Una città chiamata Molise

Il Molise è l’equivalente di una città di meno di 300 mila abitanti, una città come Catania e Bari, poco più di città  come Brescia o Padova  e tanti altri centri urbani del nostro Paese: tre quartieri più grandi (Campobasso, Isernia e Termoli, con una decina di quartieri più piccoli Larino, Venafro o Agnone, e con decine di quartieri ancora più piccoli e poi case sparse in un ampio spazio verde con parchi, oasi naturali, giardini floreali e riserve ambientali. Una città-regione che tutta insieme non raggiunge la popolazione di un quartiere di Roma o di Napoli, ma con enormi spazi liberi da godere in una natura varia e incontaminata.
Questa città nell’era post-industriale, centrata sull’uso dell’informazione, è una città a tutti gli effetti: i suoi centri sono facilmente raggiungibili, la televisione, internet, gli strumenti della comunicazione digitale, i PC, i tablet e i cellulari, sono in grado di metterla in connessione con tutto il mondo.
Se si leggono le proposte dei migliori urbanisti del mondo su come dovrebbe essere la città ideale, ci si rende conto che essa assomiglia al Molise in modo sorprendente: alto rapporto tra territorio e popolazione residente, grandi spazi verdi tra quartiere e quartiere, facile raggiungibilità reciproca, mix equilibrato di attività primarie, secondarie e terziarie, senza prevaricazione dell’industria sugli altri settori.
A differenza di altre regioni già irrimediabilmente compromesse, il Molise è ancora in tempo per auto-progettarsi in base ad una visione di insieme che la faccia saltare dalla fase rurale a quella post-industriale senza pagare il pedaggio di un rovinoso danno ecologico e dell'alienazione sociale imposto dall’esperienza industriale.
Riprendendo la proposta lanciata a suo tempo dal prof. Domenico De Masi, molisano di origine e nativo di Rotello, titolare della cattedra di Sociologia alla Sapienza di Roma sotto il titolo “Quella città vivibile chiamata Molise”, il giornalista Giuseppe Tabasso, sul suo libro “Il Molise che farne?”, auspica vivamente che qualcuno rilanci la geniale intuizione dell’illustre sociologo molisano  che vedrebbe il Molise assoluto protagonista di un laboratorio sperimentale su scala nazionale ed europea.
Molise città ideale, dove ognuno vorrebbe vivere, è l’utopico scenario che Domenico De Masi, che studia per mestiere i problemi dello sviluppo, delineò alcuni anni fa. E’ stato dunque detto per l’occasione che la nostra Associazione ha fatta propria la visione del Molise di una moderna Città ideale o Città-campagna ideale attraverso lo storytelling progettuale promosso da Pasquale Di Lena, il maggiore ispiratore dell’idea di una città chiamata Molise, per la sua organizzazione urbanistica, le sue tradizioni e le sue peculiarità storico-culturali.
Si è prospettata l’idea di una visione nuova di città regione; il piccolo Molise, come afferma Tabasso, potrebbe essere una reticolare regione laboratorio, dove poter studiare forme integrate ed armoniche di aggregazione, di consumo, di apprendimento, di mobilità logistica, dove tentare dei test sociali e dove potersi perfino consentire dei programmi sperimentali.
Perché mai il Molise, così piccolo e raccolto, non potrebbe proporsi come regione laboratorio, come ideale banco di prova per un esperimento di democrazia elettronica? Intanto però bisognerebbe sostenere in ogni occasione l'istituzione di una intera cablatura della regione con linee veloci ed efficienti che procurerebbe oltre a tutti gli altri enormi benefici, anche occupazionali, una inedita prospettiva di sviluppo.
La prospettiva di una regione che cambia nome e ruolo, quella di Molise città ideale come macro modello di Smart City, è quella di realizzare al suo interno tutte quelle situazioni che possono creare micro modelli di Smart City (Smart community), l’uno indipendente dall’altro, ma tutti pronti a dare il loro contributo di città (comunità) intelligente. L’Associazione può scendere in campo con alcuni suoi aderenti che possono dare il loro contributo concreto alla crescita della smart city sostenendo comunità locali, scolastiche e aziende, alcune delle quali già individuate, e contribuire a migliorare il Know How tecnologico e scientifico.