordiate propizi al popolo romano dei Quiriti potenza e vittoria, e rechiate terrore, spavento e morte ai nemici del popolo romano dei Quiriti. Così come ho espressamente dichiarato, io immolo insieme con me agli Dei Mani e alla Terra, per la Repubblica del popolo romano dei Quiriti, per l'esercito per le legioni, per le milizie ausiliarie del popolo romano dei Quiriti, le legioni e le milizie ausiliarie dei nemici. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita)
The "Legio linteata"
Through a complex ritual, a selected group of Samnite soldiers swore an oath of loyalty to the so-called Linteate Legion, in which they consecrated their swords and their lives in battle. This oath took place under the cover of an enclosure draped with linen cloth, from which the name 'Linteate' derives. After this oath, the soldiers were consecrated as warriors devoted to the ultimate sacrifice in defense of their people.
L'iniziazione
L’iniziazione nella Legione avveniva anzitutto col giuramento di fedeltà alla Legione Linteata, quindi si consacravano, con l'opera dei sacerdoti, la propria spada e la propria vita alla battaglia. Questo giuramento avveniva sui candidi panni di lino che ricoprivano il recinto in cui era stata consacrata la nobiltà: da qui il nome "Linteata". Dopo questo giuramento i soldati venivano consacrati come guerrieri votati fino al sacrificio estremo per difendere il proprio popolo.
« Compiuto il sacrificio, il comandante faceva chiamare da un messo, i più nobili per famiglia e per imprese. Essi venivano introdotti ad uno ad uno. Oltre ad altri sacri apparati sacri, che infondevano nell'animo il timore religioso, vi erano al centro del recinto, coperto tutto intorno, are e vittime uccise, ed erano schierati dei centurioni con le spade sguainate.
Il giovane veniva condotto davanti agli altari più come una vittima che come un iniziato, ed egli giurava che non avrebbe rivelato ciò che vedeva o sentiva in quel luogo.
Lo costringevano a giurare secondo una formula fatta appositamente per invocare una maledizione su questi, sulla sua famiglia e stirpe, se si fosse rifiutato di combattere dove i suoi generali volevano, o se fosse scappato dal campo di battaglia, o avesse osservato un altro fuggire e non avesse fatto nulla per ucciderlo.
Alcuni che si erano rifiutati di giurare in quel modo, furono uccisi in modo barbaro davanti agli altari. I loro cadaveri abbandonati in mezzo alle altre vittime, erano di esempio agli altri perché non si rifiutassero di giurare. »
(Livio, Ab Urbe condita)
Livio narra che presso la città di Aquilonia, nel 293 a.c., si radunarono ben 60.000 uomini, tra cui furono scelti 16.000 guerrieri per questa legione, a cui si aggiunse una seconda "legione" di discreta qualità, formata da altri 20.000 uomini:
«..alla guerra questi s'erano preparati con lo stesso impegno e con gran dovizia di fulgide armi; e ricorsero anche all'aiuto degli dei, giacché i soldati erano stati iniziati alla milizia prestando il giuramento secondo un antico rito, e s'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge, in virtù della quale chi fra i giovani non fosse accorso alla chiamata dei comandanti, e chi si fosse allontanato senza il loro ordine, doveva essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di radunarsi ad Aquilonia. Vi si raccolsero circa 60.000 uomini, il fiore delle milizie ch'erano nel Sannio. »
(Livio, Ab Urbe condita)
Legio Linteata
La legio linteata è una legione speciale consacrata al dio Marte attraverso un rito cruento, conosciuto grazie allo scrittore latino Tito Livio, che nei suoi "Ab urbe condita" racconta dello speciale rituale che consacrò questi giovani soldati alla morte. Livio racconta che i più nobili e agguerriti furono chiamati all'interno di un recinto sacro, per l'occasione coperto da un telo di lino (linteum). Chi veniva fatto entrare doveva giurare di non rivelare a nessuno cosa accadesse nel recinto.
Sebbene Tito Livio tenda a enfatizzare a volte un po' troppo gli avvenimenti e a calcare la mano con effetti drammatici e patetici, attraverso le sue parole possiamo entrare in contatto con l'atmosfera tetra e carica di tensione che contraddistinse l'ultimo atto della Terza Guerra Sannitica, che segnò la definitiva sconfitta del Sannio. L'intero apparato della cerimonia era allestito in modo da suscitare negli animi terrore religioso. Contribuivano a questo effetto soprattutto gli altari al centro del recinto integralmente coperto, le vittime sgozzate intorno agli altari e i centurioni in cerchio con le spade in pugno. I convocati venivano fatti avvicinare agli altari più come vittime che come effettivi partecipanti al sacrificio e dovevano giurare di non rivelare quanto avevano visto o sentito. Mediante una formula intimidatoria, venivano costretti a giurare che sarebbero state maledette le loro persone, la famiglia e la stirpe qualora non fossero scesi in campo dove i comandanti li guidavano, se avessero abbandonato il campo di battaglia o se, vedendo qualcuno darsi alla fuga, non lo avessero ucciso immediatamente.
