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Gli abitanti delle terre dei De Moulins


(Arch. Fioravante Vignone)

Gli abitanti terre De Moulins
 (Per leggerlo in inglese cliccare sull'icona a fianco)
Si parla del Molise dal tempo dei Normanni ossia il tempo compreso nei due secoli che vanno dall’anno mille al 1200 e, in particolare, della famiglia dei De Moulins, in quanto i suoi componenti lasciarono i segni della loro presenza e retaggio della loro azione, diventando così parte integrante della memoria storica e della identità di Molisani.
Se si chiamiamo Molisani, lo si deve a loro: noi, “QUELLI DEI DE MOULINS” o meglio “QUELLI CHE ABITANO LE TERRE DEI DE MOULINS”.
 
Segue un sintetico quadro della situazione storica e politica del meridione d’Italia, in questi due secoli, che è il tempo che vide il Sud Italia assumere una propria, autentica identità statuale, oserei dire nazionale, e ciò proprio grazie all’azione di una classe di guerrieri, non molti per la verità, che, come avrebbero detto le nostre nonne, DA GARZONI DIVENNERO PADRONI” nonché eccellenti governanti. Questi furono i Normanni.
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La conquista del Sud Italia da parte dei Normanni fu portata avanti non da un poderoso esercito d’invasione come invece successe nel 1066 con la conquista dell’Inghilterra Sassone, ma da un ristrettissimo numero di CAVALIERI, che sapevano combattere ma soprattutto sapevano agire politicamente, in un teatro estremamente complicato, nel quale operavano svariati soggetti politici.
Nei primi decenni dell’undicesimo secolo, allorché i Normanni fanno la loro comparsa, il Meridione d’Italia non è un’area politicamente omogenea. (Fig. n. 1) cartina storica).  Se osserviamo la cartina geografica di quel tempo, vediamo come il territorio sia frazionato in più entità politiche: la gran parte è in mano ai discendenti dei Longobardi che, nel 568, secolo conquistarono quasi tutta l’Italia.  Nell’anno 1000 però il loro territorio non costituisce uno stato. Dopo la morte di Sicardo (avvenuta nell’839), l’ultimo principe di Benevento riconosciuto da tutti come Prima Autorità, nell’ex Ducato di Benevento, si contano almeno tre entità politiche autonome ossia il Principato di Benevento, quello di Capua e quello di Salerno.
Il restante territorio era parte dell’impero bizantino che controllava la Puglia, la Calabria e parte della Basilicata, cui si aggiungeva il principato di Amalfi semi indipendente, mentre la Sicilia era completamente in mano mussulmana e costituiva un autonomo Califfato.
 
E’ facile immaginare cosa potesse succedere in un quadro così frastagliato: Longobardi e bizantini perennemente in lotta per il possesso dei territori, potentati longobardi in continua reciproca contesa per il potere, mire e pretese papaline sui territori meridionali in virtù di un lascito di Carlo Magno che gli riconosceva il primato sul sud Italia.
Il Sud insomma era uno spazio conteso, in preda a una situazione di instabilità guerreggiata che apparve subito molto attraente per i nobili cadetti dell’aristocrazia militare Normanna, che già da circa un secolo, dopo essere giunti da predoni, fino a Parigi, avevano avuto la concessione di una vasta regione nel nord della Francia: la Normandia per l’appunto, dove si erano definitivamente stanziati e acculturati, diventando parte integrante del regno Franco.
 
