Il turismo nelle aree interne
Terre rese invisibili da una modernizzazione stanca, campagne e paesi vittime dell’abbandono e dello spopolamento, un’Italia bella e senza voce in cerca d’un riscatto, necessario non solo per risollevare la condizione delle zone interessate, ma utile anche in senso più generale per indicare nuove strade di fronte alla crisi strutturale del modello di sviluppo novecentesco, che ha finito per concentrare la popolazione e l’economia nelle città e lungo le coste, trascurando i territori rurali e montani, le diffuse colline e le valli interne.
Il turismo enogastronomico, diverso dai cliché monoculturali del turismo di
massa, può essere una delle gambe della rinascita territoriale di una parte vasta del Bel Paese.
La definizione delle basi strategiche per uno sviluppo turistico deve partire da una conoscenza del patrimonio territoriale e dalla sua trasformazione in buone pratiche per la realizzazione di un’offerta integrata e per una partecipazione attiva della popolazione locale. L’obiettivo deve essere quello di far emergere la ricchezza e le potenzialità di territori ingiustamente marginalizzati. Il set di risorse significative è molto variegato, ma mostra quasi ovunque una preponderanza dell’enogastronomia, accanto a una forte incidenza del patrimonio paesaggistico, architettonico e demoetnoantropologico.
Si tratta di un patrimonio diffuso, radicato in aree per loro natura policentriche, con deboli dotazioni infrastrutturali di tipo moderno, afflitte da un pluridecennale declino demografico.
Le zone periferiche e ultra-periferiche (aree interne) sono uno straordinario contenitore di patrimonio territoriale, in particolare di risorse enogastronomiche e di tipicità, in grado di alimentare un diffuso turismo esperienziale. Esse rappresentano il 61% della superficie, il 52% dei comuni e il 22% della popolazione. L’Italia è, infatti, un Paese di paesi. I piccoli comuni rappresentano l’ossatura viva della penisola; contengono tradizioni, paesaggi e prodotti a diffusa capacità attrattiva, legati ai luoghi ed espressivi delle identità locali. I Comuni sotto i 5.000 abitanti sono 5.543, cioè il 69,69% del numero totale dei comuni italiani (7.954). Il Piemonte è la regione con il maggior numero di piccoli comuni: ne conta 1.062, seguita dalla Lombardia con 1.047; la Valle d’Aosta e il Molise sono quelle con la più elevata percentuale di piccoli comuni sul totale regionale. Il turismo enogastronomico è in gran parte imperniato sulla rete dei paesi e dei borghi rurali.
Come fare a mettere in valore questo insieme di risorse in un contesto con tali caratteristiche? Il coinvolgimento delle comunità e il rafforzamento della governance territoriale, finalizzato in primo luogo allo sviluppo di una economia endogena e non eterodiretta, con la conseguente affermazione di una coscienza di luogo, appaiono le prime risposte che consentono, tra l’altro, di far riemergere le migliaia di borghi e contrade italiane che dalle Alpi alla Sicilia hanno conosciuto l’abbandono, un’Italia dei margini che deve tornare al centro dell’attenzione, un paesaggio fragile da recuperare e reinterpretare ma già di per se molto attrattivo per il turista-gastronauta.
Dal punto di vista più strettamente turistico, occorre badare alla sostenibilità dei flussi, più che al loro trend quantitativo. Quello a cui puntare è un turismo diffuso, lento, destagionalizzato, di tipo esperienziale, rispettoso delle peculiarità locali e delle relazioni tra comunità e paesaggio, basato prima di tutto su una coerente integrazione della pluralità di risorse presenti.
Il territorio delle aree interne, non toccato dai grandi flussi turistici di massa e dalle infrastrutture che altrove hanno stravolto l’ambiente e ferito il paesaggio, ha in linea generale conservato ciò che oggi è indispensabile per attivare in concreto “un turismo sostenibile di qualità”. Però occorrono consapevolezza, riconoscimento delle risorse locali e politiche di sistema, valorizzazione delle specificità e delle differenze. Ad esempio, nell’ambito della programmazione 2014‐2020, l’Italia ha lanciato la SNAI, la Strategia Nazionale Aree Interne, centrata in primo luogo sui servizi alla salute, istruzione e mobilità, ponendo tra gli obiettivi prioritari della coesione territoriale la necessità di intervenire per contrastare la marginalizzazione e lo spopolamento (GRAF. 2). Lo sviluppo del turismo enogastronomico è tra le azioni delle strategie locali nelle aree pilota individuate in tutte le regioni.
