Una lotta per il trono d’Inghilterra
L’Anno Accademico appena trascorso ci ha regalato diversi momenti di grande fermento culturale, concretizzatisi in altrettante iniziative di coinvolgimento attivo dei docenti e di noi discenti, sempre attenti e partecipi alle variegate proposte messe in campo. Tra le altre, abbiamo apprezzato l’opportunità che la professoressa Carmela Di Soccio ci ha dato di rispolverare la storia, mai così attuale, delle numerose guerre che nei secoli l’umanità ha combattuto. Da sempre l’uomo ha perseguito la brama di potere e, in qualunque ambito, lo ha fatto attraverso guerre e sopraffazioni generalmente promosse da classi politiche dominanti a scapito delle popolazioni inermi, di cui anche oggi si hanno purtroppo strazianti esempi.
Tra una raccolta di testi pubblicati da Grandangolo per il Corriere della Sera, messi a nostra disposizione, spazianti dalle guerre persiane alla seconda guerra mondiale, la scelta è caduta sul testo relativo alla Guerra delle Due Rose (1455-1487), una contesa tra casate che interessò poco la popolazione, ma che durò più di trent’anni, nella metà del XV secolo, con grande spargimento di sangue.
Mentre la storia è costellata di avvenimenti che hanno determinato congiunture e implicazioni politiche, culturali, sociali, religiose, tali da rendere complesso il lavoro di analisi degli studiosi e degli storici, condizionato sia dalla conoscenza delle vicende narrate e delle fonti documentali rese disponibili dal contesto storiografico, sia, soprattutto, dalle identità nazionali sottoposte alla osservazione e allo studio dei ricercatori, la Guerra delle Due Rose, la cui posta in palio era il trono d’Inghilterra, comprende, invece, una serie di guerre civili di straordinaria ferocia a opera di due fazioni rappresentate da due casate nobiliari tra loro imparentate, due rami della dinastia dei Plantageneti: i Lancaster (al trono dal 1398) e gli York.
Il nome con cui vengono ricordate oggi queste guerre deriva dal simbolo delle due casate: i Conti di Somerset, Suffolk, Warwick e Riccardo Plantageneto scelgono le Rose, Rosa Bianca per gli York, Rosa Rossa per i Lancaster. Alla fine del sanguinoso conflitto, emergerà una nuova dinastia: i Tudor[1].
1455 – Scena tratta dall'Enrico VI di Shakespeare: i Conti di Somerset, Suffolk e Warwick e Riccardo Plantageneto scelgono le Rose: Rossa per il Lancashire, Bianca per lo York.
I protagonisti della contesa.
Enrico VI Lancaster. Un Re fragile. Unico erede di Enrico V e Caterina di Valois, perse il padre a soli nove mesi, diventando Re d'Inghilterra nel 1422, per cui si rese necessario nominare una Reggenza fino al raggiungimento della sua maggiore età. Inevitabilmente si scatenò una dura lotta di potere tra Humphey, duca di Gloucester, preposto dal defunto Re, e suo fratello William de la Pole.
Enrico VI Lancaster
Suo padre Enrico V – vincitore di Azincourt e restauratore del potere inglese in Francia – era stato un abile stratega, e grazie a lui il giovanissimo Re godeva di pretese sul trono di Francia. Per rinforzarle, nel 1445, sposò Margherita d’Angiò, un’ambiziosa nobildonna francese. Per capire la Guerra delle Due Rose bisogna tenere presente che Enrico VI, a differenza del padre, non aveva un carattere forte e, inoltre, soffriva di crisi di pazzia, ereditata dal nonno materno Carlo VI di Valois, tanto da non riuscire a tenere il controllo della bellicosa nobiltà inglese. I nobili, infatti, oltre a detenere il Reale controllo del Paese, partecipavano al governo attraverso il Consiglio Reale.
Di indole debole, quindi, per tutta la vita Enrico avrebbe subìto la volontà altrui. Lo scarso potere effettivo lo portò presto a perdere gran parte dei suoi possedimenti in Francia, mentre in Inghilterra dilagava la corruzione e il malcontento tra il popolo sottoposto a tassazioni elevatissime. I contadini, guidati da Jack Cade, marciarono su Londra portando alcune istanze al Re, tra cui il ritorno di Riccardo, Duca di York, un lontano parente del Re, «esiliato» in Irlanda tre anni prima. Si trattava in effetti di un pericoloso pretendente al trono poiché suo nonno materno Ruggero Mortimer, nel lontano 1385, era stato designato erede al trono da Re Riccardo II.
La rivolta di Jack Cade
Margherita d’Angiò, sposa di Enrico VI e Regina d’Inghilterra, nasce in Lorena il 23 marzo 1430, figlia di Renato d’Angiò, Re titolare di Napoli, Sicilia e Gerusalemme ed effettivo Duca di Angiò e Lorena, e di Jolanda d’Aragona.
Margaret of Anjou (1429 – 1482), Regina di Inghilterra e moglie di Enrico VI
Intelligente e colta, condivideva con il marito unicamente l’amore per la cultura, ben presto riuscì a esercitare sul debole Re un ascendente molto forte, ma non a utilizzarlo per il bene dell’Inghilterra poiché si affiancò ai cattivi amministratori del Regno quali William de la Pole, conte di Suffolk, Edmund Beaufort, II Duca di Somerset e James Butler, Conte di Ormond, ritenuti all’epoca gli amanti della Regina, uno dei quali il vero padre di Edoardo, Principe di Galles. Gruppo dirigente che la popolazione considerava Responsabile della insostenibile tassazione, imposta per finanziare le guerre in Francia, e incapace di garantire l’ordine pubblico in patria. Il matrimonio tra Enrico VI e Margherita d’Angiò aveva prodotto, però, solo una costosa tregua ma non l’agognata pace con la Francia.
La successiva messa in stato d’accusa di Suffolk da parte del Parlamento (e il suo seguente omicidio) e l’emergere del partito riformista con a capo Riccardo Plantageneto, il Duca di York, furono visti da Margherita come opera di traditori, senza cercare di comprendere le ragioni dell’opposizione. York, in particolare, era la sua bestia nera, considerato non solo un sovversivo ma anche un pretendente alla corona inglese. Infatti, proprio il comportamento della Regina aveva spinto York a fare il passo estremo con l’intento di soppiantare i cattivi consiglieri del Re.
La Regina non collaborò mai con il Duca e, al rinsavimento del Re, lo influenzò per far annullare tutte le riforme poste in atto fino a quel momento. La sua estrema partigianeria non si sarebbe mai attenuata neanche di fronte a chi le suggeriva di ergersi super partes, tanto da portarla alla fine a perdere il trono, il figlio e il marito. L’assenza di acume politico si manifestò prepotentemente durante la Guerra delle Due Rose, specie negli anni 1460-61, quando la Regina cedette senza scrupoli interi territori inglesi a potenze straniere, quali la piazzaforte di Berwick agli scozzesi e quella di Calais ai francesi, pur di ottenere il loro sostegno militare contro i suoi nemici interni. Grave il saccheggio delle Contee meridionali inglesi permesso dalla Regina, tanto da spingere la città di Londra a chiuderle le porte in faccia dopo la seconda Battaglia di Saint Albans e a molti dei suoi sudditi, neutrali fino a quel momento, a parteggiare per gli yorkisti. La vittoria degli yorkisti, con la deposizione di Enrico e l’incoronazione di Edoardo IV, la costrinse alla fuga oltremanica insieme al Principe di Galles, cercando di corte in corte, nei dieci anni successivi, aiuto per riprendersi il trono e l’opportunità di rientrare in Inghilterra.
L’occasione si presentò concretamente ma, ancora una volta, la mancanza di flessibilità avrebbe condotto Margherita al disastro. Richard Neville, Conte di Warwick, e Giorgio Plantageneto, Duca di Clarence nonché aspirante al trono, disertarono il campo yorkista dandole la possibilità di tornare sul trono, ma la netta avversione per Warwick non le permise di incontrarlo se non dopo le insistenze di Luigi XI di Francia. Inoltre, malvolentieri acconsentì al matrimonio del suo unigenito con la figlia di Warwick, Anne Neville. Narrano testimonianze dell’epoca che avesse proibito al figlio di consumare il matrimonio, in modo da poterlo sciogliere in qualunque momento al suo ritorno sul trono. In questo modo, però, non si assicurò un erede da parte del Principe per la continuazione della dinastia lancasteriana.
