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La battaglia di Porta Collina

Roma sul punto di capitolare

Roma sul punto di capitolare definitivamente
Si dice che Annibale fu sul punto di distruggere Roma. In realtà non è così, perché, come osserva Giovanni Brizzi, massimo esperto mondiale su Annibale, Annibale non avrebbe distrutto Roma; l'avrebbe ridimensionata a una città del Lazio, ma non l'avrebbe rasa al suolo. Invece, nessuno si ricorda di Ponzio Telesino nella battaglia di Porta Collina, che invece voleva sterminare Roma e i Romani. In effetti nella battaglia di Porta Collina, i Sanniti furono sul punto di annientare Roma per sempre.
La massima espansione dell'impero romano sotto Traiano non si sarebbe mai potuta verificare se Roma non fosse stata salvata nella battaglia di Porta Collina.  Nel pieno del periodo della Repubblica Romana e nel bel mezzo della guerra civile tra gli Ottimati, cioè gli aristocratici, che hanno il loro leader in Lucio Cornelio Silla, e i cosiddetti Populares, ovvero i politici dalla parte del popolo, che avevano il loro leader in Gaio Mario. In questo momento Gaio Mario è già morto e sono sopravvissuti i cosiddetti Mariani, cioè coloro che abbracciavano la sua visione politica, radunati attorno a Gaio Mario il Giovane, il figlio di Gaio Mario. Quindi, siamo nel bel mezzo della guerra civile tra aristocratici e Populares, tra Ottimati e Populares.
Questa guerra civile non è solo una guerra tra aristocratici e popolari, ma anche una guerra tra Romani che hanno la piena cittadinanza e diritto di voto e gli alleati, i cosiddetti Socii Italici, che contribuivano con denaro, tributi e combattendo alla grandezza di Roma, ma si lamentavano del fatto che non erano adeguatamente rappresentati a livello elettorale. Volevano la cittadinanza romana, ma ancora non l'ottenevano. Quindi, c'è una guerra civile e contemporaneamente una guerra sociale.
I Populares sono ora guidati da due personaggi: Papirio Carbone e Gaio Mario il Giovane, che sarebbe il figlio adottivo di Gaio Mario. Le forze dei Populares sono posizionate a Roma, nella regione dell'Etruria, nella Gallia Cisalpina, ma anche nel Sannio e nella Lucania. Quindi i Populares hanno ancora il controllo di molte regioni italiche.
In questo momento Silla decide di muoversi lungo due direttrici al comando del suo generale Metello Pio e di Gneo Pompeo, il giovane pupillo di Silla. Alcuni soldati vanno verso nord per attaccare i nemici Populares in Gallia Cisalpina. Silla, invece, che si trova in Campania, percorre la via Latina e quindi attacca Roma da sud per cercare ovviamente di conquistare la capitale.
Metello Pio e Gneo Pompeo stanno andando verso nord, verso la Gallia Cisalpina, e vengono intercettati dalle forze popolari di Papirio Carbone, il quale però non ha la forza e la capacità di sconfiggerli definitivamente e si rinchiude nella città etrusca di Chiusi, dove viene assediato. Dall'altra parte succede qualcosa di simile: Silla sta marciando contro Roma e Gaio Mario il Giovane lo intercetta, ma non riesce a sconfiggerlo e si chiude nella città di Preneste, anche lui assediato.
Quindi, con questa disposizione e con questi movimenti di Silla e queste intercettazioni dei Populares, l'errore grave dei Populares è stato quello di rinchiudersi nelle città, di non essere in grado di sconfiggere in maniera determinante Silla e di dividere le forze. In questa situazione, mentre la guerra civile infuria e Silla è a un passo dalla vittoria contro gli avversari Populares... si verifica la battaglia di cui vi parliamo. Questa battaglia ruota tutta attorno a un leader chiamato Ponzio Telesino.
Ponzio Telesino nasce nella città di Telesia, quindi nel cuore del Sannio. È un sannita fierissimo delle sue origini e della sua terra. Alcune fonti ci dicono che, secondo la tradizione, Ponzio Telesino aveva tra i suoi antenati un altro importantissimo Ponzio, cioè Gaio Ponzio, che aveva sconfitto i Romani nella battaglia delle Forche Caudine ai tempi delle guerre sannitiche.
Ponzio Telesino, fiero sannita e alleato degli Italici, vede Silla come il suo peggior nemico, poiché rappresenta gli aristocratici e quella parte della società romana che non vuole riconoscere diritti agli Italici. Quindi è il più grande nemico di Silla e sarà il suo più grande avversario.
