Ita Eng Spa Fra Ger

CHI ERANO I SANNITI

Chi erano i sanniti

CHI ERANO I SANNITI
Chi volesse approfondire tutta la storia dei Sanniti nei minimi dettagli, consigliamo due testi. Uno è "Il Sannio e i sanniti" di Salmon, un testo ottimo, forse un po' datato relativamente a certe specifiche, ma una pietra miliare: non si può trattare del Sannio e dei Sanniti senza aver letto Salmon. Oltre a questo, un altro testo è "I sanniti" del professor Gianluca Tagliamonte, un archeologo italiano di eccellenza ed esperto di storia militare.
Sull'origine dei Sanniti ci sono diverse tradizioni. Strabone riporta una versione secondo cui sarebbero discendenti di antichi coloni spartani e un'altra, secondo cui i Sanniti sarebbero il frutto di una migrazione dei Sabini. Qui si ritorna a descrivere l'istituto migratorio del ver sacrum o primavera sacra,  A seguito di un evento particolarmente fausto (la vittoria di una lunga guerra contro gli Umbri) e di un evento infausto (una carestia), i Sabini decisero di consacrare al dio della guerra (Ares per i Greci, Marte per i Latini, e Mamerte per le popolazioni Osco-Umbre) un'intera classe di giovani. Questi, una volta raggiunta la maggiore età, venivano allontanati dalla comunità.
Secondo il mito che gravita intorno all'istituzione del ver sacrum, i giovani allontanati erano condotti nella loro migrazione da un animale totemico. In un'altra migrazione dei Sabini, quella che avrebbe portato alla nascita dei Piceni, l'animale totemico era stato il picchio. In questo caso, invece, a condurre i giovani migranti era un toro, che secondo Strabone li portò fino alla terra degli Opici. Qui, i giovani avrebbero conquistato i villaggi degli Opici e posto le basi per una nuova comunità, dandosi il nome di Sabelli, che secondo Strabone è un diminutivo di Sabini, utilizzato per ricordare l'origine di questo nuovo popolo.
Un altro nome con cui questa nuova comunità era conosciuta, secondo Strabone, è quello di Sannitari, che secondo un altro autore, Festo, trae origine dal saunion, un caratteristico giavellotto del quale non viene specificata la struttura, ma che sarebbe stata la loro arma caratteristica. Secondo Ecateo di Mileto e Antioco di Siracusa, gli Opici citati da Strabone sarebbero da riconoscere nel popolo degli Ausoni. D'altro canto, Strabone mostra di fare differenza tra queste due popolazioni, anche se sottolinea che vivevano a stretto contatto nell'area del Golfo di Napoli. Per Cassio Dione e Servio, Ausoni sembra essere semplicemente un sinonimo di un altro popolo, quello degli Aurunci. Probabilmente siamo di fronte a diverse popolazioni imparentate tra loro, tutte appartenenti al ceppo linguistico latino-falisco, che abitavano nell'Italia centro-meridionale prima dell'arrivo degli Umbri, e sulle quali gli Osco-Umbri si sovrapposero, imponendo la propria cultura e lingua, ma in alcuni casi adottando il loro nome.
Ad esempio, il termine Opici sembra sopravvivere nella forma Sabellica, utilizzata sia per indicare i Sanniti, sia per indicare in generale tutte le popolazioni sabelliche dell'Italia meridionale, come i Bruzi o i Lucani. Aurunci e Ausoni sono termini che vengono utilizzati per indicare due realtà del IV secolo a.C., strettamente imparentate tra loro e fortemente connotate da un elemento sabellico, stanziate lungo il confine tra Lazio e Campania. Esattamente come nel caso degli Umbri, vediamo una popolazione sabellica sovrapporsi a un elemento preesistente, imporre la propria lingua, ma acquisirne il nome.
