Sulle tracce dei pellegrini e dei Santi – itinerari religiosi e storici
♦ I pellegrinaggi
♦ Gli eventi religiosi
♦ San Michele – Cammino di Cammini
I PELLEGRINAGGI IN MOLISE
(Da appunti scritti da Mario Gramegna)
Una celebrazione popolare antica, a cui successivamente si ricollegano i pellegrinaggi, è legata all'intercessione presso Dio e i Santi per invocare aiuto a superare le debolezze esistenziali.
Ancora oggi sono frequenti nel Molise i pellegrinaggi, anche quelli che portano in altre regioni, specialmente in Puglia e in Campania. Una volta si effettuavano a piedi, mentre ora vengono usati i moderni mezzi di trasporto. I pellegrinaggi tradizionalmente più frequentati dai molisani sono quelli a Santa Maria di Canneto, al Santuario di Castelpetroso, a San Michele sul Gargano in Puglia (ma un numero sempre crescente di pellegrinaggi si indirizzano oggi verso San Giovanni Rotondo, presso la tomba di Padre Pio). Essi hanno come meta luoghi carichi di potenza ancestrale, con riferimento a ricordi storici per avvenimenti portentosi (apparizioni, beni sacri, tombe e reliquie di santi). Specialmente nel Medioevo i viaggi penitenziali erano finalizzati per ottenere l'assoluzione dei peccati ed anche per acquisire una energia protettiva, secondo forme di superstizione antichissima.
Oggi è tutto sostanzialmente cambiato, perché gli elementi fondamentali del pellegrinaggio sono integrati da componenti utilitaristiche rappresentate dalle fiere e dalle vendite dei commercianti ambulanti, con una organizzazione che mette spesso in soggezione le stesse esigenze del culto.
Comunque i pellegrinaggi hanno influenzato i vari aspetti di civiltà, perché davano origine a nuove vie commerciali, mettendo altresì in contatto le folle contadine e pastorali di luoghi diversi, che giustificano dal punto di vista storico affinità di costumi ed anche di cultura. Si pensi la somiglianza esistente tra i vari canti tradizionali dei pellegrini. Inoltre, non esistono più le forme di sofferenza fisica come l'appesantire le bisacce con pietre, i lunghi cammini a piedi nudi e le altre mortificazioni corporali. I pellegrinaggi, specie durante la civiltà della transumanza, rappresentarono una forma di commistione linguistica che influì sulla evoluzione dei dialetti durante i lunghi e faticosi viaggi piedi, intervallati da soste diurne ed anche notturne.
Un santuario che di anno in anno ha accresciuto la sua importanza, anche per la suggestiva posizione ambientale, e dove il culto di San Michele Arcangelo è assai vivo, si trova Liscia, una piccola località del vastese. Ogni anno, l'otto maggio, ad un'ora di cammino dal paese si celebra il culto del santo, legato ad una tradizione antichissima, secondo cui, contemporaneamente al Gargano, l'Arcangelo apparve anche nel territorio di Liscia, in una grotta dove era annidato Lucifero, poi schiacciato dal santo.
Una leggenda narra d'un pastore che ripetutamente smarriva, durante il pascolo, il suo torello. L'animale, però, ricompariva improvvisamente verso sera. Un giorno il pastore incuriosito volle seguirlo. Sbalordito notò che una foresta, impervia e chiusa, si apriva come d'incanto al passaggio del torello. Infine, arrivato nei pressi di una grotta, l'animale s'inginocchiò. A distanza il pastore osservava la scena, quando, all'improvviso, in mezzo ad un bagliore di luci, apparve l'Arcangelo San Michele. Per l'emozione il pastore svenne e quando riprese i sensi, sentì arsa la gola e avvertì un forte desiderio di bere. Allora, come per un prodigio, vide gocciolare acqua nella grotta, così si dissetò.