Dopo gli avvenimenti successivi, la sconfitta e la morte di Warwick a Barnet al suo arrivo in Inghilterra nel 1471, si lasciò convincere dai suoi seguaci che fosse ancora possibile organizzare la riscossa partendo dal Galles. Il risultato fu la Battaglia di Tewkesbury, la morte del Principe di Galles, la successiva uccisione di Enrico VI, quindi la fine della dinastia lancasteriana. Catturata dagli yorkisti, rimase prigioniera fino al 1475. Il Re di Francia pagò il suo riscatto e, fino alla sua morte, avvenuta nel 1482, condusse un’esistenza precaria vivendo con una misera pensione concessa da Luigi XI.
Riccardo Plantageneto, III Duca di York era figlio di Richard di Conisburgh III, Conte di Cambridge, e di Anna di Mortimer. Cavaliere nel 1426, sposò Cecily Neville tre anni dopo. Considerato colui che scatenò la Guerra delle Due Rose, in realtà fu forzato dagli eventi ma soprattutto dagli uomini a rilanciare politicamente finché, per garantire la propria sopravvivenza, non ebbe altra scelta che pretendere per sé la corona inglese, come successore designato di Enrico VI, senza però riuscirvi. Uomo ambizioso, si pose in rotta di collisione con Edmund, duca di Beaufort e, soprattutto, con la Regina Margherita d’Angiò. La sua morte e lo scempio perpetrato al suo cadavere e degli altri yorkisti caduti nella battaglia di Wakefield, pose fine alla fase «pulita» della guerra, inaugurando una serie di rappresaglie che alla fine avrebbe spazzato via il vecchio ceto dirigente di Enrico VI.
Nel 1453 la salute mentale del Re, che aveva da poco superato i 30 anni, peggiorò improvvisamente. Da quel momento il Re, che soffriva di amnesie, catalessi e allucinazioni, alternerà fasi di coscienza a fasi di totale incapacità. Una potente lega di baroni comandata dal Duca di Warwick, nipote del Re, approfittò della situazione per nominare Riccardo di York Protettore d’Inghilterra, imprigionando il principale consigliere del Re, il duca di Somerset, nella Torre di Londra.
Nel frattempo però era nato Edoardo di Lancaster, figlio del Re, che metteva seriamente in dubbio il diritto al trono di Riccardo. Quando Enrico VI si riprese improvvisamente, nel 1455, Riccardo di York venne allontanato dal trono.
Richard Neville, Conte di Warwick (1428 – 1471). È passato alla storia come The Kingmaker “Il facitore del Re” per aver sostenuto la pretesa al trono di Riccardo, Duca di York, per poi cacciarlo e ripristinare il suo predecessore. Il suo matrimonio con Anne Beauchamp, figlia del facoltoso Conte di Warwick, ne aumentò notevolmente il prestigio, ma soprattutto titolo e possedimenti del suocero, jure uxoris, alla sua morte. Questo alimentò però la disputa con il marito della sorellastra di Anne, Edmund Beaufort, Duca di Somerset, vicinissimo al Re Enrico VI, che parteggiava per Somerset. Si avvicinò al Duca di York e alle sue istanze riformiste per opportunismo ma anche nella convinzione che i consiglieri del Re stavano spingendo l’Inghilterra nel baratro.
Durante la prima Battaglia di Saint Albans nel 1455, acquistò la reputazione di brillante tattico, rivelatasi in seguito esagerata. Seguì le fortune della fazione yorkista e, nonostante fosse contrario all’idea della sostituzione di Enrico VI con il Duca di York al trono, redisse comunque l’Act of Accord del 1459, in cui era previsto che il Duca succedesse al Re, diseredando di fatto il Principe di Galles.
Perse la seconda Battaglia di Saint Albans del 1460-61, ma convinse Edoardo, Conte di March – figlio di Riccardo Plantageneto, Duca di York, a proclamarsi Re con il nome di Edoardo IV. Tuttavia, una volta saldo sul trono, Edoardo IV esercitò una volontà propria e l’intenzione di esercitarla, causando una serie di screzi tra i due. L’arrivo di Elizabeth Woodville – sposata in segreto da Edoardo – condussero il Conte alla rivolta. Nel 1469 sconfisse Edoardo nella Battaglia di Edgecote, diventando padrone indiscusso dell’Inghilterra, ma sottovalutando il suo avversario che lo costrinse alla fuga oltremanica insieme al fratello del Re, George, Duca di Clarence. In Francia fece accordi con Luigi XI di Valois e, forzatamente, anche con Margherita d’Angiò, per la restaurazione di Enrico IV, in cambio di una formale alleanza franco-inglese.
La sua invasione dell’Inghilterra fu un successo, costrinse alla fuga oltremanica Edoardo e ripristinò Enrico sul trono. La riscossa di Edoardo, però, non si fece attendere, non essendo Warwick in grado di portare dalla sua parte gli yorkisti. The Kingmaker venne ucciso nella Battaglia di Barnet, ad aprile 1471.
Warwick fu un uomo di grandi capacità, ma non tali da essere in più occasioni buon giudice di uomini e situazioni, come nel non comprendere che il ceto commerciale inglese era contrario a un’alleanza con la Francia contro la Borgogna, uno dei migliori mercati continentali dell’Inghilterra. La sua propensione a trattare le persone con sufficienza non gli acquistò la lealtà dei suoi pari, a differenza della popolarità che godeva presso i ceti inferiori. I suoi limiti si manifestarono nella seconda Battaglia di Saint Albans e a Barnet, in cui il suo destino avverso ebbe la meglio.
Edoardo IV, Re d’Inghilterra (1442 – 1483). Edoardo IV è stato l’opposto del suo predecessore. Quanto Enrico VI era pio, senza vizi e industrioso, tanto spietato, donnaiolo, gaudente e libertino Edoardo IV. Dalle decisioni lente e spesso errate Enrico, Edoardo riusciva, invece, a muoversi come un fulmine centrando spesso l’obiettivo. Enrico succube dei suoi consiglieri, Edoardo con una volontà propria che lo spinse spesso a scontrarsi con loro, dipendendo solo dalla spregiudicata e ambiziosa moglie, Elizabeth Woodville.
Era figlio di Riccardo, Duca di York, e di Cecily Neville, figlia del Conte di Salisbury. La dissomiglianza dal padre fece sospettare che fosse il frutto di un rapporto adulterino. Gli fu dato il titolo di Conte di March a dodici anni e, alla morte di York a Wakefield nel 1460, ereditò i titoli e la pretesa al trono d’Inghilterra. Abile comandante militare, vinse nel febbraio 1461 la Battaglia di Mortimer’s Cross e, il mese successivo, conquistò la grande vittoria di Towton, che gli permise di esautorare dal trono Enrico VI per ascenderne personalmente. Richard Neville, Conte di Warwick, gli fu accanto durante i primi anni di regno, ma i due ruppero in seguito i rapporti a causa della politica estera: Warwick voleva un’alleanza con la Francia e il matrimonio con una principessa francese; Edoardo, invece, non solo sposò in segreto Elizabeth Woodville, ma concluse pure un accordo con il Duca di Borgogna.
Durante la seconda parte del regno, Edoardo rafforzò i poteri della corona, riuscì a controllare le dispute tra la nobiltà in qualità di arbitro e non più come capo di una fazione. Si circondò di persone capaci e di amministratori efficienti, spesso ex lancasteriani, riuscendo a pareggiare il bilancio del regno, cosa rara per un monarca medievale, con spregiudicati metodi fiscali, successivamente attribuiti a Enrico VII. Riaffermò anche la posizione internazionale dell’Inghilterra, riconquistò Berwick dagli scozzesi e sposando sua sorella Margaret con il Duca di Borgogna. Di contro, non esitò a far giustiziare il fratello George, Duca di Clarense, dopo averlo fatto condannare per tradimento.