I cadetti delle famiglie nobili non ereditavano né titoli né terre, la posizione dovevano conquistarsela con le loro sole forze ossia, con l’abilità militare e con l’astuzia politica.
In una vera e propria selezione naturale, solo i migliori riuscivano nell’impresa.
I migliori erano quelli che avevano più spirito di iniziativa, la cui intraprendenza li portava a tentare avventure anche in terre lontane.
Ma come fu che essi giunsero in Italia.
La spiegazione è semplice, i Normanni, da gente guerriera qual era, avevano in San Michele il loro santo protettore e ogni cavaliere si era dato il precetto di fare un pellegrinaggio devozionale al principale santuario Micaelico ossia quello del monte Gargano.
Fu così che, preso atto della situazione che abbiamo descritto e della necessità di buoni combattenti che si manifestava vitale per ogni potentato longobardo, essi si offrirono di combattere al loro servizio contro ogni avversario.
Tra i primi grandi significativi episodi bellici in cui i normanni ebbero modo di farsi notare fu la rivolta antibizantina scoppiata a Bari nel 1009 e capitanata dal nobile Melo che la leggenda vuole sia stato il primo longobardo a incontrare e assoldare cavalieri normanni per la lotta contro i bizantini di Puglia.
Non ci volle molto a far sì che molti altri cavalieri normanni si rendessero conto di quali grandi opportunità di carriera e ricchezza si offrissero a loro nel venire in Italia. Il sud Italia era ricco, in piena ripresa economica e demografica (nuove tecniche di coltivazione e introduzione dell’aratro in ferro) e con tante terre da conquistare col beneplacito dei principi locali.
Una dei primi e più importante cavaliere a farsi strada fu Rainolfo DRANGOT che per i suoi meriti militari, già nel 1029 ottenne dal Duca di Napoli la Contea di Aversa, piccola ma di grande importanza strategica, che fu poi uno dei protagonisti dell’affermazione normanna.
Successivamente giunsero i figli di Tancredi d’Altavilla che ebbe ben 12 figli maschi. Di questi oltre la metà discese in Italia e tra essi  Guglielmo Braccio di Ferro,  Roberto il Guiscardo, Umfredo, e Ruggero, per citare solo quelli i cui nomi hanno avuto maggiore risonanza.
Gli Altavilla furono estremamente attivi e il loro “CLAN” forte e potente. Tanto potente da affrontare in campo aperto gli eserciti dell’impero d’Oriente, risultando sempre vittoriosi.
Dopo le battaglie degli anni 1041 – ’42, sottrassero molti territori ai Bizantini, ottenendone il possesso. Nel 1043, il principe di Salerno li riconobbe signori di quei territori che costituirono la Contea di Puglia, con capitale Melfi, concedendo il relativo titolo di Contee a Guglielmo d’Altavilla detto Braccio di Ferro (fratello maggiore di Roberto e quindi capo del Clan.
Melfi divenne pertanto il principale caposaldo della loro conquista e capitale della contea di Puglia (territorio con possedimenti a macchia di leopardo che si estende fino al Gargano).
In quegli anni si consolida l’alleanza con i Drengot e gli Altavilla , con i primi insediati in Campania e i secondi a cavallo tra Basilicata, Irpinia e nord della Puglia.
Se i Drengot, meno numerosi e probabilmente già abbastanza soddisfatti di quanto ottenuto ma anche più lontani da territori da conquistare, quali quelli prossimi ai possedimenti degli Altavilla sia in Puglia che in Calabria, non manifestarono propensione ad espandere i loro feudi, diversamente, Gli Altavilla mostrarono ben altra volontà e intraprendenza, anche perché più numerosi (7 fratelli almeno) e a guidarli era Roberto, certamente il più politicamente capace, che non a caso era soprannominato il Guiscardo cioè la “VOLPE”, tanto era nota la sua astuzia.
 
Chiusi a sud e ad est dai bizantini, che comunque restavano un osso duro, gli Altavilla guardavano soprattutto al Nord del ducato, all’alto Sannio e all’Abruzzo, dove più facile era espandersi a danno dei logori Longobardi, arrivando persino a minacciare i possedimenti papalini che arrivavano fino al Garigliano.
 
Giunti alla metà del secolo la politica espansiva degli Altavilla fu palese e la loro capacità offensiva così evidente che suscitò fortissimo allarme in tutti gli altri soggetti presenti nel territorio: I potentati Longobardi, com’era naturale, ma anche e principalmente il Papa, che esercitava un soffice controllo sul sud longobardo e che vedeva minacciato non solo il suo primato politico ma addirittura il possesso di territori appartenenti allo stato della chiesa.
 
Lo scontro diventò inevitabile e da politico, in breve divenne uno scontro militare.
 
Ad aprire le ostilità fu il Papa stesso: LEONE IX, tedesco di nobile famiglia, egli accusò formalmente Roberto il Guiscardo di minacciare il potere della Chiesa e cominciò a intessere un’alleanza tra quanti avevano ragione di temere i Normanni: gli Italo-Longobardi in primis, sia beneventani che spoletini, l’Impero Romano d’Oriente e quanti altri poté raggruppare da ogni parte d’Italia.  Cerco infine di coinvolgere l’Imperatore d’Occidente e a tal fine si recò personalmente in Germania.
Non ottenne l’appoggio dell’imperatore, comunque riportò con sé in Italia settecento cavalieri Svevi esperti e ben armati, che costituiranno il nerbo del suo esercito.
Per finire scomunicò i Normanni e dichiarò una Guerra Santa contro di essi.
 