Da quel lontanissimo tempo, l'otto maggio d'ogni anno, la grotta è raduno di fede da parte di migliaia di credenti provenienti da tutto l'Abruzzo e dai paesi del confinante Molise (soprattutto da Castelmauro e Acquaviva Collecroce), per raccogliersi in preghiera e bere quell'acqua, ritenuta miracolosa, che scende a gocce dalle stalattiti.
C'è in atto una disputa per stabilire (ma storicamente è impossibile!) la priorità delle apparizioni: prima a Liscia o nel Gargano? In quest'ultimo c'è il Santuario medioevale di Monte Sant'Angelo, nel cui territorio vi sono moltissime grotte, celebre quella che ospita l'altare di San Michele Arcangelo. La presenza nel Gargano di un antico santuario, dove si recano migliaia di fedeli ogni anno, fa pensare che il culto per l'Arcangelo Michele sia pervenuto in Abruzzo proprio dalla Puglia, tramite i pastori della transumanza.
Suggestivo è il rito collettivo della purificazione, quando le compagnie stanno per rag giungere la sommità del monte: il rito è chiamato perdono, perché i pellegrini in ginocchio intorno alla croce e allo stendardo si scambiano il bacio della pace. Da più di trent'anni ormai il viaggio a piedi è stato sostituito dai pullman e l'itinerario verso il Gargano di solito spinge i pellegrini fino a Bari per il culto di San Nicola. Anche la devozione mariana è molto forte. Ecco come Gabriele D'Annunzio nel romanzo “Il trionfo della morte”, alla fine del secolo scorso, fa una descrizione dell'arrivo dei pellegrini al Santuario della Madonna dei Miracoli di Casalbordino, nei pressi di Vasto: “….le compagnie che giungevano, precedute dai crociferi, cantando l'inno, in lunghe file [...) in chiesa le femmine si trascinavano sulle ginocchia, singhiozzando. Talune carponi sul pavimento, sostenendo sui gomiti e sui pollici dei piedi scalzi il peso del corpo orizzontale, avanzavano a poco a poco verso l'altare, strisciavano come rettili, tremavano intorno alla bocca che baciava la polvere, presso alla lingua, che nella lingua segnava croci con la saliva mista di sangue”.
Oggi siamo lontani da quel rituale crudele, tuttavia la devozione è rimasta la stessa; i fedeli arrivano in pullman dai paesi della Valle del Sangro e dal vicino Molise e percorrono a piedi l'ultimo tratto per il santuario. È un vero e proprio ancoraggio salvifico, un bisogno intimo per un rapporto con la divinità per attingere conforto e forza contro le avversità della vita. Un santuario che coinvolge i fedeli di Campomarino, Portocannone e dei paesi abruzzesi di Lentella e Fresagrandinaria, nell'alto Vastese, è quello di Madonna Grande di Nuova Cliternia, originato dal ritrovamento di un quadro della Vergine alla metà del xv secolo. Secondo la tradizione il quadro fu trovato dal marchese D'Avalos durante una battuta di caccia nel bosco di Ramitello, nei pressi di Campomarino. I cani che accompagnavano i cacciatori, inseguendo tre cervi, si fermarono improvvisamente e si misero a scavare, portando in luce il quadro che per tre volte fu portato in processione a Campomarino, perché spariva per tornare sul luogo de ritrovamento. Lì all'alba del 15 agosto del 1460, i contadini della zona assistettero ad un prodigio: durante la notte era nevicato e sulla neve erano segnati i contorni della chiesa da edificare. Con gli anni crebbe enormemente la devozione delle popolazioni vicine al punto che la di Fresigrandinaria, per la gran parte, compie ogni anno un pellegrinaggio alla chiesa, di cui “possiede” una delle tre porte d'ingresso e un altare.