Che a intervalli regolari e a ondate successive si spingono nell'Italia meridionale, sovrapponendosi ai popoli preesistenti, imponendo la propria cultura e lingua, ma in alcuni casi adottando il nome degli indigeni e facendolo proprio. Il mito del ver sacrum (la primavera sacra), la migrazione che avrebbe portato alla nascita del popolo dei Sanniti, è un elemento che, come molti altri analoghi, gravita intorno al folclore relativo agli Osco-Umbri, probabilmente contenendo al suo interno più di un granello di realtà. La parentela tra i Sanniti e i Sabini sarebbe confermata sia dal nome di Sabelli sia dal termine safimum riportato su un'epigrafe osca ritrovata a Pietrabbondante, che indicava il territorio del Sannio. Entrambi i termini conservano al loro interno la particella sabellica Sab-Saf, che sovrintendeva al concetto di consanguineità e di appartenenza al medesimo gruppo etnico. Questa particella si ritrova anche nel nome dei Sabini. Il nome Sanniti è evidentemente legato al termine safim, mentre tutta la paraetimologia riportata da Festo, che lo vorrebbe derivato dall'uso di un misterioso giavellotto chiamato sauniom, è chiaramente un'invenzione, anche se pure in questo caso il punto di partenza è probabilmente reale e si trova nella tanto decantata abilità delle popolazioni sabelliche nell'uso dei giavellotti e delle armi da getto, come riportato da diversi autori classici, tra i quali Silio Italico.
Il fatto che la migrazione venga fatta coincidere con la conclusione di un conflitto tra Sabini e Umbri, nel quale i Sabini erano a loro volta una gemmazione, si incastra perfettamente con tutto il sistema delle etnogenesi delle popolazioni sabelliche, portato avanti probabilmente da piccole bande guerriere. La realtà storica dietro ai gruppi di giovani delle primavere sacre, che si distaccavano dalla comunità di origine creando delle scissioni più o meno civiche, è ben documentata. Ricordiamo, d'altra parte, come Catone scriva che il verbo natinare (litigare, essere litigiosi) fosse in origine un prestito dalle lingue osche, sottolineando così come l'elevata litigiosità delle popolazioni sabelliche e la loro turbolenza fossero elementi ben noti già nell'antichità.
Il mito del ver sacrum, come riportato da Festo, entra molto nel dettaglio e racconta di come i 7000 giovani che si distaccano dai Sabini partano sotto la guida di un condottiero di nome Comio Castronio dalle sponde del Lago di Fucino, quindi in quella che oggi è la zona del Reatino. Gli autori classici non erano concordi se attribuire questa area originariamente alla sfera di influenza dei Sabini o a quella degli Umbri, complicando ulteriormente il quadro. A complicare ancora di più la questione, il termine Sabelli veniva usato dai Romani a volte per indicare i Sanniti, altre volte per indicare i Sabini. Tant'è che vi sono diversi storici contemporanei secondo i quali, in certi momenti storici, i Romani non distinguevano in maniera netta tra l'elemento sabino e quello sannita.
Tutta la questione è evidentemente immensamente complessa. Per cercare di renderla il più possibile comprensibile, possiamo provare ad analizzare tutto il fenomeno delle etnogenesi delle popolazioni osco-umbre da due diverse angolazioni che poi andranno fuse tra loro. Abbiamo visto come diverse popolazioni osco-umbre siano nate dalla sovrapposizione dell'elemento osco-umbro a popoli preesistenti. Ad esempio, i Piceni sono nati dalla fusione degli Umbri con i Liburni, e gli Umbri stessi sono nati dalla sovrapposizione dell'elemento osco-umbro a una realtà precedente, forse pre-indoeuropea. In generale, i diversi popoli osco-umbri sono nati dalla sovrapposizione dell'elemento osco-umbro a popoli latino-falisci. È evidente che le diverse mescolanze abbiano caratterizzato in maniera diversa i popoli che ne erano il prodotto.
Consideriamo poi un altro punto di vista, quello politico.