Ponzio Telesino recluta migliaia di uomini nel Sannio con straordinaria capacità e grande carisma, tutti uniti contro i dominatori romani. Assieme a lui ci sono anche altri leader, altri generali come Marco Lamponio, che in Lucania si muove per reclutare soldati, e Tiberio Buta, che si trovava a Capua e anche lui fa un rapido reclutamento di soldati contro i Romani. Questa coalizione guidata da Telesino arriva a contare 70.000 uomini in armi contro i Romani.
Questi 70.000 uomini, guidati da Ponzio Telesino, stanno compiendo un'azione molto importante contro l'esercito di Silla. Percorrere la cosiddetta via Latina, che congiungeva Roma a Capua, per raggiungere la città di Preneste. Perché nella città di Preneste, Gaio Mario il Giovane, figlio di Gaio Mario e leader dei Populares, era assediato dall'esercito di Silla. Telesino, innanzitutto, vuole liberare Gaio Mario dall'assedio di Preneste.
La sua azione è molto importante per la fazione dei Populares e per i suoi alleati Italici. Però, mano a mano che si avvicina a Preneste, l'esercito di Silla si rende conto dell'arrivo di questi rinforzi. Allora Silla, con grande velocità, stacca una parte dei suoi soldati che riescono a intercettare gli Italici sulla via per Preneste. Ci sono degli scontri, ma gli Italici sono nettamente superiori agli avversari. Ci sono anche tentativi dall'interno di Preneste di forzare il blocco per attaccarli alle spalle, ma finiscono con un nulla di fatto.
Quindi, si trova questa situazione con due aspetti: per quanto riguarda i Populares, la situazione si sta mettendo male perché, nonostante alcuni rinforzi, non riescono a sbloccare la situazione e a liberare Preneste e Gaio Mario il Giovane dall'assedio dei Sillani. Dall'altra parte, invece, le prospettive per Silla sono molto migliori. Uno dei suoi migliori generali, Gneo Pompeo, che si trovava nel nord Italia a combattere contro altri nemici, finalmente ha vinto e si sta avvicinando con i suoi soldati. Presto, quindi, per Silla arriveranno ulteriori rinforzi decisivi.
A questo punto, la situazione per Telesino si mette male. Sarà proprio Telesino a cambiare radicalmente la strategia. Telesino non è riuscito a forzare il blocco di Preneste e ad aiutare Gaio Mario il Giovane. Allora, utilizzando la sua forza e il suo carisma per convincere i suoi 70.000 Italici, dice: "Smettiamo di lottare per liberare Preneste perché la situazione ormai è bloccata. Facciamo un'altra cosa decisiva: marciamo contro Roma e radiamo Roma al suolo." Prende una decisione straordinariamente coraggiosa: marciamo contro Roma, sempre seguendo la via Latina, e distruggiamo totalmente la capitale, sterminiamo tutti i Romani.
Questa sua azione è favorita dal fatto che Roma aveva sostanzialmente quasi nessuna difesa, poiché in quel momento gli scontri si trovavano in altre parti d'Italia. Quindi Roma è indifesa di fronte a Telesino. Vediamo i movimenti di Telesino. Durante la notte, con una marcia forzata, Telesino avanza con grandissima velocità verso Roma, riuscendo a prendere di sorpresa tutti i generali. Alla fine, anche se ci sono le prime luci dell'alba, arriva in prossimità di Roma, percorrendo strade secondarie per destabilizzare gli avversari e non farsi rintracciare. Si mette a pochissima distanza da Porta Collina, una porta a nord-est di Roma, alla distanza di dieci stadi, cioè a meno di 2 km, e mette su un accampamento.
A questo punto, Telesino è a pochissima distanza da Roma, pronto a distruggerla e a sterminare i Romani con il suo esercito di Italici. Quando Silla viene a sapere che Telesino si trova fuori dalle mura di Roma, si trova ancora a Preneste e capisce la mossa di Telesino. La pericolosità per Roma è altissima, e Silla con il suo esercito si precipita per salvare la capitale. Effettua marce estenuanti con i suoi soldati, correndo verso Roma per fermare la furia di Ponzio Telesino. La situazione è assolutamente tragica: Roma sprofonda nel terrore, con Telesino e i suoi 70.000 soldati praticamente senza difese.