Numerosi sono i pellegrini che, ogni lunedì di Pentecoste, si dirigono al Santuario di Madonna Grande, attraversando il fiume Trigno, per Guglionesi e Montenero di Bisaccia, proseguendo verso Portocannone. Qui c'è un incontro con la popolazione che ha appena terminato di assistere alla carrese (corsa dei buoi) in onore della Madonna di Costantinopoli ce un "abbraccio di popolazioni che hanno in comune il culto di Madonna G Madonna di Costantinopoli. I pellegrini provenienti dall'Abruzzo, dopo la sosta a Portocannone per venerare l'immagine della Madonna di Costantinopoli. proseguono il loro viaggio per circa dieci ore, e giungono al Santuario della Madonna Grande di Nuova Cliternia, dov’è possibile assistere a commoventi scene di devozione, secondo un rituale antico e suggestivo.
Storia e leggenda si intrecciano per spiegare la genesi del culto locale per la Madonna di Costantinopoli. Intorno al 1460, gruppi di albanesi, per sfuggire alla dominazione stante l'eroica resistenza del grande condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg, emigrarono in cerca di altra terra e sbarcarono nella piana del Saccione nei pressi di Campomarino. Qui ci fu una disputa per stabilire il luogo dove insediarsi. Allora decisero di affidare la decisione ad un carro tirato da buoi e su cui fu posto un quadro della Madonna di Costantinopoli: dove il carro si sarebbe fermato lì si sarebbero stanziati.
Per ricordare l'avvenimento ogni anno, il lunedì di Pentecoste, il popolo di Portocannone e festeggia l'avvenimento con una corsa di carri tirati da buoi, rinnovando così l’antichissimo mito, non solo come segno augurale, ma come atto di ringraziamento e di devozione alla Madonna di Costantinopoli, patrona dei pellegrini e dei profughi. Nella corsa sono impegnati due carri, quello dei giovani e quello dei giovanotti. Il premio per il carro vincitore consiste nel portare in processione il quadro della Madonna. È tradizione, dopo la carrese, ricevere i pellegrini provenienti dall’Abruzzo e precisamente da Lentella e Fresagrandinaria.
A pochi chilometri da Vasto, nel territorio di Monteodorisio, secondo la tradizione popolare nel XII secolo fa costruita una chiesetta dedicata a Santa Maria delle Grazie, ma soltanto un miracolo avvenuto nel 1886 le diede fama di santuario. Si racconta che durante le riparazioni dei muri delle fondazioni della chiesa zampillò una sorgente d'acqua, che operava le guarigioni ai malati e la morte agli animali che la bevevano. Suscitò grande emozione la guarigione di una bambina ormai morente, la quale, dopo aver bevuto quell'acqua, improvvisamente guarì. Da allora si diffuse la fama e iniziarono i pellegrinaggi sempre più numerosi non soltanto provenienti dai paesi limitrofi, ma anche dal circondario molisano di Larino. Con generose offerte è stato costruito un nuovo santuario, mentre l'acqua della Madonna viene raccolta in un pozzo, dove i devoti si recano a bere. La festività solenne si svolge la prima domenica di settembre. Si è stabilito anche il gemellaggio tra Monteodorisio e Larino, per cui ai larinesi è stato concesso il privilegio di precedere tutti gli altri nell'ordine cerimoniale. Da segnalare che nel 1992 la statua della Madonna fu trasportata per alcuni giorni nella cittadina molisana.
La presenza di chiese in determinati territori dell'Appennino Abruzzese-Molisano ha un apporto con l'economia pastorale ed ha, pertanto, caratterizzato la vita delle nostre popolazioni La transumanza delle greggi in Puglia agevolava gli scambi economici, culturali e religiosi e lungo quei percorsi nascevano leggende e nuovi culti.
Si può comprendere, dunque, come nel territorio di Castiglione Messer Marino, confinante con Agnone, al centro di una località ricca di pascoli chiamata Lupara, lungo il tratturo Pescocostanzo-Pescopennataro, sia esistito un borgo con una chiesa con una antica statua della Madonna, meta di numerosi pellegrini. Per la crisi della transumanza il borgo è stato a mano abbandonato, per cui la trecentesca statua lignea della Madonna fu trasferita nella chiesa parrocchiale di Castiglione. Secondo la tradizione la statua fu rinvenuta da una pastorella sordomuta proprio nel luogo dove sorse poi la chiesa.