Le varie federazioni, leghe e ambizioni delle popolazioni sabelliche si formavano attraverso la fusione o, meglio, la federazione delle diverse popolazioni. Bisogna anche considerare le scissioni che queste popolazioni a volte subivano, che evidentemente cambiavano a seconda del contesto storico. Sappiamo che alle quattro nazioni canoniche della Lega sannitica, ovvero i Pentri, i Caraceni, i Caudini e gli Irpini, si aggiunsero a un certo punto anche i Frentani. Per Strabone, vediamo che addirittura i Campani, i Lucani e i Bruzi sono considerati Sanniti. Completamente all'opposto, in Tolomeo, i Caraceni vengono presentati come una realtà diversa da quella dei Sanniti, e per altri autori classici, ad esempio, gli Irpini sono un popolo presentato separatamente rispetto al resto dell'enclave sannitica, poiché hanno un proprio mito fondativo e un proprio animale totemico, il lupo, che è diverso dal toro, e sembrano più legati ai Lucani che ai Sanniti propriamente detti.
Di fatto, ci troviamo di fronte a una realtà immensamente fluida, caratterizzata da una parte dalle diverse mescolanze tra l'elemento osco-umbro e altre popolazioni preesistenti dell'Italia, e dall'altra dal frazionamento o dalla federazione delle diverse popolazioni sabelliche o osco-umbre, che vanno a costituire delle realtà politiche notevoli. Il mito riportato da Strabone parla dell'arrivo del nucleo originario dei Sanniti in un territorio vagamente indicato come "terre degli Opici," che potrebbe corrispondere alla Campania o a tutta l'Italia meridionale. Possiamo provare a circoscrivere in maniera più dettagliata i confini del Sannio, che erano probabilmente delimitati a nord dal fiume Sangro, a sud dal corso dell'Ofanto, a est dal Tavoliere delle Puglie e a ovest dalla pianura campana. Di fatto, il Sannio era costituito dalla moderna regione del Molise, parte dell'Abruzzo (precisamente l'Abruzzo meridionale), parte della Campania (la Campania orientale) e parte dell'alta Puglia.
L'ingresso a pieno titolo dei Sanniti nella storia avviene nel 354 a.C., quando siglarono un trattato con i Romani. Tito Livio e Diodoro Siculo non entrano nei dettagli delle clausole di questo trattato, ma evidentemente doveva essere un documento siglato tra eguali, con lo scopo principale di evitare il degenerare dei rapporti tra due realtà che stavano contemporaneamente penetrando nella valle dell'Iri partendo da due fronti contrapposti. Va detto che anche la forte ostilità che entrambe le parti nutrivano nei confronti di Siracusa deve aver giocato un ruolo importante nella stipula del trattato, soprattutto considerando gli attacchi costanti che Roma stava subendo dai mercenari gallici al soldo di Siracusa, che partivano per le loro scorrerie da centri in Campania e in Apulia. Di conseguenza, la ricerca da parte di Roma di un alleato forte in Italia centro-meridionale era qualcosa di abbastanza naturale.
Purtroppo, con il progressivo declino della potenza di Siracusa, i rapporti tra Sanniti e Romani cominciarono a deteriorarsi rapidamente, portando allo scoppio di una serie di conflitti che influiranno per tutta la seconda metà del quarto secolo a.C. e per la prima decade del terzo. Alla conclusione di questi conflitti, evidentemente il vincitore sarebbe diventato il principale polo accentratore dell'Italia centro-meridionale. Va detto però che non possiamo dire con certezza se alla base delle guerre sannitiche ci fosse una strategia politica di ampio respiro da parte di entrambi i contendenti. Certi storiografi romani sembrano volerlo suggerire, ma dobbiamo ricordare che si tratta di persone che scrivono molto tempo dopo rispetto ai fatti che descrivono e che hanno una visione fortemente viziata dei Sanniti e condizionata dagli eventi successivi della guerra sociale. Inizialmente, di fatto, la spinta dei Sanniti sembra molto semplice e lineare: quella di uscire dal Sannio.