La sua salute peggiorò dalla Pasqua del 1483, cosa che lo spinse a inserire dei codicilli al testamento, tra cui quello che nominava il fratello Riccardo, Duca di Gloucester, Lord Protettore del Regno, non sapendo che queste sue volontà avrebbero in seguito portato a una crisi successoria in Inghilterra e, nel giro di due anni, alla fine della dinastia dei Plantageneti.
Riccardo III, Re d’Inghilterra (1452 – 1482). È stato l’ultimo esponente della casa di York, dodicesimo figlio di Riccardo Plantageneto e di Cecily Neville. Sostenne il fratello Edoardo IV contro i Lancaster e, alla sua morte, fu nominato reggente per il nipote Edoardo V. Ma questi venne dichiarato figlio illegittimo insieme al fratello Riccardo di York, decadendo dalla successione. Fu allora incoronato come Riccardo III, nel 1483.
Considerato il più controverso tra tutti i Re inglesi, denigrato per secoli, sul quale il genio di William Shakespeare si è ampiamente espresso. Descritto come gobbo, infido, spietato, avido, uccisore dei suoi nipoti, rinchiusi nella Torre di Londra, e disposto a cedere il suo regno per un cavallo. In verità era scoliotico ma non esistono prove che avesse ucciso i figli del fratello, verso cui manifestò una lealtà ammirevole, anche quando Edoardo fu abbandonato quasi da tutti, compreso l’altro fratello George, Duca di Clarence.
Amministratore duro sì, ma non eccessivamente attaccato ai beni materiali, dato che, pur di sposare Anne Neville, figlia del Conte di Warwick, fu disposto a cedere a Clarence, sposato con la sorella maggiore di Anne, gran parte dell’eredità spettante alla moglie. Sfortunatamente non ebbe molti di cui fidarsi, tra quelli che decretarono la sua morte nello scontro di Bosworth, tradendolo e bollandolo, in seguito, come un vizioso tiranno.
Le armi.
Durante la Guerra dei Cent’anni si erano utilizzati il vecchio usbergo e lo scudo per i combattimenti, armi che, ben presto, si erano rivelate poco utili contro i temibili archi lunghi e le potenti balestre. L’usbergo era un indumento protettivo del corpo, in uso nel medioevo per la difesa personale del guerriero: consisteva in una veste di maglia di ferro, a forma di lunga camicia, aperta talora sul davanti a metà coscia, variamente lavorata («a grani d’orzo», «a maglia piatta», «a scaglie», ecc.), talvolta completata da calzoni, pure di maglia, e munita di cappuccio e di maniche (che, nel tipo più tardo, si continuano in manopole). Era diffuso in Occidente, caratterizzando l’abbigliamento del cavaliere prima dell’avvento dell’armatura di piastra, o corazza.
Durante le battaglie, sui campi, iniziavano ad apparire le prime bocche di fuoco, anche se erano più rumorose che letali, pertanto era necessario pensare a un più efficace armamento difensivo. Infatti, nel XV secolo, si affermò un tipo di armatura di protezione studiata per affrontare i pericoli delle nuove battaglie, la corazza a piastre. Tale nuova elaborata armatura (per lo più di tipo «italiano») assorbiva i colpi inferti dagli avversari, dato che nessuno quasi portava più lo scudo e la gran parte dei combattimenti erano tenuti da uomini appiedati. L’avversario era costretto a «picchiare» più forte fino a far cedere una parte del rivestimento metallico o a farlo cadere e finirlo con uno stiletto in una fessura tra le lamine o nella visiera. Poiché le parti dei conflitti erano di uguale composizione e le artiglierie erano poche, erano proprio i nobili in armatura, con il loro seguito a piedi, che decidevano le sorti di una battaglia. Quindi, era basilare avere la migliore protezione per il corpo. Inizialmente, sul finire del XIV secolo, all’usbergo erano state aggiunte delle piastre che avevano man mano ricoperto le varie parti del corpo, a cominciare dalle spalle, poi gomito e ginocchio, fino a unire insieme tutte le piastre con cinghie e legacci e ricoprire con esse tutte le parti del corpo.
La cotta di maglia, infine, sparì o rimase solo a sigillare internamente alcuni punti sensibili del corpo, soprattutto quelli esposti da fessure tra le lamine, migliorandone sensibilmente l’efficacia. A cavallo del XIV e XV secolo queste nuove armature, oltre a cannoni più efficienti, permisero un notevole miglioramento dell’arte siderurgica. La nota negativa era che l’armatura pesava oltre 30 chilogrammi, limitando molto la mobilità del cavaliere che, se mediamente allenato, poteva indossarla per non più di 8 – 10 ore, senza dare battaglia di continuo. Erano necessari Due scudieri per aiutare nella vestizione e, per il completamento di tutti gli elementi, occorreva una buona mezz’ora. L’armatura, infatti, si componeva di diversi elementi: elmo (a celata, a barbuta, a becco di passero, ecc.), guardagoletta, corazza, panziera (a protezione del tronco), spallaccio, vambrace, rebrace, cubitiera, manopola d’armi (a protezione di spalla, braccio e mani), braghetta, fiancale, scarsella, cosciale, ginocchiale, schiniero e scarpa d’armi (a protezione di fianchi, gambe e piedi). Il tutto era indossato sopra un giaco che poteva essere di diversi tipi di materiale, dalla cotta di maglia alla stoffa, sino al cuoio. Il caldo e il freddo, poi, erano amplificati dal metallo, per cui chi la indossava doveva avere sempre strati di cotone o di lana al di sotto di essa per non gelare o andare a fuoco, e per ripararsi da eventuali spigoli taglienti.
Il XV secolo è l’era d’oro delle armature italiane, in particolare milanesi, maggiormente richieste ovunque perché più semplici, leggere ed efficaci, oltre a quelle tedesche, in special modo della città di Norimberga. In Germania si sviluppa il modello «Busto a scatola» Kastenbrust, pensato per il cavaliere che combatte a piedi, con un’ampia scarsella e un elmo a gran bacinetto con visiera. Sul finire del Quattrocento si avrà l’armatura gotica vera e propria (Gotischer Plattenpanzer), che consentiva una grande libertà di movimento per l’elmo a bigoncia (detto anche celata alla tedesca), per l’ampia corazza pettorale, le scarpe d’armi a punta e per l’aspetto generale di fattezze artistiche tardo-gotiche, caratterizzato da scanalature sulle piastre dette Wolfzähne «Zanne di lupo».
In Italia, invece, la tipologia costruttiva si mantiene inalterata per tutto il secolo, di cui ancora oggi troviamo testimonianze in molti dipinti, monumenti e sepolcri quattrocenteschi, come il caso della famosa Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, del San Giorgio di Andrea Mantegna, del ciclo di affreschi del castello di Malpaga (residenza del condottiero Bartolomeo Colleoni), dei sarcofagi di molti capitani di ventura come Roberto da Sanseverino, delle raffigurazioni di armati nei quadri di pittori celebri, come Vittore Carpaccio e Gentile Bellini e dei monumenti del Gattamelata e di Bernabò Visconti.
L’armatura all’italiana aveva la barbuta, simile all’antico elmo corinzio oppure la celata alla viscontea, tutta chiusa e dotata di fessure verticali sulla visiera, ma poteva anche avere l’elmo a bacinetto con visiera ogivata, angolata e sporgente, a protezione della testa. L’elmo con la celata era molto protettivo ma riduceva di molto la visibilità, inoltre passava poca aria e in battaglia occorreva fare delle pause per prendere aria.
Gli artigiani armaioli più famosi d’Italia si trovavano a Milano, oltre che nel bresciano, dove ancora oggi esiste via degli Armorari, a pochi passi dal Duomo. La famiglia che si distinse come veri e propri «stilisti» delle armature fu quella dei Missaglia, ma erano note anche le botteghe di Bartolomeo Piatti, Antonio Piccinino, Giovanni Antonio Biancardi e Giovanni Figino.
Le fasi della Guerra delle Due Rose.