Fu così che si giunse alla storica battaglia di Civitate il cui esito si dimostrerà decisivo e propedeutico di una nuova fase della storia del Meridione.
La battaglia fu combattuta nel giugno del 1053, a Civitate, in prossimità del Fortore, dove i normanni raggiunsero l’esercito papalino proveniente dal Molise.
I Normanni giunsero compatti allo scontro, con gli Atavilla infatti erano schierati i Drengot e tutti o quasi gli altri nobili normanni.
Benché affrontassero lo scontro in notevole inferiorità numerica, e avessero di fronte un corpo di guerrieri Germanici forti e ben armati, riuscirono alla fine vincitori grazie alla loro tattica imperniata sulla forza e sulla mobilità della cavalleria.
L’eroe della giornata fu, manco a dirlo Roberto il Guiscardo che dopo aver vinto la battaglia mostrò quanto effettivamente lucido e vincente fosse il suo pensiero politico.
Il Papa aveva assistito allo scontro dalle mura della città di Civitate e inerme si consegnò ai vincitori.
Questi, inaspettatamente non infierirono in alcun modo sul loro acerrimo nemico e, inaspettatamente, si inginocchiarono ai suoi piedi chiedendo perdono per la loro arroganza e, facendo voti di obbedienza, lo accompagnarono a Benevento, città ormai caduta nelle loro mani, dove rimase loro ospite involontario per circa due anni.
I principi longobardi erano stati sconfitti e privati dei loro titoli; ciò che rimaneva del sud longobardo era ora tutto nelle mani dei normanni e il Papa, privo dell’appoggio dell’imperatore germanico e con i Bizantini in ritirata e i Longobardi diventati ormai insignificanti, dovette rivedere completamente la sua posizione e la sua politica.
Nei due anni trascorsi a Benevento, Il Papa seppe adattarsi alla nuova situazione che apriva alla chiesa nuovi e inaspettati scenari di crescita sia politica che religiosa.
Egli comprese subito che gli ex nemici normanni, che non chiedevano altro che un riconoscimento papalino al loro novo status di governanti del sud proponendosi vassalli e difensori della chiesa, potevano diventare fortissimi alleati e potevano essere gli attori della conquista alla chiesa di Roma delle provincie ancora bizantine di Puglia e Calabria e, in prospettiva dell’intera Sicilia, al tempo completamente soggetta al dominio arabo e di fatto mussulmana.
I Normanni fecero dono al Papa della città di Benevento, che fu parte dello stato della chiesa fino all’unità d’Italia, e questi gli tolse la scomunica.
 
Le trattative, morto Leone IX, continuarono col nuovo papa Niccolò II, fino al 1059, anno in cui fu siglato il CONCORDATO di Melfi, forse il primo concordato della storia d’Italia col quale Roberto il Guiscardo, che nel frattempo era succeduto al fratello nella guida del Clan, si dichiarò vassallo del papa, ottenendo la nomina a Duca di Puglia  e Calabria, anche se queste erano ancora in gran parte dell’impero Bizantino e Conte di Sicilia che era ancora in mano degli Arabi.
 
Signore dei territori Campani, ad eccezione di Napoli, divenne la famiglia Drengot.
 
Fu così sancito, per mano papale, che il potere sui territori del sud Italia era passato dai Longobardi ai Normanni, anche se ancora non si era in presenza di uno stato o di una forma di potere unificato.
 
Conseguito questo fondamentale risultato ai normanni non restava che completare il loro disegno di conquista dei territori ancora parte dell’impero d’oriente e della Sicilia.
 
La presa della Calabria, già iniziata nel 1047, si dimostrò molto dura per il Guiscardo, a causa della tenace resistenza che incontrarono. Roberto completò la conquista solo nel 1065 grazie anche al sostanziale contributo prestato dal fratello minore Ruggero, che venne nominato Duca di Calabria.
 