La primissima reazione di Roma è quella di mandare il generale Appio Claudio con alcuni cavalieri per combattere contro Telesino. Chiaramente, è una manovra che serve a prendere tempo. Appio Claudio, con qualche centinaio di cavalieri, si avvicina all'accampamento di Telesino, ma i soldati di Telesino escono dall'accampamento e con grande facilità annientano i cavalieri, uccidendo Appio Claudio. Quindi la situazione per Roma è sempre più grave: Appio Claudio è morto, Telesino si sta avvicinando, e sembra che sia tutto finito. L'unica speranza è l'arrivo dell'esercito di Silla.
Effettivamente, ora dopo ora, nonostante Roma sia sprofondata nel panico, ci sia terrore per le strade e tutti sappiano che la loro fine è vicina, finalmente arriva un barlume di speranza. Uno dei generali di Silla, Ottavio Balbo, arriva con 700 cavalieri. Ottavio Balbo entra a Roma e viene accolto come un segno di speranza di fronte alla prospettiva della morte e dello sterminio. Balbo cerca di calmare i Romani, dicendo che l'esercito di Silla sta arrivando. Poi esce da Roma con i suoi 700 cavalieri e ingaggia battaglia con le avanguardie dell'esercito di Telesino. Cominciano dei combattimenti presso Porta Collina, ma Balbo è in netta inferiorità numerica rispetto a Telesino.
Le ore passano e la paura è totale. Balbo è in inferiorità numerica, quindi è impossibile che vinca; sta solo cercando di tenere Telesino impegnato fino all'arrivo di Silla. Nel frattempo, i legionari di Silla corrono verso Roma per salvarla definitivamente. Finalmente, alle 12:00, l'esercito di Silla si presenta fuori da Roma.
A questo punto, Silla capisce subito che la situazione è disperata e manda i primi reparti, nonostante siano stanchissimi per la marcia, ad aiutare Balbo per tenere impegnato Telesino e guadagnare tempo. In una situazione di terrore assoluto e di incertezza totale, Silla tiene un consiglio di guerra. Alcuni generali, in particolare Dolabella e Manlio Torquato, vogliono far riposare i soldati prima dello scontro decisivo, ma Silla decide di intervenire subito, nonostante i soldati siano stanchi, perché Telesino è pericoloso e la situazione è delicatissima. Inoltre, i soldati vogliono salvare Roma dai nemici.
Alle 15:00, Silla dà ufficialmente battaglia contro Telesino. È una lotta all'ultimo sangue: o lui o l'avversario. Eccoci dunque alla battaglia di Porta Collina dell'80 a.C., la resa dei conti tra Silla e Telesino. In gioco c'è la sopravvivenza di Roma, perché se Telesino vince, Roma verrà sterminata. Non abbiamo indicazioni estremamente precise sugli uomini e sulla loro disposizione sul campo di battaglia, ma è molto probabile che la formazione fosse abbastanza classica, cioè con i legionari di fanteria al centro e le ali di cavalleria.
La lotta inizia. Le fonti antiche sottolineano la forza di Telesino, che cavalca di fronte alle fila dei suoi soldati urlando a pieni polmoni, facendosi vedere, e dice: "È arrivato il momento della libertà. Dobbiamo liberarci dal giogo dei Romani e restituire la libertà agli Italici." Faceva anche un paragone: "Questi Romani sono come lupi famelici che ci soffocano, e dobbiamo distruggere il bosco dove vivono questi lupi per riacquistare totalmente l'indipendenza dei popoli italici. Distruggiamo la selva dove vivono i lupi romani e ritroveremo la nostra libertà."
Le fonti antiche abbondano nel sottolineare la forza, il carisma, lo sprezzo del pericolo e la rabbia totale di Ponzio Telesino. Con un capo così carismatico, gli italici sanniti di Telesino si scontrano con l'esercito di Silla. È un momento di violenza assoluta, di sangue freddo, di lame, con la morte che si diffonde e i cadaveri che si accumulano. È uno scontro feroce, animale, brutale tra questi due eserciti.
Il problema principale è che il lato sinistro dell'esercito di Silla comincia subito a essere in difficoltà contro l'avversario. Anche Silla cerca di infervorare i suoi uomini. Anche lui cavalca vicino ai suoi soldati, cercando di evitare i giavellotti che i nemici gli lanciano, poiché lo riconoscono e cercano di colpirlo con le loro aste. Quindi, mentre Silla schiva i giavellotti per non essere ammazzato, sollecita i suoi uomini sia con le buone, dando loro forza e coraggio e dicendo addirittura che il dio Apollo li sta proteggendo, sia con le cattive, minacciando di ucciderli successivamente se non lotteranno adeguatamente e non rimarranno nelle loro posizioni. Silla svolge così un'attività di presenza importantissima.