La Guerra delle Due Rose si considera generalmente prolungata per trentadue anni, poiché i Tudor, succeduti nel 1485 ai Plantageneti, avevano interesse a rappresentarne un’immagine di sofferenze prolungate e feroci devastazioni. In realtà, sommando le varie battaglie nelle tre decadi, i giorni effettivi di guerra ammontano a poco più di un anno, di cui solo la campagna più lunga durata quindici settimane, dal 9 dicembre 1460 alla fine di marzo 1461, formata da ben quattro battaglie.
Riccardo di York protettore d'Inghilterra. Nel 1453 la salute mentale del Re, che aveva da poco superato i 30 anni, peggiorò improvvisamente. Una potente lega di baroni comandata dal duca di Warwick, nipote del re, approfittò della situazione per nominare Riccardo di York Protettore d’Inghilterra, imprigionando il principale consigliere del re, il duca di Somerset, nella Torre di Londra. Nel frattempo però era nato Edoardo di Lancaster, figlio del Re, che metteva seriamente in dubbio il diritto al trono di Riccardo. Quando Enrico VI si riprese improvvisamente, nel 1455, Riccardo di York venne allontanato dal trono. I suoi potenti sostenitori marciarono allora contro il Re a St. Albans.
Riccardo di York è nuovamente nominato protettore. Durante questa battaglia il Re, ferito, viene imprigionato, mentre il parlamento nominava ancora una volta Riccardo di York Lord Protettore. Quanto alla Regina Margherita ed al piccolo Edoardo di Lancaster, pretendente al trono, vennero esiliati.
La battaglia di Blore Heath. Durante i successivi quattro anni di tregua, la Regina Margherita non si diede per vinta, e riuscì a mettere insieme, con l’aiuto dei francesi, una potente armata. Il 23 settembre del 1459, nonostante fosse in netta maggioranza, un’armata dei Lancaster viene sonoramente sconfitta dagli York presso Blore Heath.
La battaglia di Ludford Bridge. Mentre Margherita si rifugiava in Scozia in cerca di appoggio, un’altra armata dei Lancaster, stavolta comandata da Enrico VI in persona, sconfisse gli York presso Ludford Bridge nella notte del 12 ottobre. Per il momento Riccardo tornava in Irlanda.
La cattura di Enrico VI e l'Act of Accord. Pochi mesi dopo, il 10 luglio del 1460, gli York, comandati dal duca di Warwick, riuscirono a catturare Enrico VI, tradito da uno dei suoi generali durante la battaglia di Northampton. Col Re in suo possesso, il duca di Warwick poteva proclamare Riccardo e i propri discendenti successori al trono. Enrico VI, non certo nella posizione per opporre resistenza, accettò a condizione di rimanere Re fino alla morte. L’accordo venne suggellato dal Parlamento inglese con l’apposito l’Act of Accord.
La battaglia di Wakefield Green. Nel frattempo Margherita continuava a non darsi per vinta, e il 30 dicembre, mentre tornava dalla Scozia, i suoi sostenitori sorpresero gli York presso Wakefield Green.
Edoardo di York diventa Re Edoardo IV. Questa battaglia costò la vita a Riccardo, la cui testa, con sopra una corona di carta, venne esposta al pubblico ludibrio. Ma non per questo gli York rinunciavano al trono: Edoardo di York (1442-1483), il giovane figlio di Riccardo, sconfisse i Lancaster presso Mortimer’s Cross il 2 febbraio 1461. Tornato a Londra, il parlamento depose Enrico VI e lo incoronò Re Edoardo IV di Inghilterra (4 marzo).
La seconda battaglia di St. Albans e Towton Dobe. Nel frattempo i Lancaster riportavano una nuova vittoria nella seconda battaglia di St. Albans, dove Enrico VI, ormai deposto, veniva finalmente liberato e si ricongiungeva con sua moglie. Nel marzo del 1461, in una brutale battaglia presso Towton dove morirono circa 28.000 uomini su 50.000, presso Towton, nel Yorkshire Settentrionale, i Lancaster vennero sgominati: Enrico, Margherita ed il loro figlio erano costretti a fuggire in Scozia.
Nel 1465 Enrico viene ancora una volta catturato e rinchiuso nella Torre di Londra.
Il ritorno del Re?
Il voltafaccia di Warwick e la promessa di un nuovo Regno per Enrico VI. Mentre Edoardo IV Regnava, di fatto sotto il controllo del duca di Warwick, Margherita si era Recata in Scozia, e poi in Francia: non intendeva rinunciare al trono di suo marito e di suo figlio. Nel 1467 le cose tra Warwick ed il nuovo Re iniziarono a precipitare, finché il consigliere non venne cacciato, rifugiandosi in Francia, nel 1469. Lì, in cambio dell’appoggio francese, Warwick cambiò decisamente schieramento, promettendo alla sua antica rivale Margherita che Enrico VI sarebbe tornato Re.
Enrico VI torna sul trono. Con l’appoggio della Francia i Lancaster, stavolta guidati da Warwick, tornarono in Inghilterra. Mentre Edoardo IV era impegnato a sedare una ribellione nello Yorkshire, Warwick riuscì ad entrare a Londra ad ottobre, dove il 13 ottobre del 1470 “Reincoronò” e Reinsediò Enrico VI sul trono, ormai praticamente un burattino nelle sue mani.
La battaglia di Barnet e il ritorno di Enrico IV. Nel frattempo, Edoardo IV si era rifugiato in Borgogna. Qui, ottenuto il controllo di una flotta, tornò in Inghilterra e sconfisse i Lancaster il 14 aprile presso Barnet, dove Warwick trovò la morte. I Lancaster vennero definitivamente annientati il 4 maggio del 1471 presso Tewksbury, dove Enrico VI e la Regina Margherita vennero catturati, e loro figlio ucciso. Edoardo IV era di nuovo Re.
La morte di Enrico VI. Nel 1471 Enrico VI, ormai deposto, morì: non si sa di preciso come, ma è molto probabile che fu fatto assassinare. Margherita nel frattempo tornò in patria, dove morì nel 1482.
L'avvento della dinastia Tudor.
Re Riccardo III. Per dodici anni Edoardo IV continuò a regnare, ma nel frattempo i Lancaster si andavano riorganizzando. Riccardo, duca di Gloucester e fratello del Re, aveva sposato Anna di Neville, figlia di Warwick e vedova di Edoardo di Lancaster. Alla morte di Re Edoardo IV, nel 1483, Riccardo riuscì a far dichiarare illegittimo l’erede al trono, il tredicenne Edoardo V, diventando di fatto Re Riccardo III nel 1483.
I figli di Edoardo IV vengono rinchiusi nella Torre di Londra. I figli di Edoardo IV, di dodici e dieci anni, venivano rinchiusi nella Torre di Londra e non furono mai più ritrovati. Riccardo, accusato di averli fatti uccidere, iniziò ad essere disprezzato dagli inglesi.
Enrico Tudor e la morte di Riccardo III. Nel frattempo Enrico Tudor, un lontano parente dei Lancaster riconosciuto come capo della casata dal 1471, era riuscito a mettere insieme un esercito, ancora una volta con l’appoggio dei Francesi. Dopo un tentativo fallito nel 1483, riuscì a sbarcare presso Bosworth, dove sconfisse e uccise Riccardo III nell’agosto del 1485.
L'ascesa al trono di Enrico VII e la fine della guerra. Era l’ultimo capitolo della complessa, sanguinosa e interminabile Guerra delle Due Rose. Enrico salì al trono come Enrico VII. Dopo l’incoronazione sposò Elisabetta di York, figlia di Edoardo IV e sorella dei Due principi spariti. In questo modo le due casate si riconciliavano, ed iniziava per l’Inghilterra una nuova era.[2]
Illustrazione da Memoirs of the Court of Queen Elisabeth. 1825
Curiosità. Elisabetta di York (1466-1503), figlia di Edoardo IV, sorella di Edoardo V, nipote di Riccardo III, moglie di Enrico VII e madre di Enrico VIII, riuscì ad essere contemporaneamente figlia, sorella, nipote, moglie e madre di un Re.
