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Configurazione geografica del Sannio e delle popolazioni sannite




Il Sannio si configura
Il Sannio si configura come un altopiano situato nel centro dell’Italia meridionale. È delimitato a nord dal fiume Sangro e dai territori dei Marsi e dei Peligni, a sud dal fiume Ofanto e dai territori dei Lucani, a est dal Tavoliere delle Puglie e dal territorio dei Frentani, e a ovest dalla pianura campana e dai territori dei Sidicini, dei Latini e degli Aurunci.

Il Sannio è prevalentemente montuoso, con formazioni di calcare e dolomia che, a causa della loro conformazione e altitudine, rendevano il transito difficile, ma offrivano rifugi sicuri per le tribù sannitiche. La Majella era il rifugio dei Caraceni, i monti Irpini degli Irpini, il Monte Taburno dei Caudini e il Matese dei Pentri. Dai rilievi montuosi e dalle sorgenti si originano numerosi corsi d'acqua, indispensabili per l’agricoltura e la pastorizia, praticate su terreni in prevalenza poco fertili, anche a causa di condizioni climatiche avverse, come inverni rigidi, gelate tardive ed estati siccitose.

La difficoltà nel produrre risorse alimentari sufficienti per una popolazione in crescita spinse i Sanniti a migrare verso le fertili pianure circostanti, spesso entrando in conflitto con gli agricoltori locali che consideravano le greggi una minaccia per le coltivazioni. Nonostante un’efficiente rete viaria, di cui restano alcune tracce come la strada che attraversava il Matese per collegare Alife a Telesia e Beneventum, i Romani impiegarono più di settant’anni per conquistare e integrare il Sannio.
Nel IV secolo a.C., il fiume Sangro segnava il confine settentrionale del Sannio, che includeva territori come il Monte Meta e la valle di Comino.

Durante questo periodo, il Sannio si espanse verso il fiume Liri, includendo città come Aquino e Venafro. A sud, il confine era segnato dal fiume Ofanto, mentre a est città come Teanum Apulum e Canusium non facevano parte del Sannio, a differenza di Luceria, che probabilmente vi apparteneva.
Secondo la tradizione, i Sanniti erano discendenti dei Sabini, che si spostarono nel Sannio attraverso un rituale noto come "Ver Sacrum". Questo rituale prevedeva che i giovani consacrati alla divinità Camerta lasciassero la loro tribù per fondare nuove comunità sotto la guida di un animale sacro, spesso rappresentato simbolicamente su un vessillo. La necessità di praticare il Ver Sacrum era probabilmente legata alla sovrappopolazione.

Le principali tribù sannitiche erano i Pentri, i Caudini e gli Irpini. I Pentri, popolazione montanara, occupavano la regione del Matese e le valli dei fiumi Trigno e Tiferno. I Caudini, situati tra le montagne e la pianura campana, erano i più urbanizzati e influenzati dalla cultura greca. Gli Irpini, detti "uomini-lupo", abitavano le vallate dell’Ofanto, del Calore e del Sabato, confinando a nord con i Pentri e a sud con i Lucani.
Dopo le guerre sannitiche, i Sanniti persero gran parte del loro territorio a favore di Roma, mantenendo una parziale autonomia fino alla Guerra Sociale, quando ottennero la cittadinanza romana. Da allora, le tribù sannitiche furono integrate nella struttura amministrativa romana.

Le prime menzioni dei Sanniti si trovano negli scritti greci del IV secolo a.C., che li descrivono come abitanti delle città di Tifernum e Mistai. Il loro territorio si estendeva dalla penisola sorrentina fino al Gargano. La Lega Sannitica, formata inizialmente per scopi religiosi, divenne una potente alleanza militare che costituì un’importante opposizione alla Repubblica Romana.
 Il Sannio si configura come un altopiano situato nel centro dell'Italia meridionale, delimitato:
  • a nord, dal fiume Sangro e dai territori dei Marsi e dei Peligni;
  • a sud, dal fiume Ofanto e dal territorio dei Lucani;
  • a est, dal Tavoliere delle Puglie e dal territorio dei Frentani;
  • a ovest, dalla pianura campana e dai territori dei Sidicini, dei Latini e degli Aurunci.
Il Sannio è costituito prevalentemente da montagne calcaree e dolomitiche, che, per conformazione o altitudine, rendevano il transito difficoltoso. Tuttavia, queste montagne offrivano un rifugio sicuro alle tribù sannitiche: la Majella ai Caraceni, i Monti Irpini agli Irpini, il Monte Taburno ai Caudini e il Matese ai Pentri.