Gli abitanti dei paesi confinanti con Castiglione, cioè Roio e Monteferrante, ne rivendicarono Il possesso, per cui si decise di affidare ad un carro, con la statua tirata da buoi, l'indicazione del luogo beneficiario della prova, che si concluse a favore di Castiglione.
E’ questo il motivo ricorrente nelle leggende di fondazione di molti santuari, cioè lasciare liberi i buoi di scegliere il luogo.
Anche questa Madonna del Monte è oggetto di venerazione da parte dei devoti dei paesi molisani confinanti con l'Abruzzo, perché era considerata la Madonna dei tratturi, dal volto bruno “alla maniera schiavona”.
Un altro santuario frequentato dai molisani provenienti da Lupara, Acquaviva Collecroce, Montenero di Bisaccia, Petacciato ed anche da altre località, si trova a Furci, nel vastese ed è dedicato al Beato Angelo.
La devozione popolare per questo frate agostiniano risale a molti secoli addietro (era nato a Furci, nel vastese nel 1246 e morto a Napoli il 6 febbraio 1327) A Napoli fu tumulato nella chiesa del convento de Sant’Agostino e dopo tante insistenze della popolazione di Furci il 1 agosto 1808 il re Giuseppe Bonaparte, decretò il trasferimento del corpo nel paese natale.
Ogni anno il 13 settembre (la data spostata di un mese, perché il mese di agosto occupa intensamente i contadini nei campi, si svolge una grande festa e si distribuisce la "bambagia benedetta” raccolta dai fedeli in sacchettini di stoffa (abitini), che si appendono al collo per allontanare le febbri e le malattie dell'orecchio.
Notevole è il culto per i Santi Cosma e Damiano, la cui festa liturgica si svolgeva il 27 settembre giorno del loro martirio. Erano due fratelli che esercitavano l'arte medica con la capacità di operare miracoli. Sotto l'impero di Diocleziano furono decapitati, perché rifiutarono di fare sacrifici in onore degli dei di Roma. A livello di cultura popolare ci sono molte testimonianze, specialmente in Abruzzo, Puglia e Molise. A Isernia per esempio, il culto era collegato alla cura della sterilità femminile e dell'impotenza maschile e nel settecento era celebrato con l'offerta di ex voto di cera che rappresentavano falli. Lo studioso abruzzese Giovanni Pansa, nel suo libro “Miti, leggende e superstizioni dell’Abruzzo”, così scriveva: “Per la caducità del sesso mascolino, dipendente da molte cause distruttive, nell’agro di Isernia le pie madri accorrevano al Santuario dei Ss.Cosma e Damiano per ottenere la guarigione del sesso infetto o perduto, e ne offrivano in ringraziamento il voto consistente nella genuina riproduzione in cera del sesso medesimo”.
La tradizione miracolistica dei santuari si perpetua con il grande numero di ex voto: una volta tavolette dipinte con la rappresentazione della grazia ricevuta, in seguito sostituite con fotografie e stampe, e ancora ex voto di calchi in oro, argento e cera, di parti anatomiche, di attrezzi ortopedici, abiti, trecce di capelli ed altri oggetti. È una testimonianza di umili vicende di dolore e di disperazione, di scampati pericoli in precisi contesti storici e sociali.
Sociologi, psicologi, etnologi sono concordi nel ritenere che queste manifestazioni di religiosità riflettono soprattutto gli aspetti di vita economica e sociale delle classi popolari, per quei meccanismi tipici del mondo rurale in prevalenza basati su un'etica rigidamente formalistica del do ut des.
