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Cronaca di Campobasso

Nascita e sviluppo di Campobasso
Campobasso esisteva in un certo senso già nell'epoca italica sannitica. Era un piccolo agglomerato fortificato che sorgeva sopra il Monte Castello, di cui esistono ancora ruderi di una torre di controllo Torre Janularum. Nell'epoca longobarda-franca, Campobasso non era sviluppata come una città vera e propria, ma aveva dei terreni presso la piana del fiume Biferno, e veniva citata nei documenti come Plana Campi Bassi, gli storici hanno supposto che i cittadini si erano stabiliti in poche case ai piedi del monte della torre sannitica, e che i confini amministrativi dell'abitato furono ridisegnati varie volte per distruzioni portare dai saraceni nel IX secolo, e per terremoti.
Infatti presso la chiesa di San Bartolomeo, a Torre Terzani, i confini delle mura sono stati rifatti ben tre volte (IX-XIII secolo). La conta muraria dell'abitato sannita doveva estendersi per tutto il monte del castello, sino alla chiesa di San Giorgio, usata come cappella del cimitero. La seconda cinta muraria più estesa inglobava le chiese di San Bartolomeo e San Mercurio (oggi sconsacrata).
Nell'epoca Normanna, quando si procedette a dare di nuovo importanza al traffico delle merci e delle pecore lungo i tratturi abruzzesi e molisani verso la Puglia, Campobasso che era una stazione di passaggio, tornò a prosperare. Nell'XI secolo Campobasso divenne la sede del conte Ugo I de Molisio, signore di Bojano, che fece ricostruire il castello, in una pergamena del 1099 è attesta al'esistenza di un abitato, con la chiesa di San Giorgio.

Campobasso nel XII-XIV secolo
La città nel 1100 è nominata nei documenti come "civitas", segno che era un abitato vero e proprio con mura e castello, sede di importanti fiere. Con l'arrivo degli svevi, l'abitato si sviluppò verso est, nell'attuale quartiere San Paolo, dunque estendendosi a ventaglio dalla cima del monte Castello, avendo come limiti estremi porta San Paolo, e porta Sant'Antonio. Con l'arrivo degli Angioini nel Regno di Napoli, Campobasso viene assegnata in feudo all'importante famiglia dei Monforte, che eresse presso il piano della Fiera la chiesa di San Leonardo, divenuto ormai il nuovo centro pulsante della città.
Nel 1450 Campobasso passa al Conte Nicola II Monforte, che fu in buoni rapporti con l'aragonese Alfonso I di Napoli, benché si ribellò al figlio Ferrante d'Aragona. Nel 1456 Cola II fu protagonista di un evento catastrofico che sconvolse Campobasso, il terremoto del Sannio, che distrusse la città e molti centri d'Abruzzo, Molise e Campania. Cola si riadoperò per la ricostruzione della città, demolendo quanto restava del vecchio castello e delle mura, ricostruendo una nuova e vasta cinta che abbracciasse tutto l'abitato che nel frattempo si era sviluppato intorno alla piazza San Leonardo, eresse il nuovo castello in cima al monte con la cappella palatina di Santa Maria del Monte, stando attendo alle nuove tecniche di architettura militare, come i torrioni a scarpa a pianta cilindrica, che ancora oggi cingolo il maniero.
Anche le mura, interrotte da torri di guardia con delle porte, ancora oggi dimostrano l'efficienza di questo piano di ricostruzione, malgrado le sovrapposizioni di abitazioni dei secoli a venire, e le demolizioni ottocentesche. Data la ribellione di Nicola Monforte a Ferrante, nel 1463 il sovrano di Napoli bruciò i feudi campani dei Monforte, come Pontelandolfo, sicché il conte fu costretto ad abbandonare Campobasso.
Il terremoto del 1805
Fu il terremoto più disastroso che la storia del Molise ricordi, verificatosi la notte del 26 luglio, per questo detto anche di "Sant'Agata". Verificatosi con epicentro nel massiccio del Matese, tra Bojano e Benevento, la magnitudo della scossa fu di circa 6,6° della scala Richter; il patriota Gabriele Pepe nel suo "ragguaglio" precisò che Campobasso subì danni ingentissimi tanto da dover essere ricostruita quasi daccapo, più a valle, presso la piana dei Celestini, con un innovativo programma edificatorio alla francese, dato che vigeva il governo di Gioacchino Murat. Il disastro comportò oltre 5000 morti e oltre 1000 feriti: i centri di Bojano, Campobasso andarono distrutti, insieme a Campochiaro, Castelpetroso, San Polo Matese, Bonefro, Baranello. Non solo la provincia di Campobasso venne irrimediabilmente compromessa con danni ingenti, ma l'entità della scossa arrivò anche a Isernia e Agnone, sicché edifici come la Cattedrale ad esempio dovettero essere ricostruita. Oltre al gran numero di vite umane mietute, anche una parte del volto artistico del Molise, medievale, barocco e rinascimentale, fu completamente cancellato con la successiva ricostruzione.
La rinascita di Campobasso
Nel periodo francese napoleonico, è indubbio notare come la presenza di Gioacchino Murat a Napoli sia stata fondamentale per la ricostruzione dei centri molisani devastati dal terremoto del 1805, in particolar modo Campobasso.
Nel 1807 con regio decreto Campobasso fu riconosciuta ufficialmente capoluogo della "Provincia Molisana" del Regno; con questa istituzione ci furono maggiori fondi per la ricostruzione. Tra il 1807 e il 1814 fu smantellata la vecchia cerchia muraria medievale, in particolare furono aperti ingressi a piazza San Leonardo, a porta Sant'Antonio, a porta Mancina. Inoltre fu progettata, caso unico nel Molise, una città nuova al di sotto della sede della collegiata della Santissima Trinità, presso l'area campestre di proprietà dei Padri Celestini, che avevano il loro monastero presso il nuovo palazzo municipale, ossia il Palazzo San Giorgio in piazza Vittorio Emanuele, che fu ampiamente ristrutturato alla fine del XIX secolo.
Berardino Musenga fu incaricato di redigere il progetto della nuova città ad assi ortogonali, il centro sarebbe stato piazza Vittorio Emanuele (prima piazza San Giorgio), corso Vittorio Emanuele, corso Garibaldi, corso Mazzini, piazza Guglielmo Pepe, viale Marconi, via Sant'Antonio, via degli Orefici, via San Paolo. Prima della fine dell'Ottocento, gli edifici non avevano il caratteristico aspetto monumentale umbertino, ma erano molto bassi onde evitare nuovi danni con terremoti futuri, si era dato spazio particolarmente ad ampi spazi verdi e ai giardini, come il parco di piazza Vittorio Emanuele e il parco del feudo De Capoa in piazza Savoia. Il Musenga dette avvio anche a tronchi stradali nuovi per migliori collegamenti tra Campobasso-Termoli, Benevento-Campobasso, facendo uscire la città molisana dall'isolamento, come viale Vittorio Veneto, viale Cavour.