L’Anno Accademico appena trascorso ci ha regalato diversi momenti di grande fermento culturale, concretizzatisi in altrettante iniziative di coinvolgimento attivo dei docenti e di noi discenti, sempre attenti e partecipi alle variegate proposte messe in campo. Tra le altre, abbiamo apprezzato l’opportunità che la professoressa Carmela Di Soccio ci ha dato di rispolverare la storia, mai così attuale, delle numerose guerre che nei secoli l’umanità ha combattuto. Da sempre l’uomo ha perseguito la brama di potere e, in qualunque ambito, lo ha fatto attraverso guerre e sopraffazioni generalmente promosse da classi politiche dominanti a scapito delle popolazioni inermi, di cui anche oggi si hanno purtroppo strazianti esempi.
Tra una raccolta di testi pubblicati da Grandangolo per il Corriere della Sera, messi a nostra disposizione, spazianti dalle guerre persiane alla seconda guerra mondiale, la scelta è caduta sul testo relativo alla Guerra delle Due Rose (1455-1487), una contesa tra casate che interessò poco la popolazione, ma che durò più di trent’anni, nella metà del XV secolo, con grande spargimento di sangue.
Mentre la storia è costellata di avvenimenti che hanno determinato congiunture e implicazioni politiche, culturali, sociali, religiose, tali da rendere complesso il lavoro di analisi degli studiosi e degli storici, condizionato sia dalla conoscenza delle vicende narrate e delle fonti documentali rese disponibili dal contesto storiografico, sia, soprattutto, dalle identità nazionali sottoposte alla osservazione e allo studio dei ricercatori, la Guerra delle Due Rose, la cui posta in palio era il trono d’Inghilterra, comprende, invece, una serie di guerre civili di straordinaria ferocia a opera di due fazioni rappresentate da due casate nobiliari tra loro imparentate, due rami della dinastia dei Plantageneti: i Lancaster (al trono dal 1398) e gli York.
Il nome con cui vengono ricordate oggi queste guerre deriva dal simbolo delle due casate: i Conti di Somerset, Suffolk, Warwick e Riccardo Plantageneto scelgono le Rose, Rosa Bianca per gli York, Rosa Rossa per i Lancaster. Alla fine del sanguinoso conflitto, emergerà una nuova dinastia: i Tudor[1].
1455 – Scena tratta dall'Enrico VI di Shakespeare: i Conti di Somerset, Suffolk e Warwick e Riccardo Plantageneto scelgono le Rose: Rossa per il Lancashire, Bianca per lo York.
I protagonisti della contesa.
Enrico VI Lancaster. Un Re fragile. Unico erede di Enrico V e Caterina di Valois, perse il padre a soli nove mesi, diventando Re d'Inghilterra nel 1422, per cui si rese necessario nominare una Reggenza fino al raggiungimento della sua maggiore età. Inevitabilmente si scatenò una dura lotta di potere tra Humphey, duca di Gloucester, preposto dal defunto Re, e suo fratello William de la Pole.
Enrico VI Lancaster
Suo padre Enrico V – vincitore di Azincourt e restauratore del potere inglese in Francia – era stato un abile stratega, e grazie a lui il giovanissimo Re godeva di pretese sul trono di Francia. Per rinforzarle, nel 1445, sposò Margherita d’Angiò, un’ambiziosa nobildonna francese. Per capire la Guerra delle Due Rose bisogna tenere presente che Enrico VI, a differenza del padre, non aveva un carattere forte e, inoltre, soffriva di crisi di pazzia, ereditata dal nonno materno Carlo VI di Valois, tanto da non riuscire a tenere il controllo della bellicosa nobiltà inglese. I nobili, infatti, oltre a detenere il Reale controllo del Paese, partecipavano al governo attraverso il Consiglio Reale.
Di indole debole, quindi, per tutta la vita Enrico avrebbe subìto la volontà altrui. Lo scarso potere effettivo lo portò presto a perdere gran parte dei suoi possedimenti in Francia, mentre in Inghilterra dilagava la corruzione e il malcontento tra il popolo sottoposto a tassazioni elevatissime. I contadini, guidati da Jack Cade, marciarono su Londra portando alcune istanze al Re, tra cui il ritorno di Riccardo, Duca di York, un lontano parente del Re, «esiliato» in Irlanda tre anni prima. Si trattava in effetti di un pericoloso pretendente al trono poiché suo nonno materno Ruggero Mortimer, nel lontano 1385, era stato designato erede al trono da Re Riccardo II.
La rivolta di Jack Cade
Margherita d’Angiò, sposa di Enrico VI e Regina d’Inghilterra, nasce in Lorena il 23 marzo 1430, figlia di Renato d’Angiò, Re titolare di Napoli, Sicilia e Gerusalemme ed effettivo Duca di Angiò e Lorena, e di Jolanda d’Aragona.
Margaret of Anjou (1429 – 1482), Regina di Inghilterra e moglie di Enrico VI
Intelligente e colta, condivideva con il marito unicamente l’amore per la cultura, ben presto riuscì a esercitare sul debole Re un ascendente molto forte, ma non a utilizzarlo per il bene dell’Inghilterra poiché si affiancò ai cattivi amministratori del Regno quali William de la Pole, conte di Suffolk, Edmund Beaufort, II Duca di Somerset e James Butler, Conte di Ormond, ritenuti all’epoca gli amanti della Regina, uno dei quali il vero padre di Edoardo, Principe di Galles. Gruppo dirigente che la popolazione considerava Responsabile della insostenibile tassazione, imposta per finanziare le guerre in Francia, e incapace di garantire l’ordine pubblico in patria. Il matrimonio tra Enrico VI e Margherita d’Angiò aveva prodotto, però, solo una costosa tregua ma non l’agognata pace con la Francia.
La successiva messa in stato d’accusa di Suffolk da parte del Parlamento (e il suo seguente omicidio) e l’emergere del partito riformista con a capo Riccardo Plantageneto, il Duca di York, furono visti da Margherita come opera di traditori, senza cercare di comprendere le ragioni dell’opposizione. York, in particolare, era la sua bestia nera, considerato non solo un sovversivo ma anche un pretendente alla corona inglese. Infatti, proprio il comportamento della Regina aveva spinto York a fare il passo estremo con l’intento di soppiantare i cattivi consiglieri del Re.
La Regina non collaborò mai con il Duca e, al rinsavimento del Re, lo influenzò per far annullare tutte le riforme poste in atto fino a quel momento. La sua estrema partigianeria non si sarebbe mai attenuata neanche di fronte a chi le suggeriva di ergersi super partes, tanto da portarla alla fine a perdere il trono, il figlio e il marito. L’assenza di acume politico si manifestò prepotentemente durante la Guerra delle Due Rose, specie negli anni 1460-61, quando la Regina cedette senza scrupoli interi territori inglesi a potenze straniere, quali la piazzaforte di Berwick agli scozzesi e quella di Calais ai francesi, pur di ottenere il loro sostegno militare contro i suoi nemici interni. Grave il saccheggio delle Contee meridionali inglesi permesso dalla Regina, tanto da spingere la città di Londra a chiuderle le porte in faccia dopo la seconda Battaglia di Saint Albans e a molti dei suoi sudditi, neutrali fino a quel momento, a parteggiare per gli yorkisti. La vittoria degli yorkisti, con la deposizione di Enrico e l’incoronazione di Edoardo IV, la costrinse alla fuga oltremanica insieme al Principe di Galles, cercando di corte in corte, nei dieci anni successivi, aiuto per riprendersi il trono e l’opportunità di rientrare in Inghilterra.
L’occasione si presentò concretamente ma, ancora una volta, la mancanza di flessibilità avrebbe condotto Margherita al disastro. Richard Neville, Conte di Warwick, e Giorgio Plantageneto, Duca di Clarence nonché aspirante al trono, disertarono il campo yorkista dandole la possibilità di tornare sul trono, ma la netta avversione per Warwick non le permise di incontrarlo se non dopo le insistenze di Luigi XI di Francia. Inoltre, malvolentieri acconsentì al matrimonio del suo unigenito con la figlia di Warwick, Anne Neville. Narrano testimonianze dell’epoca che avesse proibito al figlio di consumare il matrimonio, in modo da poterlo sciogliere in qualunque momento al suo ritorno sul trono. In questo modo, però, non si assicurò un erede da parte del Principe per la continuazione della dinastia lancasteriana.