 
La gran parte della Puglia era già stata conquista dagli Altavilla, ne rimaneva la parte più meridionale, compresa Bari, con la cui presa, avvenuta, dopo un lungo assedio, nel 1071, determinò la definitiva cacciata dei Bizantini da Meridione d’Italia, con somma soddisfazione del Papa, che, a scisma avvenuto, poté estendere il culto Cattolico anche su tali regioni, fino ad allora poste nella sfera della chiesa d’oriente.
 
Nel 1077 fu spodestato anche l’ultimo principe longobardo sopravvissuto al cambiamento, il Principe di Salerno, la cui figlia andò in sposa al Guiscardo.
 
Durante questa fase di attività sul continente bisogna anche ricordare l’espansione normanna verso nord, cioè la conquista, dell’alto Sannio e di territori anche in Abruzzo, ai danni del ducato longobardo di Spoleto.
 
In conclusione, nei 30 anni che seguirono la battaglia di Civitate i Normanni, ma meglio sarebbe dire il clan degli Altavilla e i cavalieri normanni a loro più vicini, come per esempio Rodolfo de Moulins, conquistarono la Puglia, la Calabria, l’alto Sannio, i territori campani.
 
Intanto era cominciata anche la conquista della Sicilia. Questo compito toccò all’ultimo dei numerosi figli di Tancredi d’Altavilla, ossia Ruggero che insieme al Guiscardo aveva preso la Calabria.
 
Ruggero inizio la conquista nel 1061, sbarcando a Messina con un consistente schieramento di cavalieri. La supremazia militare dei Normanni fu subito evidente, come pure l’instabilità politica della Sicilia, i cui signori si mostravano divisi e spesso rivali, cosa che rese più facile il compito dei conquistatori.
Nel 1071 fu presa Catania e l’anno successivo Palermo ma la conquista totale dell’Isola richiese altri 20 anni di guerra perché alcune zone opposero una fiera resistenza all’avanzata normanna. Tra queste Siracusa che fu presa solo nel 1086 e Noto nel 1091.
Insieme alla Sicilia fu conquistato anche l’arcipelago Maltese, importantissimo caposaldo di alto valore strategico per il controllo delle rotte marittime sia militari che commerciali.
In questo sostanzialmente breve periodo di tempo, gli Altavilla non si fecero mancare nemmeno un tentativo di conquista di territori oltremare, infatti nel 1081 effettuarono uno sbarco sull’altra sponda dell’Adriatico, con l’intento di conquistare l’Epiro ma il progetto era troppo ambizioso e non ebbe successo.
 
Il figlio di Ruggero I, Ruggero II di Sicilia, volle unificare poi tutti i territori normanni occupati nell'Italia Meridionale. Nel luglio del 1127, Guglielmo (successore del Guiscardo)  Duca di Puglia, morì senza figli, e Ruggero reclamò tutti i possedimenti degli Altavilla compresa la Signoria di Capua. Sbarcò allora nel continente e conquistò senza difficoltà Amalfi e Salerno e nel 1128 fu incoronato duca di Puglia e Calabria. A settembre del 1129 Ruggero fu pubblicamente riconosciuto duca da NapoliBariCapua e dalle altre città.
Nella notte di Natale del 1130 fu proclamato nella cattedrale di Palermo Re di Sicilia. Da papa Onorio II.
 
Lo scisma d’Occidente
          Un mese dopo il papa morì e furono eletti due papi (il papato era un fatto romano): Innocenzo II e Anacleto II.
          Innocenzo era sostenuto dai maggiori stati d’Europa, compresa la Germania; Anacleto dai soli normanni d’Italia.
          Innocenzo scomunicò Anacleto e i Normanni suoi protettori e chiese aiuto al re di Germania e Imperatore del S.R.Impero: LOTARIO II, che lui stesso aveva incoronato Imperatore nel 1133.
          Questi scese in Italia con un forte esercito che conquisto velocemente quasi tutto il meridione peninsulare e, nel 1137 ritornò in Germania.
          Ruggero II altrettanto velocemente li riconquistò.
          Sempre in quell’anno, morirono Lotario e papa Anacleto, cosa che pose fine allo scisma in seno alla chiesa.
          Nel 1139, papa Innocenzo III, con un forte esercito, mosse contro Ruggero II ma, anche questa volta i normanni risultarono superiori e, nei pressi di Cassino, fecero prigioniero il papa, che, come il suo predecessore Leone IX, quasi un secolo prima, venne a patti, riconobbe il titolo di re a Ruggero e se ne tornò a Roma.
         