Gli studiosi ritengono che la sociologia e le tradizioni popolari potranno attingere dalle tavolette dipinte o scolpite un materiale di grande valore storico per approfondire la conoscenze delle varie classi sociali, le usanze, gli strumenti di lavoro, le strutture delle abitazioni, i mezzi di trasporto, i mestieri e le professioni. Si tratta soprattutto di rozzi quadretti realizzati in modo rudimentale oppure gioielli, monili, fedi nuziali ed anche altri oggetti di valore offerti come controprestazione alle grazie e ai miracoli ricevuti. Ecco, per esempio, alcuni soggetti dipinti: una famiglia contadina che scampa al fulmine nella stalla assieme al bestiame, un uomo che cade dall’albero e rimane miracolosamente illeso, un autista scampato ad un incidente stradale, un campo di grano risparmiato dai danni della grandine, e altro ancora. Tutte queste immagini sono sempre circondate da una nuvoletta con gli angeli, l'immagine del santo e della Madonna.
Il Santuario dell'Addolorata di Castelpetroso
Il 22 marzo 1888 in contrada Cesa dei Santi del Comune di Castelpetroso, una contadina trentacinquenne Bibiana Cicchino, mentre cercava un agnello disperso, notò un'intensa luce provenire da una grotta, si avvicinò e vide, inginocchiata e con gli occhi rivolti al cielo in atto di implorazione, una donna bellissima era la Vergine Santissima, ai cui piedi era giacente Gesù coperto di sangue e di piaghe. Dieci giorni dopo, l'apparizione si ripeté alla presenza di un’altra contadina Serafina Valentino. La notizia si propagò in tutto il Molise e nei paesi d regioni confinanti, e i pellegrini si contavano ormai a migliaia.
La Chiesa, con il suo solito scrupolo di fronte ad avvenimenti così straordinari, incaricò il Vescovo di Bojano, Francesco Palmieri, di fare i primi accertamenti. Papa Leone XIII, per conferirgli maggiore autorità, lo nominò Delegato Apostolico con l'incarico specifico di un sopralluogo sul sito delle apparizioni. Il Vescovo espresse la sua convinzione che non si trattava di fenomeni isterici nè di illusione, bensì di un avvenimento davvero straordinario.
La stampa cominciò ad interessarsene, ma soprattutto una rivista mariana pubblicata a Bologna dai Servi di Maria, in una serie di notizie teneva aggiornata l'opinione pubblica. Il direttore della rivista, Carlo Acquaderni, nel novembre del 1888, si recò assieme al figlio Augusto alla rupe benedetta per invocare la guarigione del figlio, condannato a morire per le conseguenze di una malattia incurabile, la tubercolosi ossea. Augusto guarì miracolosamente. Carlo Acquaderni per gratitudine prese l'iniziativa per una raccolta di offerte, che insieme al suo notevole contributo finanziario sarebbe stata utilizzata per la costruzione di una cappelletta nel luogo benedetto dalla presenza speciale della Madonna.
Nel febbraio del 1890 l'ingegner Francesco Gualandi di Bologna consegna al Vescovo Palmieri il progetto e i disegni, e il 28 settembre dello stesso anno, alla presenza di trentamila fedeli, viene posta la prima pietra. Dall'inizio dei lavori le difficoltà di ordine finanziario sono state moltissime, ma le offerte generose dei fedeli non sono mai mancate, per cui il traguardo raggiunto può considerarsi come un trionfo della Fede nel settembre del 1975, quando il Santuario viene consacrato dal Vescovo Alberto Carinci. Intanto, già nel 1973, Papa Paolo VI, con un suo decreto, aveva proclamato Patrona del Molise la Beata Vergine Maria Addolorata, venerata nel Santuario di Castelpetroso.
Ormai il Santuario dell'Addolorata è considerato tra i più importanti del Italia Meridionale. Nella cappella centrale c'è una scultura che riproduce la Madonna e Gesù morto nello stesso atteggiamento delle avvenute apparizioni.
Altre sei cappelle sono dedicate ciascuna ad un dolore della Vergine, nella rappresentazione del noto pittore molisano Amedeo Trivisonno. Le formelle delle porte di bronzo riproducono i “Misteri del Rosario” nella Rivelazione e nella storia della Chiesa. I campanili sono arricchiti da un concerto di campane realizzate dalla fonderia Marinelli di Agnone. La posizione ambientale del Santuario emana un particolare fascino che contribuisce a valorizzare questo luogo mistico in un'atmosfera invitante alla preghiera e alla riflessione sul grande mistero della Fede.