Dalle catene montuose e dalle numerose sorgenti si originano corsi d'acqua fondamentali per l’agricoltura e la pastorizia. Tuttavia, i terreni del Sannio erano prevalentemente poco fertili, anche a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli: inverni rigidi, gelate tardive ed estati siccitose. Questo rendeva difficile sostenere una popolazione in crescita. La scarsità di risorse alimentari fu il principale motivo delle migrazioni verso le fertili pianure delle regioni confinanti. Queste migrazioni causarono spesso conflitti con gli agricoltori locali, che vedevano nelle greggi sannitiche una minaccia per le loro colture.

Nonostante queste difficoltà
Nonostante queste difficoltà, il Sannio vantava una rete viaria efficiente, di cui sono ancora visibili tracce. Ad esempio:
  • Alife aveva una strada che attraversava l’impervio Matese per collegarsi a Bojano e a Telesia;
  • Beneventum era un importante crocevia, da cui si diramavano strade verso Telesia, il Volturno, Teano Sidicino e Rufrae;
  • Venafro e Isernia costituivano nodi stradali strategici, con collegamenti verso Beneventum e altre città.
Beneventum era la principale città di confluenza e partenza del Sannio, tanto che da essa deriva il detto: "Tutte le strade portano a Beneventum".

Nonostante la presenza di una rete viaria efficiente, i Romani impiegarono più di 70 anni per sottomettere il Sannio e stabilire colonie latine. Tra queste si ricordano: Realis nel 334 a.C., Frigelle nel 328 a.C., Luceria nel 314 a.C., Saticula nel 313 a.C., Interamna Lirenas nel 312 a.C., Sora nel 303 a.C., Venusia nel 291 a.C., Beneventum nel 268 a.C. e Aesernia nel 263 a.C.
Nel IV secolo a.C., il fiume Sangro segnava per buona parte del suo percorso il confine settentrionale del territorio sannitico. Il Sannio includeva il massiccio montuoso del Monte Meta, alto circa 2.200 metri, situato a ovest della Valle di Comino, vicino all’attuale Alvito. Includeva inoltre la fortezza di Cominium, con l’intera Val di Comino.

Durante il IV secolo a.C., il Sannio si espanse verso nord-ovest, arrivando a includere territori fino al fiume Liri. In questo periodo, città come Atina, Cassino, Arpino, Fregellae, Interamna Lirenas e, presumibilmente, Venafro e Aquinum rientravano nei confini sannitici. Il fiume Ofanto, invece, costituiva il confine meridionale del Sannio e includeva città come Venusia e Ricorsa.
A est, città come Teanum Apulum e Canusium non facevano parte del Sannio, mentre Luceria potrebbe esservi appartenuta. A ovest, il confine attraversava i Monti Trebulani, separando le città dei Sidicini, come Teanum e Cales, dalle città sannitiche di Rufrae, Trebula, Fulcaria, Saticula, Caudium e Calatia.
Durante l’età repubblicana, i Sanniti si trovavano al centro di un territorio di confine conteso e caratterizzato da una complessa rete di città e tribù. Il Sannio rimase un'area strategicamente cruciale, teatro di importanti conflitti e alleanze nel quadro della crescente influenza romana.
La regione del Sannio fu chiamata Safim dai suoi abitanti, Samnium dai Latini e Sanitari dai Greci. Secondo la tradizione antica, i Sanniti sarebbero giunti da nord, attraversando gli Appennini, o da est, provenendo dall’Adriatico. Quando arrivarono nel Sannio, trovarono gli Opici (Osci), un gruppo affine immigrato in precedenza, e ne acquisirono la lingua, l’osco.
La credenza secondo cui i Sanniti sarebbero emigrati dal paese dei Sabini, discendenti degli Spartani, non appare verosimile, soprattutto per l’assenza di grecismi nella lingua osca. Di conseguenza, sia i Sabini sia i Sanniti possono essere considerati popoli italici, ovvero gruppi che parlavano varietà di lingue indoeuropee, la cui esistenza è attestata per la prima volta in Italia durante l’età del Ferro, intorno al 600 a.C.