Una realtà petrosa e avara di risorse spingeva i Sanniti verso la fertile pianura campana e le sue ricche città costiere. Allo stesso tempo, la spinta dei Romani era altrettanto semplice e lineare: esercitare una qualche forma di controllo sul mondo della Magna Grecia. Con il progressivo sviluppo dei conflitti, le azioni militari di entrambe le parti cominciarono a essere sempre più dirette a contenere, se non addirittura ad annientare, l'avversario. Vedremo i Romani fondare strategicamente colonie per contenere e soffocare la realtà sannita, stipulando alleanze con popoli confinanti con i Sanniti. Dal canto loro, i Sanniti iniziarono a stipulare trattati con popoli sabellici sempre più al di fuori della loro sfera di influenza tradizionale, spingendosi sempre più a nord, arrivando addirittura a farsi promotori di una lega con Etruschi e Galli Senoni.
La fine delle guerre sannitiche vide una vittoria schiacciante dei Romani e il loro predominio sull'Italia centro-meridionale. Tuttavia, questo portò con sé anche un seme velenoso: un'incompatibilità totale e un'ostilità cocente tra i due contendenti. Infatti, i Sanniti alternarono momenti di sudditanza, non vissuti particolarmente bene, a periodi di aperta ribellione nei confronti dei Romani. Accorsero tutti sotto lo stendardo di Pirro, e con l'unica eccezione dei Pentri, i Sanniti appoggiarono anche Annibale quando calò in Italia. All'inizio del primo secolo a.C., con lo scoppio della guerra sociale, i vari soci italici si rivoltarono contro i Romani per ottenere la cittadinanza. I Sanniti, insieme ai Piceni e ai Marsi, divennero i leader naturali di questa rivolta. Sotto certi punti di vista, sembra che la loro spinta fosse più quella di creare un modello antitetico e contrapposto a quello romano, piuttosto che ottenere un riconoscimento totale.
Durante la guerra civile tra Mario e Silla, i Sanniti si schierarono con Mario. Silla sfruttò questo elemento per presentarsi come difensore della romanità, portando avanti un atteggiamento tremendo nei confronti dei prigionieri sanniti, che vennero sistematicamente massacrati dalle sue truppe. Romani e Sanniti sembravano dunque divisi da un'ostilità reciproca invalicabile e indissolubile, come traspare dalle tremende purghe portate avanti da Silla contro i Sanniti dopo la sua vittoria su Gaio Mario. Tuttavia, è interessante notare come dall'interazione di queste due culture entrambe siano evolute e cresciute durante i secoli.
Alla vigilia del loro primo contatto con il mondo romano, la cultura sannitica era socialmente molto acerba. Il "pagus," un distretto territoriale, era il primo tassello della loro struttura protostatale. Dalla federazione di più pagi nasceva il "touto," l'effettivo protostato dei Sanniti, gestito e governato dal "meddix tuticus," un magistrato eletto il cui nome deriva dalla parola osca "medos," che significa legge, diritto. I vari "touto" così costituiti erano poi federati tra loro, costituendo la Lega sannitica. Inizialmente, questa aveva l'aspetto di una "simmachia," una realtà prettamente militare con legami abbastanza deboli, che si rinsaldavano solo in presenza di obiettivi comuni. Secondo alcuni storici, addirittura la magistratura del "meddix tuticus" non era costante, ma veniva eletta solo in occasioni particolari, situazioni di crisi o obiettivi condivisi dalle diverse nazioni della Lega.
Non sapremo mai quanto la contrapposizione con i Romani abbia contribuito all'evoluzione e alla stratificazione della cultura e della società sannitica. Tuttavia, è innegabile che la necessità di creare un corpo solido da contrapporre a un nemico potente abbia potuto giocare un ruolo preponderante. Ad esempio, sappiamo che il santuario di Pietrabbondante nel territorio dei Pentri era il centro culturale della Lega sannitica.