Dopo gli avvenimenti successivi, la sconfitta e la morte di Warwick a Barnet al suo arrivo in Inghilterra nel 1471, si lasciò convincere dai suoi seguaci che fosse ancora possibile organizzare la riscossa partendo dal Galles. Il risultato fu la Battaglia di Tewkesbury, la morte del Principe di Galles, la successiva uccisione di Enrico VI, quindi la fine della dinastia lancasteriana. Catturata dagli yorkisti, rimase prigioniera fino al 1475. Il Re di Francia pagò il suo riscatto e, fino alla sua morte, avvenuta nel 1482, condusse un’esistenza precaria vivendo con una misera pensione concessa da Luigi XI.
Riccardo Plantageneto, III Duca di York era figlio di Richard di Conisburgh III, Conte di Cambridge, e di Anna di Mortimer. Cavaliere nel 1426, sposò Cecily Neville tre anni dopo. Considerato colui che scatenò la Guerra delle Due Rose, in realtà fu forzato dagli eventi ma soprattutto dagli uomini a rilanciare politicamente finché, per garantire la propria sopravvivenza, non ebbe altra scelta che pretendere per sé la corona inglese, come successore designato di Enrico VI, senza però riuscirvi. Uomo ambizioso, si pose in rotta di collisione con Edmund, duca di Beaufort e, soprattutto, con la Regina Margherita d’Angiò. La sua morte e lo scempio perpetrato al suo cadavere e degli altri yorkisti caduti nella battaglia di Wakefield, pose fine alla fase «pulita» della guerra, inaugurando una serie di rappresaglie che alla fine avrebbe spazzato via il vecchio ceto dirigente di Enrico VI.
Nel 1453 la salute mentale del Re, che aveva da poco superato i 30 anni, peggiorò improvvisamente. Da quel momento il Re, che soffriva di amnesie, catalessi e allucinazioni, alternerà fasi di coscienza a fasi di totale incapacità. Una potente lega di baroni comandata dal Duca di Warwick, nipote del Re, approfittò della situazione per nominare Riccardo di York Protettore d’Inghilterra, imprigionando il principale consigliere del Re, il duca di Somerset, nella Torre di Londra.
Nel frattempo però era nato Edoardo di Lancaster, figlio del Re, che metteva seriamente in dubbio il diritto al trono di Riccardo. Quando Enrico VI si riprese improvvisamente, nel 1455, Riccardo di York venne allontanato dal trono.
Richard Neville, Conte di Warwick (1428 – 1471). È passato alla storia come The Kingmaker “Il facitore del Re” per aver sostenuto la pretesa al trono di Riccardo, Duca di York, per poi cacciarlo e ripristinare il suo predecessore. Il suo matrimonio con Anne Beauchamp, figlia del facoltoso Conte di Warwick, ne aumentò notevolmente il prestigio, ma soprattutto titolo e possedimenti del suocero, jure uxoris, alla sua morte. Questo alimentò però la disputa con il marito della sorellastra di Anne, Edmund Beaufort, Duca di Somerset, vicinissimo al Re Enrico VI, che parteggiava per Somerset. Si avvicinò al Duca di York e alle sue istanze riformiste per opportunismo ma anche nella convinzione che i consiglieri del Re stavano spingendo l’Inghilterra nel baratro.
Durante la prima Battaglia di Saint Albans nel 1455, acquistò la reputazione di brillante tattico, rivelatasi in seguito esagerata. Seguì le fortune della fazione yorkista e, nonostante fosse contrario all’idea della sostituzione di Enrico VI con il Duca di York al trono, redisse comunque l’Act of Accord del 1459, in cui era previsto che il Duca succedesse al Re, diseredando di fatto il Principe di Galles.
Perse la seconda Battaglia di Saint Albans del 1460-61, ma convinse Edoardo, Conte di March – figlio di Riccardo Plantageneto, Duca di York, a proclamarsi Re con il nome di Edoardo IV. Tuttavia, una volta saldo sul trono, Edoardo IV esercitò una volontà propria e l’intenzione di esercitarla, causando una serie di screzi tra i due. L’arrivo di Elizabeth Woodville – sposata in segreto da Edoardo – condussero il Conte alla rivolta. Nel 1469 sconfisse Edoardo nella Battaglia di Edgecote, diventando padrone indiscusso dell’Inghilterra, ma sottovalutando il suo avversario che lo costrinse alla fuga oltremanica insieme al fratello del Re, George, Duca di Clarence. In Francia fece accordi con Luigi XI di Valois e, forzatamente, anche con Margherita d’Angiò, per la restaurazione di Enrico IV, in cambio di una formale alleanza franco-inglese.
La sua invasione dell’Inghilterra fu un successo, costrinse alla fuga oltremanica Edoardo e ripristinò Enrico sul trono. La riscossa di Edoardo, però, non si fece attendere, non essendo Warwick in grado di portare dalla sua parte gli yorkisti. The Kingmaker venne ucciso nella Battaglia di Barnet, ad aprile 1471.
Warwick fu un uomo di grandi capacità, ma non tali da essere in più occasioni buon giudice di uomini e situazioni, come nel non comprendere che il ceto commerciale inglese era contrario a un’alleanza con la Francia contro la Borgogna, uno dei migliori mercati continentali dell’Inghilterra. La sua propensione a trattare le persone con sufficienza non gli acquistò la lealtà dei suoi pari, a differenza della popolarità che godeva presso i ceti inferiori. I suoi limiti si manifestarono nella seconda Battaglia di Saint Albans e a Barnet, in cui il suo destino avverso ebbe la meglio.
Edoardo IV, Re d’Inghilterra (1442 – 1483). Edoardo IV è stato l’opposto del suo predecessore. Quanto Enrico VI era pio, senza vizi e industrioso, tanto spietato, donnaiolo, gaudente e libertino Edoardo IV. Dalle decisioni lente e spesso errate Enrico, Edoardo riusciva, invece, a muoversi come un fulmine centrando spesso l’obiettivo. Enrico succube dei suoi consiglieri, Edoardo con una volontà propria che lo spinse spesso a scontrarsi con loro, dipendendo solo dalla spregiudicata e ambiziosa moglie, Elizabeth Woodville.
Era figlio di Riccardo, Duca di York, e di Cecily Neville, figlia del Conte di Salisbury. La dissomiglianza dal padre fece sospettare che fosse il frutto di un rapporto adulterino. Gli fu dato il titolo di Conte di March a dodici anni e, alla morte di York a Wakefield nel 1460, ereditò i titoli e la pretesa al trono d’Inghilterra. Abile comandante militare, vinse nel febbraio 1461 la Battaglia di Mortimer’s Cross e, il mese successivo, conquistò la grande vittoria di Towton, che gli permise di esautorare dal trono Enrico VI per ascenderne personalmente. Richard Neville, Conte di Warwick, gli fu accanto durante i primi anni di regno, ma i due ruppero in seguito i rapporti a causa della politica estera: Warwick voleva un’alleanza con la Francia e il matrimonio con una principessa francese; Edoardo, invece, non solo sposò in segreto Elizabeth Woodville, ma concluse pure un accordo con il Duca di Borgogna.
Durante la seconda parte del regno, Edoardo rafforzò i poteri della corona, riuscì a controllare le dispute tra la nobiltà in qualità di arbitro e non più come capo di una fazione. Si circondò di persone capaci e di amministratori efficienti, spesso ex lancasteriani, riuscendo a pareggiare il bilancio del regno, cosa rara per un monarca medievale, con spregiudicati metodi fiscali, successivamente attribuiti a Enrico VII. Riaffermò anche la posizione internazionale dell’Inghilterra, riconquistò Berwick dagli scozzesi e sposando sua sorella Margaret con il Duca di Borgogna. Di contro, non esitò a far giustiziare il fratello George, Duca di Clarense, dopo averlo fatto condannare per tradimento.