          Ruggero II fu un grande sovrano, colto e con altissime capacità di governo.
          Nel 1140 promulgò “Le Assise di Ariano”, un corpus giuridico che costituì la Costituzione del Regno e che risultò secondo molti storici, il meglio e più moderno dei grandi stati d’Europa.
          Il Regno di Sicilia si affermò come stato prospero e potente, con notevoli capacità di espansione territoriale sia in Italia, ai danni dei territori longobardi posti a Nord (Abruzzi) che fuori d’Italia.
          Nel 1146 risultavano già annesse al Regno Malta, Corfù, Tunisi, Tripoli e la Tripolitania. Nel 1180 si completarono le conquiste con ulteriori territori in Africa e, quella che poi sarà chiamata la quarta sponda, fu cosa fatta.
          Ruggero II morì nel 1154 e gli successe il figlio Guglielmo I.
          Nell’anno successivo, il 1155, scoppio l’ennesima guerra. Ancora una volta il Papa, alleatosi, questa volta, con l’imperatore d’oriente, mosse contro il Regno del Sud, ma dopo alcuni successi militari furono sconfitti definitivamente in una sola battaglia e costretti al ritiro.
          Guglielmo morì nel 1166 e gli successe il figlio Guglielmo II di soli 12 anni, che nel 1177 sposò Giovanna d’Inghilterra figlia di Riccardo Cuor di Leone. Il Regno si aprì alle alleanze internazionali, tanto che, nel 1186, fu celebrato un altro matrimonio molto importante, quello di Costanza d’Altavilla, zia di Guglielmo, con Enrico figlio di Federico Barbarossa.
          1189 - Purtroppo Guglielmo morì senza aver avuto un erede e ciò determinò l’inizio di un periodo di crisi dovuto alla contesa per la successione al trono, che vide nuovamente l’imperatore di Germania in armi scendere al sud.
          A Guglielmo successe Tancredi Signore di Lecce, era l’ultimo degli Altavilla e come tale fu elevato al trono con l’appoggio della nobiltà e il beneplacito del papa che lo incoronò al trono nello stesso anno.
          Nel 1191 morì Federico Barbarossa e imperatore d’occidente divenne Enrico VI, proprio il figlio sposato con Costanza.
          Egli si dichiarò legittimò erede al trono di Sicilia e alleatosi con Genova e Pisa attaccò subito la Sicilia per via mare. Lo scontro navale tra la flotta siciliana e quella pisana fu vinto dai siciliani e gran parte dell’esercito di Enrico fu perduto.
          Le ostilità si fermarono ma non con un trattato di pace.
          Tancredi morì tre anni dopo, nel 1194. E a succedergli fu il figlio Guglielmo di soli 9 anni. Guglielmo terzo fu l’ultimo degli Altavilla e la sua giovane età privò lo stato di un capo capace di sostenere l’imminente scontro con l’impero.
          Enrico VI non perse l’occasione, scese di nuovo in Sicilia, conquistò e mise a ferro e fuoco Messina e si impadronì con relativa facilità del resto del Regno normanno, facendosi apprezzare per la durezza con la quali attuò la conquista.
          Il piccolo Guglielmo fu deportato in Germania dove morì, quattro anni dopo, all’età di tredici anni. Con lui scomparve l’ultimo della stirpe degli Altavilla Italiani, ma non il loro ricordo. E’ infatti interessante notare come la bandiera dello stato Napoletano che Gioacchino Murat resse dal 1808 al 1815, fosse stata concepita ripristinando i colori degli della Casata degli Altavilla ossia il fondo azzurro e la banda a scacchi bianchi e rossi.
          A Natale del 1194, Enrico fu incoronato re di Sicilia col nome di Enrico I e il giorno dopo, la Moglie che si era dovuta fermare a Jesi, diede alla luce Federico, quello che il mondo avrebbe conosciuto come lo “Stupor Mundi”.
          Nel 1197 morì Enrico, forse avvelenato dalla moglie.
          Nel 1198 gli successe Federico, di soli 4 anni, che fu affidato alla tutela del papa.
           Istruito nel migliore dei modi e educato al ruolo che avrebbe dovuto sostenere, Federico, nel 1212 fu eletto re di Germania e nel 1220 incoronato imperatore del S.R. Impero a S. Pietro da papa Onorio III.

Bojano, a Civita Superiore rivive la storia del Molise
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