Che quindi, da questo punto di vista, andrebbe considerata più che una simmachia, un'ambizione che vede il suo fiorire principalmente dalla seconda metà del IV secolo a.C., esattamente in contemporanea con lo scoppio delle guerre sannitiche. Gli elementi monumentali principali di detto santuario vengono edificati tra la fine del II e i primi del I secolo a.C., in quel clima propedeutico allo scoppio della guerra sociale. Di fatto, quando guardiamo i Sanniti, dobbiamo considerare che erano un popolo composto sostanzialmente da montanari che scendevano dalle alture in pianura alla ricerca di nuovi pascoli e terre fertili. Un popolo che inizialmente si espandeva i suoi orizzonti culturali ma non politici per mezzo della primavera sacra, creando nuove comunità indipendenti dalla casa madre.
A un certo punto del conflitto con Roma, cominciano evidentemente a coltivare mire egemoniche, espandendo la propria sfera di influenza e coltivando alleanze al di fuori del proprio ambito solito. Arrivano per un breve lasso di tempo a gestire e coordinare una grande lega che contrappone a Roma non solo altre popolazioni sabelliche, ma anche gli Etruschi e addirittura i Galli Senoni. Non sapremo mai quanto la cultura sannitica fosse formata al momento del primo contatto con Roma, e sarebbe sciocco pensare che la Lega Sannitica si sia costituita solo per contrapporsi ai Romani. Tuttavia, alcuni suoi elementi e prerogative sicuramente si sono affinate proprio in funzione anti-romana.
Questo è ancora più evidente durante la guerra sociale, quando vediamo i soci italici sollevarsi nel I secolo a.C. contro Roma, richiedendo a gran voce il riconoscimento della cittadinanza. Leggendo Diodoro Siculo, scopriamo che gli insorti costituirono la città di Corfinum come loro capitale, battezzata con il nome di Italia, in contrapposizione a Roma, secondo Strabone. In questa nuova capitale degli insorti viene istituito un Senato federale con rappresentanti di tutti i popoli italici partecipanti alla sedizione. Inoltre, viene deciso che la nuova lega sarà gestita da due consoli eletti annualmente; i primi due consoli eletti sono uno dei Marsi e uno dei Sanniti.
Non è difficile immaginare che, mentre una parte degli italici insorti desiderava solo il riconoscimento dei privilegi della cittadinanza romana, un'altra parte, con i Sanniti in testa, sognasse una realtà federale sabellica antitetica a Roma. Tuttavia, almeno dal punto di vista delle istituzioni, come i due consoli, si nota un'influenza romana. Possiamo considerare che anche i Romani abbiano beneficiato del conflitto prolungato con i Sanniti. Sebbene ci siano fonti che suggeriscono che i Romani abbiano acquisito lo scutum e il pilum dai Sanniti, in realtà sappiamo che conoscevano lo scutum molto prima di confrontarsi con i Sanniti e che i primi esempi di pilum sono etruschi.
Probabilmente i Romani impararono a combattere in maniera più fluida, ispirandosi all'ordinamento manipolare proprio nei teatri di operazione contro gli agili montanari sanniti sulle alture del Molise e dell'Abruzzo. Inoltre, le operazioni strategiche dei Romani durante la terza e la seconda guerra sannitica li portarono sempre di più verso il Sud Italia. Sebbene vi fosse già un seme tra i Romani che li spingeva a sognare un'egemonia su tutta l'Italia centro-meridionale, inizialmente il loro obiettivo era semplicemente opprimere i temuti avversari.

Il popolo sannita era costituito da varie tribù (clan) di cui quattro più importanti, stanziate in aree diverse:
  • Pentri che occupavano l’area centro-settentrionale del Sannio, con capitale Bovianum (oggi Bojano); formavano la gloriosa Legio Linteata un gruppo scelto di guerrieri, votati con una cerimonia sacra, che li destinava al sacrificio estremo in battaglia per il proprio popolo. 
  • Carricini (o Caraceni) occupavano la zona più settentrionale; si dividevano in Carricini supernates e Carricini internates, città principali: Cluviae (presso Casoli) e Juvanum (i resti e fra Torricella Peligna e Montenerodomo);
  • Caudini, occupavano la zona sud-ovest, di forte influenza ellenica, con capitale Caudium, dove avvenne la cocente sconfitta delle Forche Caudine) (presso Montesarchio);
  • gli Irpini che occupavano la zona meridionale; con capitale Maleventum, città di fondazione osca, il cui nome in lingua osca era Maloenton, il cui nome venne poi trasformato dai romani in Benevento.
