La “ Cundra” e le sue neviere

 La “ Cundra” e le sue neviere - Sez. Campobasso Italia Nostra - Gianluigi Ciamarra
In diverse aree montane, dove la neve cadeva copiosa e per tanti mesi dell’anno, in tempi remoti vennero realizzati appositi contenitori per raccoglierla e conservarla. La neve così immagazzinata era utilizzata per vari scopi: come riserva di acqua, per commercio, per uso medico o per la conservazione di alimenti, o, ancora, per la preparazione di bevande e sorbetti nel periodo estivo.
Tali depositi, comunemente denominati “Neviere” (o “Ghiacciaie”), potevano essere più o meno elaborati, specie se costruiti in centri abitati (in molti paesi del Molise ve n’è ancora traccia, mantenendosi ancor oggi il nome di “Via Neviera” lì dove esse furono create), oppure di grezza fattura, come quelli ricavati nel nudo terreno, in luoghi umidi ed ombrosi, esposti a nord, a ridosso di pareti rocciose dove la neve, con effetto ricaduta in occasione di bufere, colmava abbondantemente le profonde buche, le quali venivano poi ricoperte di paglia o di rami di foglia onde assicurare un più lungo mantenimento della neve stessa.
Un esempio di neviere di tipo rudimentale, a beneficio delle popolazioni dei circostanti paesi – ed in particolare di Civitanova del Sannio cui questo territorio appartiene -, sono le neviere esistenti sulla Montagnola Molisana, a circa 1.400 mt. di altitudine, realizzate probabilmente intorno al 1500/1600, se non addirittura in epoca più antica, considerando che tutta l’area della Montagnola molisana ed i territori ad essa circostanti, come testimoniano le vicine fortificazioni pre romane di Colle le Case, della Civita di Civitanova, della Civita di Duronia e delle Civitelle di Frosolone, è stata un’area di rilevante importanza strategica ed abitativa nel periodo sannitico.
Le neviere in questione si trovano all’interno di una lunga depressione rocciosa, originata da fenomeni tellurici, al riparo di alte pareti granitiche e, per ciò, idonee alla funzione per la quale esse furono realizzate. Esse, peraltro, presentano un rivestimento in pietra al loro interno, con ciò dimostrandosi quanto necessario fosse la buona tenuta della neve che, nei mesi estivi, veniva presa, pressata nei bigonci, e trasportata a valle durante le ore notturne a dorso dei muli. 
La profonda frattura in cui le buche sono posizionate, nel linguaggio civitanovese assume il nome di “Cundra”, termine dialettale con il quale viene chiamata la vecchia culla (da cullare; tardo latino = cunula), lettino in legno per neonati e lattanti, costruito in modo da poter oscillare, che veniva utilizzato sia in casa, sia all’aperto, allorquando ci si dedicava al lavoro dei campi e c’era la necessità di portare con sé il bambino.
 

                          La "Cundra"

Il 13 Maggio 2017 è stata celebrata, su tutto il territorio nazionale, la 2^ Giornata nazionale dei Beni Comuni promossa da Italia Nostra ONLUS. L’evento ha avuto lo scopo di  sensibilizzare i cittadini riguardo ai beni culturali a rischio e di diffondere la cultura della tutela e la consapevolezza del ruolo strategico dei Beni Culturali per la crescita sociale, culturale ed economica del Paese. Ogni sezione di Italia Nostra ha individuato dei beni a rischio nella propria regione. La sezione di Campobasso ha scelto di mobilitare soci e cittadini per ripulire alcune delle suddette neviere ancora presenti sulla Montagnola ed un capanno in pietra, esempio di architettura storica spontanea in ambiente montano, in un territorio caratterizzato da attività
pastorali almeno fino alla metà del XX secolo, al fine di conservare la memoria storica di un particolare paesaggio culturale e di un mondo pastorale ormai scomparso. L’attività è stata svolta in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise, del Polo Museale del Molise, del Comune di Civitanova del Sannio e sotto l’orientamento dell’archeologa Francesca Di Palma.

Il gruppo  dei soci di ITALIA NOSTRA Campobasso e dei cittadini ha rimesso in luce tre neviere, liberandole dalla vegetazione infestante e dalla terra accumulatasi nel corso degli anni.



Le tre neviere recuperate (il lavoro verrà completato in primavera) sono parte di un gruppo di  quindici, posizionate in un punto della montagna dove la neve si deposita più abbondantemente in inverno. Ogni neviera è profonda e larga quanto basta per ottenere alcuni scopi: è larga tale da sfruttare la massima capacità di immagazzinamento, ma non troppo da non facilitare lo scioglimento della neve; è profonda sotto la roccia quanto basta in modo da rendere facile l’asportazione della neve e permetterne il mantenimento a bassa temperatura
E’ noto che fino alla metà del XX la neve immagazzinata era usata, tra le altre cose, per rifornire i gelatai durante le feste estive di paese, trasportata a valle dai muli all’interno di robusti bigonci.
Durante i lavori di pulizia, i cittadini hanno potuto ascoltare la storia e la tecnica di costruzione delle neviere, e nello stesso tempo essere protagonisti in prima persona per la loro tutela e valorizzazione.
Dopo aver recuperato le tre neviere, il gruppo si è spostato in una zona  per ripulire una struttura in pietra a secco con tetto a tholos, usata come pagliaio fino a pochi decenni fa.
La giornata si è conclusa a Valle Banca con la condivisione di piatti tipici della regione, anch’essi, come le neviere e il pagliaio, legati al mondo contadino del passato.
Gianluigi Ciamarra
 (Presidente di Italia Nostra Campobasso)