Le testimonianze storiche ed archeologiche reperite sui sanniti riportano uno spaccato interessante sulla cultura militare dei Sanniti, un popolo italico noto per la sua resistenza contro l'espansione romana e per la sua organizzazione sociale e guerriera. La frequente menzione della "Legio Linteata" e della cerimonia sacrale che la consacrava come casta di guerrieri votata al sacrificio estremo sottolinea l'importanza che i Sanniti attribuivano alla devozione religiosa e al senso del dovere militare. La descrizione di Tito Livio del rito sacrale che consacrava questi guerrieri riflette il legame indissolubile tra religione e guerra nel mondo antico. La "Legio Linteata" non era semplicemente un'unità militare, ma un gruppo scelto di combattenti che, attraverso un giuramento solenne, si impegnava a combattere fino alla morte per difendere la propria comunità. Questo giuramento sacro, che prevedeva punizioni divine per chi non rispettava il proprio dovere, dimostra come la dimensione religiosa fosse profondamente intrecciata con quella militare. Livio riporta anche l'aspetto della "devotio", un concetto romano ma che si addice molto anche ai Sanniti, indicando una forma di sacrificio personale in nome della comunità. Il giuramento dei Sanniti, simile a quello dei soldati romani, indica una società che poneva l'accento sul coraggio, l'onore e la fedeltà alla propria terra, valori che venivano sanciti attraverso rituali che coinvolgevano le forze divine.
Il reperimento di diversi reperti archeologici confermerebbero le narrazioni di Livio fornendo una certa continuità tra le fonti letterarie e le evidenze materiali. Questo punto è particolarmente significativo poiché, mentre le fonti scritte come gli "Annales" di Livio offrono una visione storica, i reperti archeologici forniscono una testimonianza tangibile che arricchisce la nostra comprensione di questi antichi rituali e delle pratiche belliche.
Queste testimonianza evidenziano come i Sanniti fossero non solo guerrieri valorosi, ma anche profondamente religiosi, legando strettamente il loro destino alle volontà divine. La "Legio Linteata" rappresenta l'ideale del guerriero-sacerdote, un concetto che riflette un'epoca in cui il confine tra vita militare e religiosa era sfumato, e in cui la guerra era considerata un'attività sacra, da condurre con devozione e sacrificio.
LA LEGIO LINTEATA
Inizialmente l’esercito dei Sanniti era formato da gruppi di uomini guidati da un condottiero, ma le guerre sannitiche fecero sviluppare un'organizzazione migliore, molto simile a quella romana:
«...lo scudo sannitico oblungo (scutum) non faceva parte del nostro equipaggiamento nazionale [romano], né avevamo ancora i giavellotti (pilum), ma si combatteva con scudi rotondi e lance.... Ma quando ci siamo trovati in guerra con i Sanniti, ci siamo armati come loro con gli scudi oblunghi e i giavellotti e copiando le armi nemiche siamo diventati padroni di tutti quelli che avevano una così alta opinione di se stessi. »
(Ineditum Vaticanum)
Dal frammento in greco detto Ineditum Vaticanum, si desume che i Sanniti usassero sia il giavellotto (pilum) sia il lungo scudo rigato (scutum) e che i Romani appresero da essi l’uso di tali armi, anche se è più probabile che i Romani abbiano adottato la tattica manipolare e tali armi in contemporanea ai Sanniti, all’inizio del IV secolo.
Livio infatti scrisse di “legioni” sannite e precisò che l'esercito sannita era organizzato in coorti di 400 uomini, divisi in manipoli, e tra gli ufficiali avevano pure i tribuni militari. La cavalleria sannita era molto considerata e temuta.
I Sanniti avevano inoltre un gruppo scelto di guerrieri. Era la Legio Linteata, che Livio descrive come una specie di "legione sacra tebana", candida nelle vesti e nelle armi. Livio scrive pure che le armi della linteata fossero ricoperte d'oro e argento. Alcuni non lo credono perchè il costo sarebbe stato altissimo, ma non dimentichiamo che pure Cesare fece guarnire le armi dei suoi con oro e argento, pensando che dato l'alto costo i militari non avrebbero facilmente rinunciato alle loro armi.