Nel periodo della guerra sociale, emerse la necessità di trovare un termine per designare tutti i popoli di lingua osca, che erano geograficamente separati. Per questo motivo, i dotti romani chiamarono Sabelli le genti che parlavano l’osco. Oggi, gli studiosi usano il termine sabellico per indicare i popoli che parlavano dialetti oschi, come i Peligni, i Vestini, i Marrucini, i Marsi e i Sabelli. Coloro che parlavano l’osco vero e proprio comprendevano i Sanniti, i Frentani, i Sidicini, i Campani, i Lucani, gli Apuli, i Bruzzi e i Mamertini.
Nel 600 a.C. le tribù osche erano distinte e separate, ma nel V secolo a.C. i Sanniti acquisirono il controllo incontrastato del Sannio. Non si può escludere che alcune tribù Sabelli siano nate dalla tradizione del Ver Sacrum (Primavera Sacra), un rituale religioso che spingeva i popoli di lingua osca a migrare lungo gli Appennini, scendendo periodicamente verso le pianure su entrambi i versanti.
Il Ver Sacrum, descritto da Strabone e altri autori, veniva praticato dai Sabelli per affrontare una battaglia, allontanare un pericolo o porre fine a una calamità naturale come una carestia o un’epidemia. In segno di devozione alla divinità Mamerte, promettevano di sacrificare la decima parte di tutto ciò che fosse nato nella primavera successiva. I bambini nati in quel periodo venivano allevati come consacrati e, raggiunta l’età adulta, erano obbligati a lasciare la loro tribù per cercare nuovi boschi e pascoli, seguendo la guida di un animale.
L’animale guida poteva essere un toro, un lupo, un picchio, un orso o un cervo. Il gruppo migrante si stabiliva dove riteneva che l’animale avesse indicato. È probabile che il rituale fosse simbolico e che gli emigranti marciassero sotto un vessillo raffigurante l’animale. Il Ver Sacrum aveva lo scopo reale di risolvere problemi di sovrappopolazione.

Secondo la tradizione,
Secondo la tradizione, i primi gruppi sacrati a stabilirsi nel Sannio furono condotti da un animale guida (forse un toro) a Roviano, che divenne la culla della loro nazione.

Per le altre zone dell’Italia meridionale, le fonti greche sembrano fornire alcune date significative. Sappiamo così che, all’inizio del V secolo a.C., buona parte dell’Italia meridionale era sotto il dominio politico e culturale dei Greci, mentre una porzione era controllata dagli Etruschi. Poco dopo il 500 a.C., con il crollo della dominazione etrusca in Campania, le genti di lingua osca colsero l’occasione per occupare queste zone, abbandonando le sovrappopolate montagne del Sannio.
I Sabelli si spinsero anche verso ovest, in Campania, dove erano presenti almeno dal 471 a.C., quando, secondo Catone, si ebbe la fondazione di Capua. In realtà, come afferma Velleio, Capua (egli stesso un Sabello) fu fondata molto prima, ma nel 471 potrebbe essere nata la nazione dei Campani, che, per i suoi stretti legami con i Greci, era assai più colta, raffinata e ricca rispetto ai gruppi rimasti sulle montagne.
Le più antiche menzioni dei Sanniti si trovano negli scritti greci del IV secolo a.C. Filisto di Siracusa, nell’undicesimo libro, li nomina come abitanti delle città di Tifernum e Mistia. Il Periplo (circa 350 a.C.) scrive che, sulla costa occidentale d’Italia, i Sanniti erano adiacenti ai Campani. Si impiegava mezza giornata per costeggiare il loro territorio. Sulla costa orientale, superati gli Japigi e il Monte Gargano, si trovava il popolo dei Sanniti, che occupava la zona tra il Tirreno e l’Adriatico. Si impiegavano due giorni e una notte per costeggiare il loro territorio.
Considerando che una giornata di navigazione corrispondeva a circa 30 miglia, possiamo stimare che il territorio sannitico si estendesse per circa 15 miglia sulla costa occidentale, dalla penisola sorrentina al fiume Sillaro, e per circa 75 miglia sulla costa orientale, dal Gargano al fiume Pescara.