La sua salute peggiorò dalla Pasqua del 1483, cosa che lo spinse a inserire dei codicilli al testamento, tra cui quello che nominava il fratello Riccardo, Duca di Gloucester, Lord Protettore del Regno, non sapendo che queste sue volontà avrebbero in seguito portato a una crisi successoria in Inghilterra e, nel giro di due anni, alla fine della dinastia dei Plantageneti.
Riccardo III, Re d’Inghilterra (1452 – 1482). È stato l’ultimo esponente della casa di York, dodicesimo figlio di Riccardo Plantageneto e di Cecily Neville. Sostenne il fratello Edoardo IV contro i Lancaster e, alla sua morte, fu nominato reggente per il nipote Edoardo V. Ma questi venne dichiarato figlio illegittimo insieme al fratello Riccardo di York, decadendo dalla successione. Fu allora incoronato come Riccardo III, nel 1483.
Considerato il più controverso tra tutti i Re inglesi, denigrato per secoli, sul quale il genio di William Shakespeare si è ampiamente espresso. Descritto come gobbo, infido, spietato, avido, uccisore dei suoi nipoti, rinchiusi nella Torre di Londra, e disposto a cedere il suo regno per un cavallo. In verità era scoliotico ma non esistono prove che avesse ucciso i figli del fratello, verso cui manifestò una lealtà ammirevole, anche quando Edoardo fu abbandonato quasi da tutti, compreso l’altro fratello George, Duca di Clarence.
Amministratore duro sì, ma non eccessivamente attaccato ai beni materiali, dato che, pur di sposare Anne Neville, figlia del Conte di Warwick, fu disposto a cedere a Clarence, sposato con la sorella maggiore di Anne, gran parte dell’eredità spettante alla moglie. Sfortunatamente non ebbe molti di cui fidarsi, tra quelli che decretarono la sua morte nello scontro di Bosworth, tradendolo e bollandolo, in seguito, come un vizioso tiranno.
Le armi.
Durante la Guerra dei Cent’anni si erano utilizzati il vecchio usbergo e lo scudo per i combattimenti, armi che, ben presto, si erano rivelate poco utili contro i temibili archi lunghi e le potenti balestre. L’usbergo era un indumento protettivo del corpo, in uso nel medioevo per la difesa personale del guerriero: consisteva in una veste di maglia di ferro, a forma di lunga camicia, aperta talora sul davanti a metà coscia, variamente lavorata («a grani d’orzo», «a maglia piatta», «a scaglie», ecc.), talvolta completata da calzoni, pure di maglia, e munita di cappuccio e di maniche (che, nel tipo più tardo, si continuano in manopole). Era diffuso in Occidente, caratterizzando l’abbigliamento del cavaliere prima dell’avvento dell’armatura di piastra, o corazza.
Durante le battaglie, sui campi, iniziavano ad apparire le prime bocche di fuoco, anche se erano più rumorose che letali, pertanto era necessario pensare a un più efficace armamento difensivo. Infatti, nel XV secolo, si affermò un tipo di armatura di protezione studiata per affrontare i pericoli delle nuove battaglie, la corazza a piastre. Tale nuova elaborata armatura (per lo più di tipo «italiano») assorbiva i colpi inferti dagli avversari, dato che nessuno quasi portava più lo scudo e la gran parte dei combattimenti erano tenuti da uomini appiedati. L’avversario era costretto a «picchiare» più forte fino a far cedere una parte del rivestimento metallico o a farlo cadere e finirlo con uno stiletto in una fessura tra le lamine o nella visiera. Poiché le parti dei conflitti erano di uguale composizione e le artiglierie erano poche, erano proprio i nobili in armatura, con il loro seguito a piedi, che decidevano le sorti di una battaglia. Quindi, era basilare avere la migliore protezione per il corpo. Inizialmente, sul finire del XIV secolo, all’usbergo erano state aggiunte delle piastre che avevano man mano ricoperto le varie parti del corpo, a cominciare dalle spalle, poi gomito e ginocchio, fino a unire insieme tutte le piastre con cinghie e legacci e ricoprire con esse tutte le parti del corpo.
La cotta di maglia, infine, sparì o rimase solo a sigillare internamente alcuni punti sensibili del corpo, soprattutto quelli esposti da fessure tra le lamine, migliorandone sensibilmente l’efficacia. A cavallo del XIV e XV secolo queste nuove armature, oltre a cannoni più efficienti, permisero un notevole miglioramento dell’arte siderurgica. La nota negativa era che l’armatura pesava oltre 30 chilogrammi, limitando molto la mobilità del cavaliere che, se mediamente allenato, poteva indossarla per non più di 8 – 10 ore, senza dare battaglia di continuo. Erano necessari Due scudieri per aiutare nella vestizione e, per il completamento di tutti gli elementi, occorreva una buona mezz’ora. L’armatura, infatti, si componeva di diversi elementi: elmo (a celata, a barbuta, a becco di passero, ecc.), guardagoletta, corazza, panziera (a protezione del tronco), spallaccio, vambrace, rebrace, cubitiera, manopola d’armi (a protezione di spalla, braccio e mani), braghetta, fiancale, scarsella, cosciale, ginocchiale, schiniero e scarpa d’armi (a protezione di fianchi, gambe e piedi). Il tutto era indossato sopra un giaco che poteva essere di diversi tipi di materiale, dalla cotta di maglia alla stoffa, sino al cuoio. Il caldo e il freddo, poi, erano amplificati dal metallo, per cui chi la indossava doveva avere sempre strati di cotone o di lana al di sotto di essa per non gelare o andare a fuoco, e per ripararsi da eventuali spigoli taglienti.
Il XV secolo è l’era d’oro delle armature italiane, in particolare milanesi, maggiormente richieste ovunque perché più semplici, leggere ed efficaci, oltre a quelle tedesche, in special modo della città di Norimberga. In Germania si sviluppa il modello «Busto a scatola» Kastenbrust, pensato per il cavaliere che combatte a piedi, con un’ampia scarsella e un elmo a gran bacinetto con visiera. Sul finire del Quattrocento si avrà l’armatura gotica vera e propria (Gotischer Plattenpanzer), che consentiva una grande libertà di movimento per l’elmo a bigoncia (detto anche celata alla tedesca), per l’ampia corazza pettorale, le scarpe d’armi a punta e per l’aspetto generale di fattezze artistiche tardo-gotiche, caratterizzato da scanalature sulle piastre dette Wolfzähne «Zanne di lupo».
In Italia, invece, la tipologia costruttiva si mantiene inalterata per tutto il secolo, di cui ancora oggi troviamo testimonianze in molti dipinti, monumenti e sepolcri quattrocenteschi, come il caso della famosa Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, del San Giorgio di Andrea Mantegna, del ciclo di affreschi del castello di Malpaga (residenza del condottiero Bartolomeo Colleoni), dei sarcofagi di molti capitani di ventura come Roberto da Sanseverino, delle raffigurazioni di armati nei quadri di pittori celebri, come Vittore Carpaccio e Gentile Bellini e dei monumenti del Gattamelata e di Bernabò Visconti.
L’armatura all’italiana aveva la barbuta, simile all’antico elmo corinzio oppure la celata alla viscontea, tutta chiusa e dotata di fessure verticali sulla visiera, ma poteva anche avere l’elmo a bacinetto con visiera ogivata, angolata e sporgente, a protezione della testa. L’elmo con la celata era molto protettivo ma riduceva di molto la visibilità, inoltre passava poca aria e in battaglia occorreva fare delle pause per prendere aria.
Gli artigiani armaioli più famosi d’Italia si trovavano a Milano, oltre che nel bresciano, dove ancora oggi esiste via degli Armorari, a pochi passi dal Duomo. La famiglia che si distinse come veri e propri «stilisti» delle armature fu quella dei Missaglia, ma erano note anche le botteghe di Bartolomeo Piatti, Antonio Piccinino, Giovanni Antonio Biancardi e Giovanni Figino.
Le fasi della Guerra delle Due Rose.