Gli eventi religiosi
Fede popolare
(Da appunti scritti da Mario Gramegna)
Nelle tradizioni del popolo un punto di riferimento è la religiosità, non soltanto per il rap porto con le pratiche di culto ma anche nel campo più specifico della spiritualità. Essa rappresenta un fenomeno della vita e della fede, vissuto talvolta insieme alla liturgia, assai spesso in una dialettica alternativa con il culto ufficiale, con i sentimenti molto primitivi di riferimento al sacro e al mistero di Dio. Nel Molise la religiosità è parte integrante della cultura contadina e fa diretto riferimento al mondo dei sentimenti vissuti in dimensione collettiva, giammai elaborati da sistemi di pensiero, bensì spontanei e quindi fortemente radicati nella sensibilità e nel subconscio. Per questo certe tradizioni resistono ancora e si oppongono a taluni tentativi di cancellazione oppure di modifiche radicali.
A livello antropologico la religiosità popolare è radicata nei grandi misteri e momenti dell'esistenza umana: il senso della vita e della morte, delle malattie e delle disgrazie, delle gioie e delle feste, della nascita, della crescita, del matrimonio, della memoria dei defunti, del ritmo del tempo e delle stagioni, del raccolto dei frutti della terra. Questi ritmi celebrativi dell'esistenza sono stati consacrati dalle feste cristiane e ordinate in senso evangelico alla lode di Dio e all'espressione della solidarietà. Ma anche la devozione dei santi, quali intercessori di grazie e di mira coli, si manifesta in forme tipiche, che si esprimono nei pellegrinaggi ai santuari, nelle feste paesane, nelle processioni, negli ex-voto e nella venerazione delle immagini.
La fortuna della religiosità popolare è soprattutto nella particolare espressività dei riti celebrativi, nati spontanei e riscontrati anche in tutte le culture, tramandati con la forza del costume atavico, che si ripete e traccia una continuità nella memoria collettiva. Anche nel Molise si riscontrano queste caratteristiche, ma assai spesso si constata pure che in certe epoche il popolo, non soddisfatto delle forme celebrative di una liturgia troppo lontana, talvolta incomprensibile ed eccessivamente clericalizzata, ha sviluppato forme paraliturgiche più in armonia con i suoi sentimenti. Si pensi, ad esempio, a talune rappresentazioni popolari del Natale e della Passione, alle leggende dei santi patroni, a riti e manifestazioni popolari d'origine pagana.
Le feste popolari religiose rappresentano, quindi, importanti avvenimenti per consentire agli studiosi di riconoscere diversi elementi di religiosità arcaica che il cattolicesimo ha integra to per una caratterizzazione più evidente dell'impronta popolare. Lo stesso vocabolo festa (dal latino arcaico festum) indica il significato di gioia pubblica come fatto culturale collettivo. Con l'avvento della civiltà consumistica sono mutati molti aspetti comportamentali della festa, che è diventata il momento più importante nella economia dei consumi, perché in essa hanno il sopravvento gli aspetti del ludico e del godimento quotidiano. I comitati delle feste sono stati sostituiti dalle istituzioni pubbliche che privilegiano, a seconda della ideologia, l'aspetto meno religioso.
Nella società tradizionale le feste popolari religiose avevano la funzione del rinnovarsi del tempo, anche come momento di purificazione per il prevalere degli aspetti di ciò che rientrava ella concezione del "sacro". Una volta l'esistenza era scandita dal ciclo calendariale delle feste lei santi patroni e dei santi più amati fino alle maggiori solennità, come il Natale e la Pasqua. Non c'era, allora, una separazione tra gli aspetti religiosi e quelli civili e si ricercavano soprattutto momenti di solidarietà né si aveva bisogno di enti o associazioni che sollecitassero la gente ad aggregarsi.