Le tribù sannitiche nominate dagli scrittori antichi includevano i Pentri, i Caudini e gli Irpini, tutti avversari di Roma. Erano caratterizzati da un forte senso di nazionalità e affinità, tanto da potersi alleare nella temibile Lega Sannitica. Secondo Livio e Diodoro, la Lega Sannitica esisteva già nel 354 a.C., anno in cui firmò un trattato con Roma. È possibile che la Lega si fosse originariamente formata per scopi religiosi e sacrali. Dopo il 400 a.C., sappiamo dell’esistenza di leghe all’interno di tre popoli Sabelli: i Campani, i Lucani e i Sanniti.
I Pentri, il cui nome contiene la radice celtica pen (sommità), erano un popolo montanaro che abitava la regione del Matese, le sue vicinanze e le valli dei fiumi Trigno e Tiferno. Erano un popolo forte e temibile, considerato la spina dorsale della nazione sannitica. Un numero significativo di essi era concentrato nella valle dominata da Bojano e Sepino. In seguito alle guerre sannitiche, dovettero cedere parte del loro territorio a Roma, ma rimasero tecnicamente indipendenti, sebbene subordinati a Roma, fino alla guerra sociale.
A quel tempo, il termine "Sannita" indicava esclusivamente la tribù dei Pentri, poiché prima del 91 a.C. gli stati tribali dei Caraceni e dei Caudini erano scomparsi, mentre gli Irpini erano considerati un popolo a parte dagli stessi Romani. Dopo la guerra sociale, tutti i Pentri ottennero la cittadinanza romana, ma non facevano parte della stessa tribù romana.
Boiano, Sepino, Frigento e Trevento appartenevano tutte alla tribù romana Voltinia. Oltre a queste, vi erano altri centri abitati dai Pentri, come Alife, Cassino, Venafro e Matelica. Lo stesso vale per Isernia, che divenne colonia latina nel 263 a.C.
Nel 263 a.C., la città fu incorporata in una diversa tribù, la Trementina. Alife, Atina, Cassino e Venafro facevano tutte parte della tribù Tretinoina e furono incluse nella Regione I dell'Italia Augustea.


Per quanto riguarda i Caudini
Per quanto riguarda i Caudini, lo status tribale delle loro città indica che furono inclusi nella tribù romana Falerna. Durante il processo di consolidamento delle loro posizioni ai margini della pianura campana, i Caudini, essendo i più occidentali tra le tribù sannitiche, erano anche i più esposti all’influenza greca proveniente dalla Campania. Di conseguenza, tra tutte le popolazioni sannitiche, i Caudini risultavano i più urbanizzati e i più facili da tenere separati.

Le città principali dei Caudini includevano Caudium, la loro capitale, e tre località situate sui Monti Trebulani o nelle loro vicinanze, a ovest del fiume Volturno: Caiazzo, Trebula e Cales. Anche Telesia, probabilmente la città natale del grande condottiero sannita Gaio Ponzio, e Saticula, divenuta colonia latina nel 313 a.C., erano presumibilmente caudine.
I Caudini vivevano tra le montagne e i margini della pianura campana, occupando il Monte Taburno, i Monti Trebulani, la valle degli Sclero e il tratto centrale del Volturno.

Gli Irpini, invece, erano entrati a far parte della regione che includeva Avellino. Abitavano la parte meridionale del Sannio, comprendente le vallate dell’Ofanto, del Calore e del Sabato. A nord confinavano con i Pentri, forse separati dal fiume Tammaro, mentre a sud erano separati dai Lucani dai Monti Cervialto e Marzano. Si può supporre che gli Irpini somigliassero più ai Lucani che alle altre popolazioni sannitiche.
Sia gli Irpini sia i Lucani erano detti "uomini lupo", dall’osco irp e dal greco lykos (lupo). Dall’epoca della seconda guerra punica, e quindi molto dopo lo scioglimento della Lega Sannitica, gli scrittori antichi spesso menzionano gli Irpini come un popolo Sabello distinto. Questo potrebbe essere dovuto alla politica romana del divide et impera.
Le loro principali città erano Abellinum (l’attuale Avellino), Eclanum, e Maleventum (che divenne Beneventum). Altre città importanti includevano Luceria e Venusia.