Più tardi vi si unirono i Frentani, posti sulla costa adriatica a nord del Gargano e presso i monti Frentani, con capitale Larinum (Larino).
L'insieme di tribù riunite nella Lega sannitica, estesero nel corso del V - IV sec. a.c. la propria area di influenza, fino ad arrivare a comprendere i loro vicini meridionali, gli Osci, ai quali erano linguisticamente molto affini.
I Sanniti procedevano così: una volta penetrati in territorio straniero, si impadronivano degli sbocchi o sul mare o nelle vallate, da cui attaccavano e razziavano le zone e le città sottostanti, pronti a rifugiarsi, in caso di pericolo, sui monti dell’interno.
Sui monti impervii, già difficili da risalire, infatti edificavano delle città-fortezze, con mura alte più di tre metri e spesse più di un metro, tutte in opera poligonale, che raggiungevano i sei o sette km. di lunghezza. L'area all'interno era adibita al ricovero delle genti, delle merci e degli armenti, nonchè delle armi di cui erano abili fabbricanti, si che avevano la possibilità di chiudere le porte e difendersi a lungo.


WHO WERE THE SAMNITES
For those who want to delve into the entire history of the Samnites in detail, we recommend two books. One is "The Samnium and the Samnites" by Salmon, an excellent text—perhaps a bit outdated in certain specifics—but a cornerstone: one cannot discuss Samnium and the Samnites without having read Salmon. Additionally, another valuable work is "The Samnites" by Professor Gianluca Tagliamonte, an outstanding Italian archaeologist and expert in military history.

There are various traditions regarding the origin of the Samnites. Strabo reports one version in which they are said to be descendants of ancient Spartan colonists, and another in which the Samnites are the result of a migration by the Sabines. Here, the institution of the migratory ver sacrum, or sacred spring, is described once again. Following both a particularly favorable event (the victory of a long war against the Umbrians) and an unfavorable event (a famine), the Sabines decided to consecrate an entire class of young people to the god of war (Ares for the Greeks, Mars for the Latins, and Mamerte for the Osco-Umbrian peoples). Once they reached adulthood, these youths were expelled from the community.

According to the myth surrounding the institution of the ver sacrum, the exiled youths were led on their migration by a totemic animal. In another Sabine migration, which led to the founding of the Piceni, the totemic animal was a woodpecker. In this case, however, the young migrants were led by a bull, which, according to Strabo, guided them to the land of the Opici. Here, the youths are said to have conquered the Opici villages and laid the foundations for a new community, naming themselves Sabelli, which Strabo claims is a diminutive of Sabini, used to recall the origin of this new people.

Another name by which this new community was known, according to Strabo, is Sannitari, which, according to another author, Festus, derives from saunion, a distinctive javelin whose structure is not described but was supposedly their characteristic weapon. According to Hecataeus of Miletus and Antiochus of Syracuse, the Opici mentioned by Strabo are to be identified with the Ausones. On the other hand, Strabo distinguishes between these two populations, though he notes that they lived in close proximity in the area of the Gulf of Naples. For Cassius Dio and Servius, Ausones appears to be simply a synonym for another people, the Aurunci. We are likely dealing with various interrelated populations, all belonging to the Latino-Faliscan linguistic group, who lived in central and southern Italy before the arrival of the Umbrians. The Osco-Umbrians then imposed their culture and language upon these peoples, although in some cases, they adopted their names.

For example, the term Opici seems to survive in the form Sabellic, used both to refer to the Samnites and to broadly designate all the Sabellic peoples of southern Italy, such as the Bruttians and Lucanians. Aurunci and Ausones are terms used to refer to two entities of the 4th century BC, closely related and strongly characterized by a Sabellic element, settled along the border between Lazio and Campania. Just as with the Umbrians, we see a Sabellic population overlapping a pre-existing element, imposing their language but adopting their name.