La Guerra delle Due Rose si considera generalmente prolungata per trentadue anni, poiché i Tudor, succeduti nel 1485 ai Plantageneti, avevano interesse a rappresentarne un’immagine di sofferenze prolungate e feroci devastazioni. In realtà, sommando le varie battaglie nelle tre decadi, i giorni effettivi di guerra ammontano a poco più di un anno, di cui solo la campagna più lunga durata quindici settimane, dal 9 dicembre 1460 alla fine di marzo 1461, formata da ben quattro battaglie.
Riccardo di York protettore d'Inghilterra. Nel 1453 la salute mentale del Re, che aveva da poco superato i 30 anni, peggiorò improvvisamente. Una potente lega di baroni comandata dal duca di Warwick, nipote del re, approfittò della situazione per nominare Riccardo di York Protettore d’Inghilterra, imprigionando il principale consigliere del re, il duca di Somerset, nella Torre di Londra. Nel frattempo però era nato Edoardo di Lancaster, figlio del Re, che metteva seriamente in dubbio il diritto al trono di Riccardo. Quando Enrico VI si riprese improvvisamente, nel 1455, Riccardo di York venne allontanato dal trono. I suoi potenti sostenitori marciarono allora contro il Re a St. Albans.
Riccardo di York è nuovamente nominato protettore. Durante questa battaglia il Re, ferito, viene imprigionato, mentre il parlamento nominava ancora una volta Riccardo di York Lord Protettore. Quanto alla Regina Margherita ed al piccolo Edoardo di Lancaster, pretendente al trono, vennero esiliati.
La battaglia di Blore Heath. Durante i successivi quattro anni di tregua, la Regina Margherita non si diede per vinta, e riuscì a mettere insieme, con l’aiuto dei francesi, una potente armata. Il 23 settembre del 1459, nonostante fosse in netta maggioranza, un’armata dei Lancaster viene sonoramente sconfitta dagli York presso Blore Heath.
La battaglia di Ludford Bridge. Mentre Margherita si rifugiava in Scozia in cerca di appoggio, un’altra armata dei Lancaster, stavolta comandata da Enrico VI in persona, sconfisse gli York presso Ludford Bridge nella notte del 12 ottobre. Per il momento Riccardo tornava in Irlanda.
La cattura di Enrico VI e l'Act of Accord. Pochi mesi dopo, il 10 luglio del 1460, gli York, comandati dal duca di Warwick, riuscirono a catturare Enrico VI, tradito da uno dei suoi generali durante la battaglia di Northampton. Col Re in suo possesso, il duca di Warwick poteva proclamare Riccardo e i propri discendenti successori al trono. Enrico VI, non certo nella posizione per opporre resistenza, accettò a condizione di rimanere Re fino alla morte. L’accordo venne suggellato dal Parlamento inglese con l’apposito l’Act of Accord.
La battaglia di Wakefield Green. Nel frattempo Margherita continuava a non darsi per vinta, e il 30 dicembre, mentre tornava dalla Scozia, i suoi sostenitori sorpresero gli York presso Wakefield Green.
Edoardo di York diventa Re Edoardo IV. Questa battaglia costò la vita a Riccardo, la cui testa, con sopra una corona di carta, venne esposta al pubblico ludibrio. Ma non per questo gli York rinunciavano al trono: Edoardo di York (1442-1483), il giovane figlio di Riccardo, sconfisse i Lancaster presso Mortimer’s Cross il 2 febbraio 1461. Tornato a Londra, il parlamento depose Enrico VI e lo incoronò Re Edoardo IV di Inghilterra (4 marzo).
La seconda battaglia di St. Albans e Towton Dobe. Nel frattempo i Lancaster riportavano una nuova vittoria nella seconda battaglia di St. Albans, dove Enrico VI, ormai deposto, veniva finalmente liberato e si ricongiungeva con sua moglie. Nel marzo del 1461, in una brutale battaglia presso Towton dove morirono circa 28.000 uomini su 50.000, presso Towton, nel Yorkshire Settentrionale, i Lancaster vennero sgominati: Enrico, Margherita ed il loro figlio erano costretti a fuggire in Scozia.
Nel 1465 Enrico viene ancora una volta catturato e rinchiuso nella Torre di Londra.
Il ritorno del Re?
Il voltafaccia di Warwick e la promessa di un nuovo Regno per Enrico VI. Mentre Edoardo IV Regnava, di fatto sotto il controllo del duca di Warwick, Margherita si era Recata in Scozia, e poi in Francia: non intendeva rinunciare al trono di suo marito e di suo figlio. Nel 1467 le cose tra Warwick ed il nuovo Re iniziarono a precipitare, finché il consigliere non venne cacciato, rifugiandosi in Francia, nel 1469. Lì, in cambio dell’appoggio francese, Warwick cambiò decisamente schieramento, promettendo alla sua antica rivale Margherita che Enrico VI sarebbe tornato Re.
Enrico VI torna sul trono. Con l’appoggio della Francia i Lancaster, stavolta guidati da Warwick, tornarono in Inghilterra. Mentre Edoardo IV era impegnato a sedare una ribellione nello Yorkshire, Warwick riuscì ad entrare a Londra ad ottobre, dove il 13 ottobre del 1470 “Reincoronò” e Reinsediò Enrico VI sul trono, ormai praticamente un burattino nelle sue mani.
La battaglia di Barnet e il ritorno di Enrico IV. Nel frattempo, Edoardo IV si era rifugiato in Borgogna. Qui, ottenuto il controllo di una flotta, tornò in Inghilterra e sconfisse i Lancaster il 14 aprile presso Barnet, dove Warwick trovò la morte. I Lancaster vennero definitivamente annientati il 4 maggio del 1471 presso Tewksbury, dove Enrico VI e la Regina Margherita vennero catturati, e loro figlio ucciso. Edoardo IV era di nuovo Re.
La morte di Enrico VI. Nel 1471 Enrico VI, ormai deposto, morì: non si sa di preciso come, ma è molto probabile che fu fatto assassinare. Margherita nel frattempo tornò in patria, dove morì nel 1482.
L'avvento della dinastia Tudor.
Re Riccardo III. Per dodici anni Edoardo IV continuò a regnare, ma nel frattempo i Lancaster si andavano riorganizzando. Riccardo, duca di Gloucester e fratello del Re, aveva sposato Anna di Neville, figlia di Warwick e vedova di Edoardo di Lancaster. Alla morte di Re Edoardo IV, nel 1483, Riccardo riuscì a far dichiarare illegittimo l’erede al trono, il tredicenne Edoardo V, diventando di fatto Re Riccardo III nel 1483.
I figli di Edoardo IV vengono rinchiusi nella Torre di Londra. I figli di Edoardo IV, di dodici e dieci anni, venivano rinchiusi nella Torre di Londra e non furono mai più ritrovati. Riccardo, accusato di averli fatti uccidere, iniziò ad essere disprezzato dagli inglesi.
Enrico Tudor e la morte di Riccardo III. Nel frattempo Enrico Tudor, un lontano parente dei Lancaster riconosciuto come capo della casata dal 1471, era riuscito a mettere insieme un esercito, ancora una volta con l’appoggio dei Francesi. Dopo un tentativo fallito nel 1483, riuscì a sbarcare presso Bosworth, dove sconfisse e uccise Riccardo III nell’agosto del 1485.
L'ascesa al trono di Enrico VII e la fine della guerra. Era l’ultimo capitolo della complessa, sanguinosa e interminabile Guerra delle Due Rose. Enrico salì al trono come Enrico VII. Dopo l’incoronazione sposò Elisabetta di York, figlia di Edoardo IV e sorella dei Due principi spariti. In questo modo le due casate si riconciliavano, ed iniziava per l’Inghilterra una nuova era.[2]
Il matrimonio tra Elisabetta di York ed Enrico VII sancì la fine della guerra.
Illustrazione da Memoirs of the Court of Queen Elisabeth. 1825
Curiosità. Elisabetta di York (1466-1503), figlia di Edoardo IV, sorella di Edoardo V, nipote di Riccardo III, moglie di Enrico VII e madre di Enrico VIII, riuscì ad essere contemporaneamente figlia, sorella, nipote, moglie e madre di un Re.