Nonostante questo, la linea sinistra comincia a retrocedere in maniera drammatica. I primi reparti cominciano a fuggire di fronte al nemico. C'è un momento di dolore e di caos totale; l'esercito di Silla, almeno sul lato sinistro, sta per essere annientato. Oltre a ciò, si diffonde una notizia importante: la voce che Silla è stato ucciso durante il combattimento. Questo è psicologicamente devastante per l'esercito di Silla, poiché una notizia del genere può da sola provocare la sconfitta.
Allora Silla prende una decisione importante, molto cinica ma decisiva: ordina di chiudere le porte di Roma, impedendo ai reparti che stanno scappando di rifugiarsi in città, mettendoli così nella condizione di dover vincere o morire. Questa è una decisione cinica e spietata, ma sortisce l'effetto desiderato: i soldati, consapevoli di non avere più una via di fuga, cominciano a riorganizzarsi, riassestarsi e riprendere le loro posizioni. Il lato sinistro dell'esercito sillano comincia così a spingere nuovamente contro gli avversari sanniti, ed Silla riesce in questo modo a evitare il collasso di una parte fondamentale del suo contingente.
Nel frattempo, sul lato destro, la situazione è completamente diversa: Licinio Crasso, ottimo generale al comando di Silla, con i suoi uomini è riuscito a sfondare il lato destro del nemico, ottenendo una vittoria completa. Ha letteralmente massacrato gli avversari sul suo fronte, e i reparti sanniti sopravvissuti sono fuggiti e si sono rifugiati presso la città di Antemnae. Quindi, sul lato destro, Crasso ha stravinto e manda subito dei messaggeri a Silla con la notizia della vittoria.
La notizia della vittoria di Crasso galvanizza i soldati di Silla, che finalmente, anche sul lato sinistro, sfondano gli avversari e ottengono la vittoria. In questo modo, Silla ha non solo salvato Roma, ma ha anche vinto contro i sanniti e ha trionfato nella guerra civile, diventando il nuovo signore della città. La battaglia di Porta Collina si conclude quindi con la vittoria di Silla.
Il giorno dopo, Silla si trova al comando di Roma. I reparti mariani vengono progressivamente sconfitti e si arrendono. Silla decide di radunarsi con la sua guardia del corpo presso il Campo Marzio, in particolare nel tempio di Bellona, dea della guerra, per parlare ai senatori. Mentre Silla sta parlando ai senatori, che sono comunque terrorizzati poiché ormai ha preso il comando di tutto, si sentono delle urla raccapriccianti provenire dal vicino Circo Flaminio. Si tratta di un numero cospicuo di prigionieri sanniti - le fonti variano da 3.000 a 8.000 - che, in uno spazio ristretto, vengono massacrati dai soldati di Silla come punizione e vendetta. Addirittura, Plutarco utilizza la parola "scannati" per descrivere il massacro, e le urla dei prigionieri risuonano nello spazio ristretto dove avviene questa assoluta strage.
E i senatori, sbarrando gli occhi sentendo le urla di questi prigionieri, a un certo punto guardano Silla. Secondo Plutarco, Silla appare impassibile, calmo e imperturbabile - queste sono le parole scelte da Plutarco. Con un volto calmo e imperturbabile, dice di non preoccuparsi troppo: si tratta solamente di alcuni criminali che venivano puniti dietro suo ordine. Questa è una vendetta spietata e dura di Silla nei confronti dei Sanniti che effettivamente lo avevano quasi ucciso.
In questi momenti cade anche Ponzio Telesino. Subito dopo la battaglia, Ponzio Telesino era stato ritrovato morente sul campo, ma in questa occasione viene decapitato e la sua testa mostrata attorno alle mura di Preneste, dove c'era ancora l'assedio di cui vi avevo accennato. Assieme a Ponzio Telesino cadono anche i suoi generali, che vengono giustiziati con la pena capitale. La battaglia di Porta Collina è quindi una battaglia fatta di violenza, cruenta, tra aristocratici e popolari, e tra Romani e Italici. Tuttavia, è anche una battaglia che ha salvato per sempre l'esistenza stessa di Roma, poiché Ponzio Telesino aveva l'obiettivo dello sterminio totale della città.