NOVEMBRE 29, 2020
|IN LE NOSTRE NEWS
|BY ROBERTA GARIBALDI
Terre rese invisibili da una modernizzazione stanca, campagne e paesi vittime dell’abbandono e dello spopolamento, un’Italia bella e senza voce in cerca d’un riscatto, necessario non solo per risollevare la condizione delle zone interessate, ma utile anche in senso più generale per indicare nuove strade di fronte alla crisi strutturale del modello di sviluppo novecentesco, che ha finito per concentrare la popolazione e l’economia nelle città e lungo le coste, trascurando i territori rurali e montani, le diffuse colline e le valli interne.
Il turismo enogastronomico, diverso dai cliché monoculturali del turismo di
massa, può essere una delle gambe della rinascita territoriale di una parte vasta del Bel Paese.
La definizione delle basi strategiche per uno sviluppo turistico deve partire da una conoscenza del patrimonio territoriale e dalla sua trasformazione in buone pratiche per la realizzazione di un’offerta integrata e per una partecipazione attiva della popolazione locale. L’obiettivo deve essere quello di far emergere la ricchezza e le potenzialità di territori ingiustamente marginalizzati. Il set di risorse significative è molto variegato, ma mostra quasi ovunque una preponderanza dell’enogastronomia, accanto a una forte incidenza del patrimonio paesaggistico, architettonico e demoetnoantropologico.
Si tratta di un patrimonio diffuso, radicato in aree per loro natura policentriche, con deboli dotazioni infrastrutturali di tipo moderno, afflitte da un pluridecennale declino demografico.
Le zone periferiche e ultra-periferiche (aree interne) sono uno straordinario contenitore di patrimonio territoriale, in particolare di risorse enogastronomiche e di tipicità, in grado di alimentare un diffuso turismo esperienziale. Esse rappresentano il 61% della superficie, il 52% dei comuni e il 22% della popolazione. L’Italia è, infatti, un Paese di paesi. I piccoli comuni rappresentano l’ossatura viva della penisola; contengono tradizioni, paesaggi e prodotti a diffusa capacità attrattiva, legati ai luoghi ed espressivi delle identità locali. I Comuni sotto i 5.000 abitanti sono 5.543, cioè il 69,69% del numero totale dei comuni italiani (7.954). Il Piemonte è la regione con il maggior numero di piccoli comuni: ne conta 1.062, seguita dalla Lombardia con 1.047; la Valle d’Aosta e il Molise sono quelle con la più elevata percentuale di piccoli comuni sul totale regionale. Il turismo enogastronomico è in gran parte imperniato sulla rete dei paesi e dei borghi rurali.
Come fare a mettere in valore questo insieme di risorse in un contesto con tali caratteristiche? Il coinvolgimento delle comunità e il rafforzamento della governance territoriale, finalizzato in primo luogo allo sviluppo di una economia endogena e non eterodiretta, con la conseguente affermazione di una coscienza di luogo, appaiono le prime risposte che consentono, tra l’altro, di far riemergere le migliaia di borghi e contrade italiane che dalle Alpi alla Sicilia hanno conosciuto l’abbandono, un’Italia dei margini che deve tornare al centro dell’attenzione, un paesaggio fragile da recuperare e reinterpretare ma già di per se molto attrattivo per il turista-gastronauta.
Dal punto di vista più strettamente turistico, occorre badare alla sostenibilità dei flussi, più che al loro trend quantitativo. Quello a cui puntare è un turismo diffuso, lento, destagionalizzato, di tipo esperienziale, rispettoso delle peculiarità locali e delle relazioni tra comunità e paesaggio, basato prima di tutto su una coerente integrazione della pluralità di risorse presenti.
Il territorio delle aree interne, non toccato dai grandi flussi turistici di massa e dalle infrastrutture che altrove hanno stravolto l’ambiente e ferito il paesaggio, ha in linea generale conservato ciò che oggi è indispensabile per attivare in concreto “un turismo sostenibile di qualità”. Però occorrono consapevolezza, riconoscimento delle risorse locali e politiche di sistema, valorizzazione delle specificità e delle differenze. Ad esempio, nell’ambito della programmazione 2014‐2020, l’Italia ha lanciato la SNAI, la Strategia Nazionale Aree Interne, centrata in primo luogo sui servizi alla salute, istruzione e mobilità, ponendo tra gli obiettivi prioritari della coesione territoriale la necessità di intervenire per contrastare la marginalizzazione e lo spopolamento (GRAF. 2). Lo sviluppo del turismo enogastronomico è tra le azioni delle strategie locali nelle aree pilota individuate in tutte le regioni.