Dopo una particolare cerimonia sacra, diventava una casta di guerrieri votata al sacrificio estremo pur di difendere il proprio popolo. Questa legione partecipò a tutte le Guerre sannitiche. La Legio Linteata rappresentava un corpo speciale dell’esercito Sannita formato da guerrieri che si erano dimostrati valorosi e capaci in battaglia che formavano una Devotio alle divinità protettrici sannite.
La Devotio la troviamo a Roma nel 340 a.c. quando il milite Publio Decio Mure si immola per salvare la patria. Ecco la formula della sua Devotio (non doveva essere molto diversa quella sannita):
« Oh Giano, Giove, Marte padre, Quirino, Bellona, Lari, Divi Novensili, Dei Indigeti, Dei che avete potestà su noi e i nemici, Dei Mani, vi prego, vi supplico, vi chiedo e mi riprometto la grazia che voi accordiate propizi al popolo romano dei Quiriti potenza e vittoria, e rechiate terrore, spavento e morte ai nemici del popolo romano dei Quiriti. Così come ho espressamente dichiarato, io immolo insieme con me agli Dei Mani e alla Terra, per la Repubblica del popolo romano dei Quiriti, per l'esercito per le legioni, per le milizie ausiliarie del popolo romano dei Quiriti, le legioni e le milizie ausiliarie dei nemici. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita)
The "Legio linteata"
Through a complex ritual, a selected group of Samnite soldiers swore an oath of loyalty to the so-called Linteate Legion, in which they consecrated their swords and their lives in battle. This oath took place under the cover of an enclosure draped with linen cloth, from which the name 'Linteate' derives. After this oath, the soldiers were consecrated as warriors devoted to the ultimate sacrifice in defense of their people.
L'iniziazione
L’iniziazione nella Legione avveniva anzitutto col giuramento di fedeltà alla Legione Linteata, quindi si consacravano, con l'opera dei sacerdoti, la propria spada e la propria vita alla battaglia. Questo giuramento avveniva sui candidi panni di lino che ricoprivano il recinto in cui era stata consacrata la nobiltà: da qui il nome "Linteata". Dopo questo giuramento i soldati venivano consacrati come guerrieri votati fino al sacrificio estremo per difendere il proprio popolo.
« Compiuto il sacrificio, il comandante faceva chiamare da un messo, i più nobili per famiglia e per imprese. Essi venivano introdotti ad uno ad uno. Oltre ad altri sacri apparati sacri, che infondevano nell'animo il timore religioso, vi erano al centro del recinto, coperto tutto intorno, are e vittime uccise, ed erano schierati dei centurioni con le spade sguainate.
Il giovane veniva condotto davanti agli altari più come una vittima che come un iniziato, ed egli giurava che non avrebbe rivelato ciò che vedeva o sentiva in quel luogo.
Lo costringevano a giurare secondo una formula fatta appositamente per invocare una maledizione su questi, sulla sua famiglia e stirpe, se si fosse rifiutato di combattere dove i suoi generali volevano, o se fosse scappato dal campo di battaglia, o avesse osservato un altro fuggire e non avesse fatto nulla per ucciderlo.
Alcuni che si erano rifiutati di giurare in quel modo, furono uccisi in modo barbaro davanti agli altari. I loro cadaveri abbandonati in mezzo alle altre vittime, erano di esempio agli altri perché non si rifiutassero di giurare. »
(Livio, Ab Urbe condita)
Livio narra che presso la città di Aquilonia, nel 293 a.c., si radunarono ben 60.000 uomini, tra cui furono scelti 16.000 guerrieri per questa legione, a cui si aggiunse una seconda "legione" di discreta qualità, formata da altri 20.000 uomini:
«..alla guerra questi s'erano preparati con lo stesso impegno e con gran dovizia di fulgide armi; e ricorsero anche all'aiuto degli dei, giacché i soldati erano stati iniziati alla milizia prestando il giuramento secondo un antico rito, e s'era fatta una leva per tutto il Sannio con una nuova legge, in virtù della quale chi fra i giovani non fosse accorso alla chiamata dei comandanti, e chi si fosse allontanato senza il loro ordine, doveva essere consacrato alla vendetta di Giove. Poi tutto l'esercito ricevette l'ordine di radunarsi ad Aquilonia. Vi si raccolsero circa 60.000 uomini, il fiore delle milizie ch'erano nel Sannio. »
(Livio, Ab Urbe condita)